È il 29 aprile quando il ministro della Salute Orazio Schillaci emana un’ordinanza che sembrava riportare indietro le lancette delle misure pandemiche. Il testo del provvedimento impone l’obbligo di mascherine “agli utenti e ai visitatori delle strutture sanitarie all’interno dei reparti che ospitano pazienti fragili, anziani o immunodepressi, specialmente se ad alta intensita’ di cura, identificati dalle direzioni sanitarie delle strutture sanitarie stesse”.
L’ordinanza prevede un ampio margine di discrezionalità, sia per le regioni sia per singole strutture sanitarie, arrivando anche a concedere la possibilità di imporrel’esecuzione di un tampone per accedere ai pronto soccorso. A questo, proposito si ricorderà la notizia della morte di una religiosa, la suora novantenne Raffaella Boffardi, che lo scorso 18 luglio fu lasciata in ambulanza fuori dall’Ospedale di Nocera Inferiore in attesa del tampone e dopo due ore sotto il sole morì.
L’associazione Avvocati Liberi ha impugnato l’ordinanza presso il TAR del Lazio. Il presidente di ALI, Angelo Di Lorenzo:
“Noi abbiamo contestato il potere del Ministro di imporre l’utilizzo delle mascherine nei luoghi indicati dall’ordinanza. Ma abbiamo anche contestato la possibilità di subdelegare un potere che gli viene conferito da una legge. Secondo il noto principio che il delegato non può delegare, soprattutto ad un’entità privata”.
Proprio nelle scorse ore, il Tribunale amministrativo del Lazio si è pronunciato dando ragione ai ricorrenti, riconoscendo cioè che l’ordinanza del Ministero della salute “non sembra assistita dal requisito dell’urgenza e non è suffragata da un’istruttoria e una motivazione adeguate”. Al momento, purtroppo, la decisione del TAR non ha l’effetto di annullare l’ordinanza del ministro. Secondo Angelo Di Lorenzo, è inevitabile che ciò avverrà, ma solo nel momento in cui si andrà in udienza, tuttavia questa pronuncia ha una grossa rilevanza.
“La conclusione inevitabile è che l’ordinanza verrà annullata. Ma la pronuncia di oggi ha un’importanza enorme per la consapevolezza delle persone, perché quando ci troveremo in una struttura in cui ci verrà chiesto di indossare la mascherina o di fare un tampone, dovremo sapere che chi avanza quella richiesta non ha titolo per farlo“.
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