Secondo la Procura di Bergamo: “il disastro si sarebbe potuto evitare”
di Redazione Web
A tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia di Covid che, tra febbraio e aprile 2020, ha straziato la Bergamasca con oltre 6 mila morti in più rispetto alla media dell’anno precedente, la Procura ha chiuso l’inchiesta per epidemia colposa e a notificare l’avviso di chiusura. Il procuratore aggiunto di Bergamo, Cristina Rota, con i pm Silvia Marchina e Paolo Mandurino, sotto la super visione del Procuratore Antonio Chiappani, hanno tirato le somme di una indagine con cui si è cercato di far luce e individuare le responsabilità, eventuali o meno, di quella tragedia che ha lasciato una profonda ferita.
L’inchiesta
Dopo tre anni e una pandemia che nella primavera del 2020 ha riempito più di 3mila bare in provincia di Bergamo, la procura guidata da Antonio Chiappani tira le fila dell’inchiesta per epidemia colposa e l’atto di notifica sarà consegnato alle parti nelle prossime ore. Tre, in sostanza, i filoni dell’indagine: la repentina chiusura e riapertura dell’ospedale di Alzano, la mancata ‘zona rossa‘ in Val Seriana e l’assenza di piano pandemico aggiornato per contrastare il rischio pandemia lanciato dall’Oms. Tra fine febbraio e l’aprile 2020, nella Bergamasca l’eccesso di mortalità fu di 6.200 persone rispetto alla media dello stesso periodo degli anni precedenti, tanto che nella relazione per l’apertura dell’anno giudiziario il procuratore Chiappani fa capire la portata delle indagini che ha «accertato gravi omissioni da parte delle autorità sanitarie, nella valutazione dei rischi epidemici e nella gestione della prima fase della pandemia». Se delle responsabilità potrebbero essere imputate ad alcuni degli indagati, altre posizioni saranno certamente archiviate, mentre parte dell’indagine – in particolare quella sulla decisione relativa alla ‘zona rossa’, discussione che ha riguardato l’allora governo di Giuseppe Conte, in cui risultavano indagati anche Roberto Speranza e Attilio Fontana – sarà trasferita altrove.
L’elenco degli indagati
L’elenco degli indagati, secondo quanto rivela Il Fatto Quotidiano, è lungo ed include Giuseppe Conte (all’epoca presidente del Consiglio), Roberto Speranza (ex ministro della Salute), Attilio Fontana (presidente Lombardia), ma anche Giulio Gallera (ex assessore al Welfare), Silvio Brusaferro (presidente Istituto Superiore di Sanità), Agostino Miozzo (coordinatore del primo Comitato tecnico scientifico), Angelo Borrelli (ex capo Protezioni Civile) e Franco Locatelli (presidente del Consiglio superiore di Sanità). Indagati anche diversi dirigenti chiave del ministero della Salute, alcuni ancora in carica. Una ventina, in tutti, gli indagati nell’inchiesta sulla gestione del Covid nella bergamasca che è stata chiusa oggi. Gli avvisi di conclusione dell’indagine sono in via di notifica.
«Massima disponibilità»
«Apprendo dalle agenzie di stampa notizie riguardanti l’inchiesta di Bergamo. Anticipo subito la mia massima disponibilità e collaborazione con la magistratura. Sono tranquillo di fronte al Paese e ai cittadini italiani per aver operato con il massimo impegno e con pieno senso di responsabilità durante uno dei momenti più duri vissuti dalla nostra Repubblica», ha commentanto in una nota il Presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte.
«Fiducia nella magistratura»
«Piena fiducia nella magistratura». Anche l’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, si è detto «molto sereno e sicuro di aver sempre agito con disciplina e onore nell’esclusivo interesse del Paese. Ho piena fiducia come sempre nella magistratura. Ho sempre pensato che chiunque abbia avuto responsabilità nella gestione della pandemia debba essere pronto a renderne conto».
I familiari delle vittime
«Da oggi si riscrive la storia della strage bergamasca e lombarda, la storia delle nostre famiglie, delle responsabilità che hanno portato alle nostre perdite. La storia di un’Italia che ha dimenticato quanto accaduto nella primavera 2020, non a causa del Covid-19, ma per delle precise decisioni o mancate decisioni». Dopo 3 anni di indagini, la procura ha individuato delle responsabilità precise nella gestione della primissima fase della pandemia. «Da sempre ci siamo battuti per la verità per i nostri cari – continuano gli esponenti del direttivo dell’associazione – nonostante l’omertà che ha sempre contraddistinto questa storia. Siamo andati avanti senza mai scoraggiarci nel percorso di memoria e di giustizia, confidando nella magistratura». Una decisione che «non ci restituisce i nostri cari e non cancella le lacrime che abbiamo versato, ma onora la memoria di chi ha pagato in prima persona. A noi che restiamo dà la forza per continuare a combattere con ancora più determinazione le nostre battaglie: quelle della memoria e della difesa della dignità della vita e della morte, perché il sacrificio dei nostri cari non sia vano e mai più una pandemia o una qualsivoglia emergenza ci trovi così impreparati», conclude la nota dell’associazione che si è fatta difendere da un pool di legali, gli avvocati Consuelo Locati, Alessandro Pedone, Luca Berni, Giovanni Benedetto e Piero Pasini.
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