Daniel Hagos, 29 anni e origini eritree, è un rider che lavora a Milano, ma è anche studente e ha indagato questo mondo per conto del Dastu, il Dipartimento Studi urbani del Politecnico dove frequenta la magistrale in Urban planning and Policy design. È lui a raccontare al Corriere il mondo segreto delle cosiddette “dark kitchen”, le cucine dove vengono preparati i pasti che poi i rider consegnano ai clienti per conto delle grandi catene, da Glovo a Deliveroo passando per Just Eat e altri. “Il cliente che ha ordinato su una piattaforma il sushi, la pizza o il pollo fritto in un ristorante che conosce suppone venga preparato lì: in realtà noi rider lo andiamo a prendere da tutt’altra parte, in una dark kitchen”, racconta a Elisabetta Andreis.
Cosa sono le dark kitchen
Le dark kitchen sono capannoni industriali che nascondono cucine che funzionano solo per il delivery. Ad esempio solo nel quartiere Greco, a Milano, ce ne sono 24, una per ciascun marchio. “C’è di tutto, con un certo turnover. Insegne note con un boom di ordini online che altrimenti non riuscirebbero a soddisfare e altre invece che a sorpresa si rivelano solo virtuali, senza un ristorante fisico: come vetrina usano gli «aggregatori» (Deliveroo, Glovo o Just Eat) oppure un proprio sito («in questo caso spesso si servono di piattaforme come Poony e Stuart che hanno commissioni meno care»)”. Chissà se i clienti, sapendo che a preparare i piatti è una cucina invisibile, sarebbero diffidenti? Secondo le testimonianze dei rider le dark kitchen sarebbero almeno sei. Per chi fa ristorazione è un risparmio: “Si sfruttano le sinergie, ad esempio per lo stoccaggio della merce, e si risparmia sulla location, come fosse un co-working culinario”.
Spiega Andreis che la dark kitchen di Greco è tra le più nascoste. Nella sala d’attesa ci sono scritte in tutte le lingue. “Le porte che danno sulle varie cucine hanno solo numeri e restano rigorosamente chiuse. Forse i marchi non comunicano volentieri di essere lì. Il monitor al muro mostra lo stato degli ordini in preparazione”. I rider prendono il prodotto, salgono sulle loro bici e poi partono per la consegna. Chissà se il cliente lo sa.
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