Oggi la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen è a Montevideo, in Uruguay, per annunciare la chiusura dei negoziati tecnici sul trattato di libero scambio fra Ue e Mercosur.
Un passo decisivo, preliminare alla firma vera e propria. Ma il capo dell’Eurogoverno rischia di consegnare nelle mani dei sudamericani una cambiale che ben difficilmente riuscirà a onorare. Da ieri si è allargato il fronte dei Paesi contrari all’accordo destinato a cancellare dazi e barriere commerciali, facendo di Unione europea e Mercosur – l’unione economica di Argentina, Brasile, Paraguay ed Uruguay – un unico mercato con 700 milioni di consumatori.
All’opposizione di Francia e Polonia si aggiunge l’altolà italiano. Il governo italiano facevano sapere nella serata di ieri fonti di Palazzo Chigi ritiene che non vi siano le condizioni per sottoscrivere l’attuale testo dell’accordo di associazione Ue-Mercosur e che la firma possa avvenire solo a condizione di adeguate tutele e compensazioni in caso di squilibri per il settore agricolo.
È un «no» motivato quello espresso dall’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. In primo luogo, va garantito che le norme europee sui controlli veterinari e fitosanitari siano pienamente rispettate e, più in generale, che i prodotti che entrano nel mercato interno rispettino pienamente i nostri standard di protezione dei consumatori e controlli di qualità. Serve poi un fermo impegno della Commissione a monitorare costantemente il rischio di perturbazioni del mercato e, nel caso in cui si verifichino, ad attivare un rapido sistema di compensazione, dotato di risorse finanziarie consistenti. L’eventuale via libera italiano alla firma dell’accordo da parte dell’Unione Europea- si spiega – resta pertanto condizionato alla definizione di misure concrete ed efficaci per tenere in conto le preoccupazioni del settore agricolo europeo. La sovranità alimentare europea, al pari degli oggettivi vantaggi dovuti al rafforzamento dei mercati, resta un obiettivo strategico del governo italiano.
La mancanza di reciprocità sulle produzioni agroalimentari si traduce in un enorme vantaggio competitivo per i produttori sudamericani che possono produrre carne e vegetali a costi infinitamente inferiori rispetto ai nostri. Vi sono asimmetrie gigantesche fra agricoltori e allevatori europei e sudamericani. «Basti pensare», spiegano Coldiretti e Filiera Italia, «all’uso in quei Paesi degli antibiotici e di altre sostanze come i promotori della crescita negli allevamenti, o al massiccio uso di pesticidi vietati da anni nella Ue». Mentre le attività agricole e zootecniche nei Ventisette sono soggette a vincoli e divieti crescenti anche per limitare le emissioni, l’apertura all’import a dazio zero da Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay, rappresenterebbe l’ennesima beffa.