Ogni trattamento sanitario invasivo e rischioso richiede il consenso del paziente: a maggior ragione quando il soggetto e sano e l’intervento è a fini di prevenzione.
La questione del consenso o del dissenso all’atto sanitario ha a che fare con la deontologia professionale medica e con aspetti civilistici e anche penalistici
Un medico che vaccinasse un adulto o un minore senza acquisire prima il consenso (può essere espresso anche in forma orale ma la forma scritta è da preferirsi), integrerebbe un illecito civilistico oltre che deontologico, e in taluni casi anche penalistico.
La questione è ben consolidata da quasi due decenni di prassi vaccinale nelle Asl/Ulss/ATS d’Italia, ove di norma si chiede il consenso scritto a chi detiene la responsabilità genitoriale del minore.
La questione è già stata ben spiegata dal dottor Giuseppe Lavra (all’epoca Presidente OMCEO Ordine provinciale di Roma) nel 2017, rispondendo per iscritto a un dirigente sanitario del Lazio che chiedeva lumi alla luce del Decreto Lorenzin 73/2017, poi convertito in Legge 119/2017
Pertanto tutti coloro che affermano che la vaccinazione pediatrica obbligatoria può essere praticata senza consenso, affermano una cosa destituita di fondamento, che è lesiva di tutta una serie di diritti soggettivo tutelati dalla Convenzione di Oviedo prima (art 5) e dalla Carta di Nizza poi all’articolo 3, e riconosciuti anche con la giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza 438/2008).
Le scuole pertanto, relativamente alla iniziativa in Friuli Venezia Giulia, saranno tenute a chiedere alle famiglie il consenso alla vaccinazione dei minori nei locali scolastici.
Luca Scantamburlo