Per noi è impensabile vivere senza finzioni.
La società impone tante regole e per sentirci amati e rispettati, dobbiamo imparare a nascondere la verità.
La buona educazione si basa sulla dissimulazione dei sentimenti.
Bisogna usare il linguaggio giusto e mostrare i comportamenti idonei alle varie occasioni.
Chi non segue l’etichetta è guardato con sospetto, disprezzato ed emarginato.
La specie umana ama l’ipocrisia.
Non è possibile dire sempre ciò che si pensa e chiunque si permetta un’eccessiva autenticità è additato e discriminato.
Abbiamo norme comportamentali adatte a ogni ruolo e a ogni sesso.
Gli uomini non possono piangere (senza sentirsi deboli e poco virili).
Le donne non possono alzare la voce (senza sentirsi isteriche e poco femminili).
Nella nostra cultura è di fondamentale importanza controllare costantemente l’espressione delle emozioni.
Non si deve fare troppo chiasso quando si ride o quando ci si arrabbia.
Non si devono rivelare la tenerezza, la sensibilità o la commozione.
E nemmeno mostrare il risentimento, la delusione o la paura.
È necessario mantenere un atteggiamento distaccato e indifferente, senza lasciarsi andare a sentimentalismi di nessun tipo.
Non tutte le culture, però, sono così.
Gli animali coltivano valori diversi dai nostri e i loro saperi tengono in grande considerazione l’immediatezza dei vissuti interiori.
Per le altre specie la manifestazione degli stati d’animo (postura, atteggiamento, sguardo, odore, salivazione…) costituisce un idioma significativo, un linguaggio indispensabile per vivere una vita di qualità.
La conoscenza si basa sull’autenticità e l’espressione dei sentimenti rappresenta la via che permette di muoversi con sicurezza nel mondo.
Per tutti gli animali diversi dall’uomo è impensabile mentire: esiste sempre e solo la verità.
La vita stessa è fatta di sincerità.
Ai nostri occhi, però, tutto questo sembra povero e privo di profondità.
Troppo semplice.
Del resto, si sa:
“Sono bestie, esseri inferiori senza intelligenza!”
Siamo convinti che la complessità sia sinonimo d’ingegno.
E obnubilati dalla presunzione ci siamo messi in testa di essere gli unici depositari della sapienza.
Tuttavia, nessun animale è affetto dalle patologie che affliggono la nostra specie.
Tra loro non esistono: la paranoia, la psicosi, l’autismo, la nevrosi… e tutte le innumerevoli sofferenze che ammalano la psiche umana rendendola incapace di muoversi nel mondo.
Gli animali non perdono mai la bussola dei sentimenti.
Sanno che la sopravvivenza coinvolge ogni forma di vita sul pianeta e, anche quando sono costretti a scelte pericolose o violente, non si vergognano di palesare la verità.
Sono valori incomprensibili nella nostra civiltà fatta di opportunismo e falsità, capacità dimenticate da chi preferisce cancellare il cuore per sentirsi apprezzato in società.
C’è un nesso sottile che unisce la menzogna alla patologia mentale.
Fingere vuol dire essere ciò che non si è… fino a diventarlo.
Un bravo attore deve calarsi completamente nella parte da interpretare, dimenticando se stesso per dare vita a una differente identità.
Chi vuole essere un altro è costretto a nascondere la propria realtà per incarnare la finzione e renderla vera.
Tuttavia, quando perdiamo il ricordo di ciò che anima il mondo interiore, azzerando la voce dell’autenticità, spalanchiamo le porte alla malattia.
Gli attacchi di panico, la depressione, l’anoressia, la bulimia… sono espressione di un pathos che ha cancellato le proprie radici.
Non si può eliminare se stessi senza morire.
Annientare il contatto con i sentimenti significa costruire una prigione intorno all’anima, dando vita a un’angoscia sconosciuta a ogni altra specie.
Certo, anche gli animali soffrono.
Subiscono torture terribili (inflitte loro per il divertimento dell’uomo).
Vivono tormenti che farebbero uscire di senno qualunque essere umano.
Ma, nonostante il dolore, gli animali non impazziscono.
Patiscono (e muoiono) senza perdere la ragione.
La psicopatologia appartiene soltanto alla specie umana.
Nasce dalle finzioni ritenute indispensabili e si sviluppa in una società costretta ad affermare la propria identità nel narcisismo e nell’onnipotenza.
Guardiamo gli animali con disprezzo.
Li giudichiamo stupidi e senza cervello.
Ma non vediamo l’handicap che ammala la nostra specie.
Abbiamo perso il valore dell’autenticità e costruito una cultura priva di sincerità.
Quando uccidiamo in noi stessi l’emotività perdiamo anche la capacità di riconoscere la sofferenza.
E diventiamo cinici, violenti, prepotenti e malati.
È in questo modo che distruggiamo la salute mentale.
Abbiamo edificato un mondo che ci fa impazzire.
E mentre ingurgitiamo un’infinità di pastiglie colorate, convinti di poter stare bene anche senza cambiare niente, deridiamo chi vive nel rispetto della propria intima verità.
Carla Sale Musio