La bozza di decreto
In base a una bozza di decreto legge del ministero dell’Agricoltura trapelata e in circolazione da qualche giorno destinato a «Interventi a tutela delle imprese del settore agroalimentare e della pesca e per la trasparenza dei mercati», tutte le aree agricole per definizione non sono idonee all’installazione di impianti fotovoltaici a terra. In particolare, l’articolo 6 (Disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo) definisce come «non idonee all’istallazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici». Lo stop al fotovoltaico agricolo farebbe comunque salvi i procedimenti di autorizzazione in corso alla data di entrata in vigore del decreto.
La questione delle aree idonee
La questione delle aree idonee a ospitare impianti rinnovabili è ancora aperta. Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha pubblicato un decreto che ha definiti i criteri e stabilito quanti gigawatt debbano realizzare le singole regioni. da luglio 2023 la “palla” è in mano alla Conferenza Stato-Regioni, che sta studiando il dossier e non ha ancora preso una decisione. La situazione è ancora di più in stallo dopo la moratoria di 18 mesi approvata dalla nuova Giunta regionale della Sardegna presieduta da Alessandra Todde.
Elettricità Futura: il governo si è impegnato a moltiplicare le rinnovabili
Resta da capire se l’eventuale stop che il ministero guidato da Francesco Lollobrigida vorrebbe imporre riguarda anche l’agrivoltaico basso. Ma la notizia ha sorpreso e preoccupa le associazioni del settore. «A COP28 e anche al G7 – fa sapere Elettricità Futura – il governo si è impegnato a moltiplicare per tre l’installato delle rinnovabili. Ci saremmo aspettati di leggere una bozza che andasse in questa direzione e non un provvedimento ulteriormente restrittivo. Ricordiamo che anche il mondo agricolo dovrebbe porre in cima alle priorità le soluzioni per accelerare la decarbonizzazione a fronte del velocissimo aumento delle conseguenze dell’emergenza climatica: secondo Copernicus, la temperatura media globale è stata la più alta mai registrata, con gli ultimi 12 mesi che registrano un aumento di 1,58°C rispetto ai livelli preindustriali».
Vexuvo: confidiamo che la bozza possa cambiare
Vexuvo, che ha un piano di investimenti in Italia nel fotovoltaico da 1,5 miliardi entro il 2028/2029, chiede un ripensamento. «Si tratta ancora di una bozza, che confidiamo possa cambiare – dichiara il co-fondatore Filippo Fontana – . Appena qualche giorno fa, nella Carta di Venaria, documento del G7 Ambiente ospitato dall’Italia, è stato ribadito il sostegno alle rinnovabili e al fotovoltaico. Non si tratta soltanto di un tema di impegni internazionali, ma di opportunità di investimenti e lavoro nei territori. C’è un tema di timore nei territori ed è comprensibile che a livello locale ci siano alcuni rallentamenti, sorprende però che anche a livello nazionale si facciano le stesse considerazioni. Cerchiamo di non seguire la scia di allarmismi di fronte a un falso problema: il fotovoltaico non consuma suolo, non contribuisce alla cementificazione e l’area necessaria è inferiore all’1 per cento».
GIS: gli impianti non sono un rischio per i terreni
Raffaello Giacchetti, presidente di GIS-Gruppo Impianti Solari, ha dichiarato: «Dopo la sospensiva della Regione Sardegna, un’altra proposta di legge che ci isola in Europa e ci porta a violare accordi internazionali e comunitari. Stiamo andando nella direzione sbagliata. Questa bozza non tiene conto della possibilità di costruire impianti agrivoltaici, che conciliano la produzione di energia con attività silvo-pastorali e alcune di tipo agricolo: sotto i nostri stessi pannelli si coltivano carciofi Igp e pascolano le pecore, ma sono diversi gli studi che hanno dimostrato come il fotovoltaico a terra in aree agricole abbia effetti positivi anche in termini di biodiversità, con il ritorno delle api. Gli impianti non rappresentano un rischio per il terreno se costruiti con gli standard richiesti e rispettando le regole che già ci sono e rendono superflue ulteriori distinzioni tra aree idonee e non».
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