Se Giorgia Meloni sperava di ottenere un aumento della sua “popolarità” oppure se sperava di poter dare l’idea di essere una trumpiana dell’ultima ora, la sua missione a Mar-a-Lago può considerarsi fallita.
La pasionaria di Fdi è uscita dall’incontro soltanto con una delle foto di rito che Trump fa persino con i personaggi politici che disprezza di più, quale, ad esempio, Justin Trudeau che dopo l’incontro con il presidente americano è andato incontro alla sua definitiva caduta politica.
Trump riceve tutti, amici e nemici, e chi cerca udienza per mettere a segno qualche punto politico, come ha fatto la Meloni, spesso non solo se ne va con le pive nel sacco, ma vede persino peggiorare la sua situazione.
Il presidente americano non avrebbe parlato di nulla di sostanziale con il presidente del Consiglio italiano per ciò che riguarda la politica e i rapporti strategici dei due Paesi, ma si sarebbe però premurato di mostrare alla Meloni il documentario sulla frode elettorale del 2020.
E’ davvero arduo non vedere in questa scelta di Trump un chiaro messaggio che il presidente sta mandando non solo alla Meloni, ma all’intero decrepito e corrotto apparato della politica “italiana” che si è impegnato per rovesciare Donald Trump in due occasioni, lo Spygate nel 2016 e l’Italiagate nel 2020.
L’Italiagate: come lo stato profondo italiano ha cercato di rovesciare Trump
Nel secondo golpe internazionale ai danni di Trump, i servizi segreti italiani assieme all’ex ambasciatore americano in Italia, Lewis Eisenberg, misero in atto un vero e proprio attacco cibernetico alle elezioni americane pur di rovesciare il netto risultato a favore di Trump.
I lettori più abituali di questo blog sanno che siamo stati i primi a far emergere in Italia e all’estero lo scandalo inizialmente ignorato dai media italiani fino a quando questi non hanno provato a screditarlo attraverso la provvidenziale assistenza di personaggi che sembrano essere stati chiaramente mandati dagli ambienti dei servizi con questo preciso scopo.
La storia parte dalla notte elettorale del 3 novembre del 2020, quando Trump aveva già assicurato il suo trionfo contro il debole e corrotto candidato democratico, Joe Biden, già coinvolto in diverse vicende di corruzione in Ucraina, dove suo figlio Hunter curava, dietro lautissimo compenso, gli interessi della società del gas, Burisma.
A rivelare in prima istanza che quella notte il governo di Giuseppe Conte decise di autorizzare questo atto eversivo nei confronti del presidente americano è stato l’ex agente della CIA, Bradley Johnson, che spiegò come la nota società leader nel settore aerospaziale, Leonardo, avrebbe fornito l’assistenza tecnologica necessaria per cambiare l’esito delle elezioni americane.
A mettere in atto tecnicamente il broglio sarebbe stato un hacker professionista, tale Arturo D’Elia, che è stato arrestato dalla procura di Napoli un mese dopo i fatti per un reato commesso anni prima contro la stessa Leonardo, e il tempismo dei magistrati partenopei, a tale riguardo, sembra essere stato decisamente provvidenziale.
I depistaggi dei servizi sullo scandalo
D’Elia finisce dietro le sbarre del carcere di Fuorni e lì resta per quasi tutto il 2021, ma dopo l’articolo di questo blog della fine del dicembre 2020, è iniziata quella che si può definire come la fiera dei depistaggi.
Appare letteralmente dal nulla una certa Maria Zack che in un audio registrato nel gennaio del 2021, non si sa bene dove, fa delle presunte rivelazioni sullo scandalo e inizia però a seminare nella storia degli elementi che sembrano essere “suggeriti” da qualche apparato che voleva veicolare una certa narrazione.
Maria Zack affermò in quel periodo che Mario Draghi, l’uomo del Britannia, salito al governo nel marzo del 2021, era all’opera assieme a Donald Trump per aiutarlo a individuare i responsabili dell’Italiagate, e, da quel preciso istante, è apparso sin troppo chiaro chi c’era dietro il personaggio Zack.
In quei mesi, molti lettori sicuramente lo ricorderanno, erano all’opera diversi propagandisti vicini alla Lega, ai servizi e a varie logge massoniche, tutti intenti nel diffondere il depistaggio di un Draghi pentito delle sue azioni passate a bordo del Britannia e pronto “finalmente” a vestire i panni del patriota per trascinare fuori l’Italia dal pantano dell’euro.
Era una montatura alquanto ridicola che poteva essere creduta soltanto da soggetti particolarmente ingenui e spesso seguaci di vari guru del mondo della New Age che somministrano ai loro adepti la ricetta della società teosofica e di madame Blavatksy, nella quale l’uomo stesso diviene Dio attraverso una “elevazione” della sua coscienza.
La Zack in quel periodo era impegnata non poco anche lei a reggere tale falsa narrazione, ma i depistaggi sono proseguiti anche successivamente quando appari nel maggio del 2021 una carta indirizzata a Trump e firmata presumibilmente da Carlo Goria, manager della società americana Aerospace Partners, il quale confermava il piano per rovesciare Trump eseguito in Italia attraverso la società Leonardo.
La lettera però appariva come una mera fabbricazione perché questa conteneva degli strani errori ortografici e grammaticali che facevano pensare che essa fosse stata scritta da qualche servizio straniero impegnato a confondere le acque e a seminare falsi documenti pur di screditare l’autenticità dello scandalo.
Un copione simile era stato già eseguito qualche mese prima, nel gennaio del 2021, quando comparve un’altra presunta dichiarazione firmata a Roma da un altro misterioso personaggio, tale avvocato Alfio D’Urso, nella quale Arturo D’Elia confesserebbe il suo ruolo nell’hackeraggio, ma tale dichiarazione non può essere autentica per una ragione molto semplice.
La presunta dichiarazione giurata di D’Elia
D’Elia non era a Roma il giorno della dichiarazione, il 6 gennaio del 2021, ma si trovava ancora nel carcere di Fuorni.
Ancora una volta un depistaggio voluto probabilmente sempre dai soliti ambienti dell’intelligence impegnati sin dal primo momento a screditare lo scandalo.
Il nostro blog già nei primi mesi in cui fece emergere lo scandalo ha condotto delle verifiche indipendenti interpellando diverse fonti istituzionali che confermano quanto accaduto nel novembre del 2020, quando la società Leonardo avrebbe partecipato a questo attacco senza precedenti alla sovranità degli Stati Uniti.
La cronaca della storia, per chi già la conosce, è quella che in parte è stata già detta in precedenza.
Secondo tali fonti, a dirigere il broglio sarebbe stato il generale Claudio Graziano, già comandante militare dell’Unione europea, e alquanto vicino all’ex presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, già noto per i suoi problemi alcolici.
Graziano all’interno dell’ambasciata americana a via Veneto avrebbe coordinato l’operazione sotto la supervisione del citato ex ambasciatore Lewis Eisenberg, imprenditore di origini ebraiche e molto vicino alla lobby sionista che non vede affatto di buon occhio Donald Trump per la sua ferma volontà di ritirare le truppe dal Medio Oriente e separare così definitivamente la politica estera americana da quella dello stato ebraico.
A sostenere questa trama eversiva non sarebbero stati soltanto i due personaggi citati, ma larga parte dei servizi italiani e americani, e l’allora governo Conte che non poteva non sapere quanto stavano mettendo in atto gli uomini della intelligence italiana.
Donald Trump sa tutto della vicenda e conosce molto bene i nomi dei responsabili italiani e americani che hanno preso parte al piano per rovesciarlo.
La strana morte del generale Graziano avvenuta nel maggio del 2024 sembra essere proprio dettata dalla volontà di togliere dalla scena coloro che presero parte all’Italiagate e coloro che sanno tutta la verità su quanto accaduto nel novembre del 2020.
I media hanno scritto che il generale si sarebbe suicidato, ma non risulta nemmeno essere stata fatta un’autopsia per confermare quanto trapelato sugli organi di stampa, e se è stata fatta, la magistratura, come suo solito, si è guardata bene dal renderne noti gli esiti.
Le dimissioni della Belloni e la crisi dell’establishment italiano
Ieri nel giorno dell’Epifania è giunta un’altra notizia che è difficile non mettere in relazione con il ritorno ufficiale di Trump e con la sua intenzione di chiudere i conti contro chi ha cospirato ai suoi danni.
Si è dimessa dal DIS la nota, o famigerata, Elisabetta Belloni, che ha diretto i servizi segreti italiani da quando fu nominata in tale incarico da Mario Draghi nel 2021, e Giorgia Meloni l’ha ovviamente lasciata al suo posto, sino a quando lady Belloni ha deciso di passare la mano senza specificarne i motivi a breve distanza dalla visita della Meloni a Trump .
La direttrice del DIS lascerà il suo posto il 15 gennaio, 5 cinque giorni prima dell’inaugurazione ufficiale di Trump, e la tempistica sembra suggerire molto la volontà di farsi da parte e di non farsi trovare all’interno di un apparato, quello dei servizi italiani, che è certamente nel mirino del presidente americano.
La Belloni non è certo l’unica però ad essere “irrequieta”.
E’ tutto lo stato profondo italiano ad essere attraversato da vere e proprie ondate di panico da diverso tempo.
L’apparato della politica italiana aveva puntato tutto su Joe Biden e si era illuso che la frode contro Trump avrebbe rimesso a posto le cose per poi ritrovarsi invece con un’amministrazione farsa, svuotata dei suoi poteri e che non ha nemmeno cambiato la politica estera di Trump.
L’establishment italiano si era schierato fedelmente dalla parte di quei poteri angloamericani che controllano l’Italia da quando fu firmato l’armistizio di Cassibile, e che sono stati i gestori della sovranità di questo Paese dal 1943 in poi.
La classe politica italiana si è, in altre parole, aggrappata all’establishment anglo-americano nel disperato tentativo di ripristinare il precedente status quo che vedeva l’Italia e l’Europa Occidentale sotto l’egida di Washington, la capitale a guardia dell’ordine Euro-Atlantico e della governance mondialista.
Trump era quell’elemento di imprevedibilità nell’equazione politica di questi poteri che ha mandato all’aria tutti i piani e che ha allontanato gli Stati Uniti dalla struttura Euro-Atlantica che è stata costruita dopo la seconda guerra mondiale.
Non ci si deve sorprendere quindi se un personaggio come Crosetto, ad esempio, dichiari la sua ostilità verso Donald Trump così come non ci si deve sorprendere se assieme a lui ci sia trasversalmente tutta la classe politica italiana, che voleva liberarsi del presidente americano e voleva salvare l’anglosfera.
I politici italiani non vivono di vita propria. Non hanno rapporto con il territorio. Non hanno alcuna reale legittimazione elettorale a fronte di un astensionismo ormai sempre più dilagante e a fronte di una legge elettorale che non prevede nemmeno il voto di preferenza, e il politico, di conseguenza, non è nemmeno eletto dal popolo ma già deciso in anticipo dal partito che lo mette nella posizione di lista necessaria per farlo entrare in Parlamento.
I politici italiani sono, non differentemente da quelli europei, una marcia espressione di conglomerati di potere massonici, rotariani oppure dei soliti Aspen Institute, Bilderberg, Commissione Trilaterale e club di Roma, nei quali ci sono sempre i lauti fondi della famiglia Rockefeller che è stata in pratica il vero governo di questo Paese negli ultimi 50 anni, periodo nel quale l’influenza della struttura mondialista è cresciuta enormemente.
Attraverso Donald Trump giunge la fine di un’epoca. Giunge la fine del precedente equilibro e la fine non solo dell’apparato dello stato profondo americano retto dagli stessi club citati poco fa, ma anche, inevitabilmente, dell’appendice politica italiana che dipendeva dalla solidità dell’establishment angloamericano.
Il processo è irreversibile e potrà soltanto accentuarsi di intensità nei mesi a venire.
Se ci fosse chiesto cosa ci sarebbe da aspettarsi nel 2025, la risposta potrebbe essere quello che abbiamo visto nel 2024, ma su una scala ancora maggiore.
Non sorprenderebbe se anche altri protagonisti dell’Italiagate morissero in circostanze poco chiare o se altri si dimettessero improvvisamente e senza una spiegazione chiara come ha fatto Elisabetta Belloni.
La precaria struttura politica della Seconda Repubblica e più in generale della repubblica di Cassibile è destinata a crollare malamente.
Adesso c’è da capire chi sarà il prossimo a lasciare la scena dopo il filotto di dimissioni dei vari governanti fedeli alla governance mondiale.
A rompere gli argini in Europa è stato Scholz, seguito poi da Barnier, ex primo ministro in Francia, e sostituito da Bayrou, quarto premier francese del 2024.
Considerata la generale situazione di crisi della politica italiana e considerato quanto esso sia compromesso nelle cospirazioni contro Trump, l’attuale governo Meloni sembra essere il candidato più probabile per proseguire l’effetto domino iniziato dopo il ritorno ufficiale del presidente americano.
Il 2025 ha tutte le caratteristiche per essere un anno storico per la storia d’Italia e del mondo intero.
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