LETTERA APERTA AD ALESSANDRA TODDE
(autore sconosciuto)
«Gentilissima Alessandra Todde,
immagino non fosse a palazzo, oggi, quando una moltitudine di suoi conterranei è arrivata a Cagliari da ogni dove, diretta alla sua nuova dimora. Difficile pensarla asserragliata là dentro, sorda alle voci di quella gente che l’ha votata per essere da lei rappresentata e che ora non le interessa più ascoltare. Una folla nella quale amava immergersi fino a febbraio scorso, e che ora improvvisamente non guarda più in faccia.
Per carità, non che nessuno si aspettasse di vederla comparire. Come stanno ora le cose ce l’ha fatto capire subito. L’abbiamo sospettato, ad esempio, dalla risposta data ad una giornalista che le ricordava che i comitati attendono di incontrarla: «Prima di incontrare i comitati dobbiamo essere conseguenti. Dobbiamo lavorare per chiudere la mappa delle aree idonee. La moratoria ci serve proprio per questo, non ci serve certamente per penalizzare chi vuole fare investimenti». Quando ancora contava i voti, quando ancora i comitati le servivano, dichiarava che si sarebbe seduta subito a un tavolo con loro, per ascoltarne le proposte. Ora invece si premura di rassicurare gli investitori. Sì, è tutto molto chiaro. La ringraziamo per essersi rivelata senza farci perdere tempo.
Il problema è che questi famosi investitori noi sardi ci ostiniamo a chiamarli speculatori. Forse è la nostra ignoranza a non consentirci di capire che questi “investitori” portano progresso, sviluppo, benessere. Ma visto che siamo così riottosi, non pensa che sarebbe utile rassicurarci con un bel confronto diretto? Siamo individui civili, sa. Di che cosa ha paura?
Certo, è comprensibile che non abbia più tempo per il suo popolo. Ora è impegnatissima a “individuare le aree idonee”, altrimenti dette ZONE DI ACCELERAZIONE. La immaginiamo a lavorare giorno e notte, conscia della terribile scadenza del 30 giugno, circondata dai suoi esperti. Noi cosa possiamo saperne di terra, di energia, di paesaggio, di economia? Lei sa meglio di noi quali territori offrire alle multinazionali e a tutte le aziendine con capitale sociale di 10.000 euro che si vogliono spartire la Sardegna. Perché si tratta proprio di regalie, lo sa?
Però farebbe cosa graziosa se, coraggiosamente, informasse i suoi elettori che compilare la mappa delle “aree idonee” non significa affatto che nelle aree non idonee non vi saranno impianti. Significa piuttosto che nelle aree idonee gli impianti industriali potranno essere realizzati in quattro e quattr’otto, senza il fastidio di dover richiedere particolari autorizzazioni. Altrimenti perché sarebbero “Zone di accelerazione”? Mentre nelle aree non idonee gli impianti si faranno lo stesso, ma ci vorrà un pochino più di tempo e qualche permesso in più. Ma questo non è un problema: anche oggi abbiamo avuto il piacere di vedere la sua firma per l’approvazione di nuovi inutili impianti senza farli passare nemmeno dal VIA… A cosa mai servirà la Valutazione d’Impatto Ambientale, quando c’è lei che garantisce?
D’altronde anche nel suo nuovo decreto si prevedono facilitazioni delle procedure autorizzative. Meglio non dirlo pubblicamente, però: si corre il rischio che i sardi non la prendano bene. È che molti non amano questo tipo di progresso, e non sarebbero felici di sapere che lei intende trasformare la Sardegna in una immensa Zona Industriale. Ci perdoni, siamo un po’ arretrati.
Per carità, non è che siamo tutti uguali: qui c’è anche gente che per meno di trenta denari (che in molti casi non vedrà mai) si sta vendendo pure l’anima, oltre che il futuro. A volte ci si vende per avidità, a volte per fame. A volte, semplicemente, si eseguono gli ordini.
Ma lei sa bene che qui in Sardegna non esistono aree “idonee” ad ospitare mostri industriali. Sa benissimo che una pala di 240 metri posizionata in una cava dismessa sarà visibile per decine di km tutt’attorno, rovinando anche le aree protette (quelle a cui si potrà dare l’assalto in seguito). E questo glielo stanno spiegando anche i suoi corregionali, con le innumerevoli PEC che sta ricevendo in questi giorni. A proposito, avrebbe l’obbligo di rispondere, sa?
Come dice? Che i suoi sudditi ne avranno dei vantaggi perché avranno qualche sconto in bolletta? Grandioso! Eppure gli ipotetici risparmi di cui vagheggia non ci convincono affatto. A cosa ci servirà risparmiare quattro soldi in bolletta quando avremo perso il lavoro, la salute, l’ambiente, la terra?
Ci perdoni se non abbiamo apprezzato nemmeno la sua “moratoria”. Come mai ha utilizzato uno strumento così traballante? Con la sua preparazione avrebbe potuto fare di meglio. A quanto pare gli esperti che siedono in Regione non hanno mai sentito parlare dello Statuto Autonomo della Sardegna, né della nostra potestà in materia di urbanistica; tantomeno conoscono certe direttive europee , né la selva di pronunciamenti, trattati, sentenze a cui ci potremmo appellare.
E invece no, facciamo un DDL colabrodo che, per giunta, sarà preso in esame solo a fine giugno: giusto il tempo di dar modo agli investitori di ogni parte del globo di IMPALARE la nostra terra.
Ma come mai si è dimenticata anche di mettere un freno agli espropri? Ci scusi, eh: siamo troppo attaccati alle nostre terre, alle nostre case, alle nostre piccole aziende. Ci risentiamo quando arriva un grosso imprenditore, magari straniero, e ci caccia via perché il nostro terreno gli serve per piazzarvi le sue pale o per stoccarvi le sue inquinanti batterie al litio. Siamo poco evoluti, poco propensi alla solidarietà verso le industrie del Continente. Ecco perché sarebbe bello se lei si sedesse a parlare con noi. Magari ci convince.
Il fatto è che questa moratoria ci lascia perplessi. Blocca momentaneamente la realizzazione di nuovi impianti, ma non le procedure di autorizzazione. Cosa succederà quando, passati i 18 mesi, ci ritroveremo con migliaia di progetti già approvati, e gli imprenditori ci faranno causa per gli enormi guadagni mancati? Chi li risarcirà? Lei? O a quel punto saremo costretti a lasciarglieli fare?
«Se anche il Governo impugnasse questa moratoria», ha dichiarato lei, «i tempi della Corte Costituzionale sono un anno, un anno e mezzo. A noi serviva tempo». E allora, visto che quel tempo lo avremmo comunque, perché non ha inserito anche lo stop alle procedure autorizzative?
La verità è che la sua norma intendeva bloccare solo una cosa: il dissenso del popolo, che sta montando come un’onda anomala. Non è servita manco a quello. L’unico effetto che ha avuto è stato quello di mettere fretta agli speculatori, che grazie a lei ora si stanno dando da fare come forsennati.
Vogliamo parlare del Tyrrhenian Link, invece? Nel DDL ha dimenticato pure quello. Un cavidotto che servirà per ESPORTARE la corrente elettrica prodotta in Sardegna verso la Sicilia, e da lì verso altri lidi. Non servirà per stabilizzare la rete nazionale, come lei sostiene, perché non funzionerà mai in senso inverso. Questo per un motivo semplicissimo: la Sardegna non ha alcun bisogno di importare energia, visto che già oggi ne produce il 40% in più di quanta ne consumi. E non si ha nessuna intenzione di fermare la produzione di energia fossile. Quindi si tratta di un’opera devastante dalla quale, tanto per cambiare, non trarremo alcun vantaggio. È solo l’ennesima servitù a cui lei sta facendo da madrina. Per portarla a termine piovono gli espropri e vengono distrutti territori preziosi, ma questo non la turba: prima viene la Penisola, poi noi.
Per carità, ha ragione quando dice che i suoi predecessori hanno gravi responsabilità. Ecco perché ci aspettavamo da lei un cambio di rotta. Invece è cambiato solo il linguaggio: il lavoro che quelli hanno cominciato lei lo sta portando a termine. Oh sì, è bravissima a dire e giustificare, quando non ha contraddittorio. Solinas non era all’altezza di queste sottigliezze. Sa imbandirci bene la nostra rovina.
E il Consiglio in cui siede è altrettanto colpevole. Nessuno di voi verrà dimenticato!
Ma come si permette di andare contro il volere del popolo che rappresenta? Come si permette di ignorare le istanze dei comitati che danno voce ormai a centinaia di migliaia di persone, ben più di quelle che l’hanno votata? Persone che le hanno dato fiducia, non immaginando minimamente che lei fosse solo la rappresentante di “investitori” e predatori d’ogni stirpe. Persone ingenuamente convinte che, finalmente, una donna avrebbe avuto un animo e una sensibilità tali da spazzare via ogni brama di colonizzazione. E invece abbiamo eletto un essere senza anima. Che errore non guardare al suo passato! Che errore pensare che la sua mancanza di emozioni, la sua freddezza, fossero dovute solo alla grande determinazione!
Che cosa dirà a sua madre? Come la guarderà negli occhi, quando si accorgerà che la figlia ha dato via la sua terra?
«Dobbiamo fare la nostra parte», lei dice. Certo. Le ricordiamo però che la Sardegna la sua parte l’ha già fatta, e pure troppo. La nostra produzione di energia rinnovabile è al di sopra della media nazionale. Tre mesi fa erano già 1200 le turbine eoliche impiantate qui. Ora sono aumentate a dismisura, così come sono aumentati enormemente le terribili distese di silicio che ci stanno distruggendo ambiente ed economia. La nostra parte l’abbiamo già fatta. Fu lei stessa a dirci, pochi mesi fa: «Chi l’ha detto che noi dobbiamo produrre energia per gli altri?». Ecco, come mai ha cambiato idea? Che cosa l’ha convinta a cambiare rotta così drasticamente rispetto ai suoi stessi proclami?
Certo, non è che la sua comunicazione sia mai stata uno specchio di verità. Non abbiamo dimenticato la sua risposta quando, poco prima del voto, qualcuno le chiese conto delle sue responsabilità ai tempi del decreto Draghi: «Io e il mio partito facemmo cadere il governo proprio su quel decreto», rispose impacciata. Abbiamo finto di crederle per non metterla in imbarazzo. Ma abbiamo sbagliato a chiudere un occhio sui suoi trascorsi.
È vero, ci sono ancora tante persone che continuano a sperare in lei. Ma il loro numero diviene ogni giorno più esiguo, e tra poco lei non potrà più CALPESTARE la terra di Sardegna.
Sa qual è l’altra cosa tristissima a cui ci ha fatto assistere? La sua visita a Pichetto Fratin. Una donna che credevamo forte e capace, una donna che dice di incarnare lo spirito sardo, si presenta a un ministro della Repubblica Italiana per chiedere la grazia: la grazia per il suo popolo condannato a morte. E di fronte a questo ministro non alza la testa, come farebbe qualunque donna sarda; non dice: io ho il dovere di difendere la mia terra con le unghie e coi denti, la terra che amo e che non voglio sia devastata e depredata. No, no, proprio il contrario: trova “convergenza col ministro”. A lui serve la Sardegna? E noi gliela diamo. La nostra Isola deve diventare l’hub energetico d’Europa? E noi lo accontentiamo. Che pena, signora Todde, che delusione…
Sa bene che quando avrà portato a termine il suo piano, anzi il piano di coloro che l’hanno messa sullo scranno su cui siede, la Sardegna non esisterà più. Sa bene che dovremo dire addio alla nostra agricoltura, ai nostri allevamenti, al nostro turismo. O pensa anche lei che i turisti verranno a frotte per visitare i parchi eolici, come strombazza una indecente associazione finto-ambientalista?
Lei sa che dovremo dire addio ai nostri meravigliosi paesaggi, al nostro invidiatissimo mare, alle nostre notti stellate, ai silenzi antichi che fanno della Sardegna una terra unica al mondo. Tutto sarà violentato, devastato, consegnato a quelli che chiama benevolmente “investitori”. Soggetti che per profitto cancelleranno una civiltà millenaria. E sarà stata lei a sancirlo. Lei, l’unica persona che ha la facoltà di fermare o di firmare la nostra fine.
Sappia però che noi difenderemo la nostra terra a tutti i costi e con tutti i mezzi. L’anima sarda si sta risvegliando grazie ai predatori, ma soprattutto grazie a coloro che, come lei, la stanno rinnegando.
Egregia signora Todde, so che leggerà questa lettera. Eccome se la leggerà! E proverà una imprevedibile stretta al cuore, perché una piccola, piccolissima parte di lei riconosce ancora le proprie radici. Ma sicuramente prevarrà l’altra parte, quella che deve obbedire a qualcuno che della Sardegna conosce solo il nome e la posizione geografica.
Mi permetta però di dirle una cosa. Lei non verrà ricordata come la prima presidente donna che abbiamo avuto. Verrà ricordata, invece, come la donna che ha decretato la condanna a morte della sua terra. Nessuno rammenterà le sue giustificazioni: “Dobbiamo fare la nostra parte… lo ha stabilito Draghi… è colpa di chi mi ha preceduto…”. Il nome di Solinas verrà spazzato via da una folata di vento, ma lei non verrà mai dimenticata. Perché su ogni pala eolica, su ogni croce che lei avrà lasciato innalzare, su ogni campo di rottami fotovoltaici, resterà per sempre una targa col suo nome: Alessandra Todde.
La sua coscienza reggerà? Saluti
Un sardo, anzi centomila sardi traditi»
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