L’11 novembre 2020 la Corte d’Appello di Lisbona ha pronunciato una sentenza (1783/20.7T8PDL.L1), fondamentale nella gestione giuridico-amministrativa legata al covid 19, qui disponibile:
Il caso sottoposto all’attenzione della Corte è analogo a ciò che ormai per centinaia di migliaia di italiani è una pratica naturale e perfino scontata. Si tratta della reclusione che viene definita “quarantena” e che viene irrogata come misura cautelare a tutti i soggetti ritenuti positivi per aver esperito il test mediante tampone o anche semplicemente in quanto entrati in contatto con persone risultate positive al medesimo test. Questo, che viene normalmente definito quarantena, in realtà è null’altro se non una sanzione vera e propria che inibisce il bene fondamentale della libertà. Bene che in Italia è tutelato mediante l’articolo 13 della Costituzione, in particolare, il quale sancisce come nessun individuo può essere soggetto a restrizione della libertà personale se non per decisione di un giudice che deve essere basata su una norma di legge previgente.
Si tratta di un caso di doppia riserva: riserva di legge, in quanto soltanto la legge può determinare i casi nei quali l’individuo può essere privato della propria libertà, e riserva di giurisdizione, poiché soltanto un giudice può, in base alla legge, limitare la libertà individuale. Questa ipotesi, cioè la cosiddetta quarantena per motivi sanitari, non è affatto differente da ciò che viene chiamato lockdown e che, in ultima analisi, si risolve inevitabilmente e fatalmente nella medesima privazione della libertà individuale, nonchè in una serie di altre lesioni di diritti fondamentali correlate.
La decisione della Corte portoghese si potrebbe tranquillamente applicare in Italia, poiché sia i principi costituzionali che la natura delle “norme” sanitarie sono i medesimi. La lucidità di questi Giudici dovrebbe essere d’esempio a tutti i giuristi occidentali.
Qui di seguito riporterò alcuni stralci (tra virgolette), con le mie considerazioni a latere.
PRIMO PRINCIPIO: La diagnosi di contagiosità deve essere effettuata da un medico.
Soltanto un anno fa, nessuno si sarebbe sognato di affidare una diagnosi a uno strumento diagnostico con un’affidabilità indimostrata. Perfino le lastre, le ecografie, le TAC, dopo l’esecuzione, sono sottoposte al vaglio di uno specialista per l’interpretazione e la diagnosi. Ma l’avvento della dittatura dei tamponi ha sovvertito anche principi elementari della medicina e del buonsenso. I giudici non nascondono il proprio stupore per il fatto che misure di estrema gravità quale la privazione della libertà possano essere inflitte senza neppure un preventivo controllo medico.
“La prescrizione e la diagnosi sono atti medici, sotto l’esclusiva responsabilità di un medico, iscritto all’Ordine dei Medici. Pertanto, la prescrizione di metodi diagnostici ausiliari (come nel caso dei test per l’individuazione di un’infezione virale), nonché la diagnosi dell’esistenza di una malattia, in relazione a ciascuna persona, è una questione che non può essere eseguita per legge , Delibera, Decreto, Regolamento o qualunque altro modo normativo , trattandosi di atti che il nostro ordinamento riserva alla competenza esclusiva di un medico, assicurandosi che, nel consigliare il suo paziente, egli cerchi sempre di ottenere il suo consenso informato”.
La Corte definisce “inspiegabile” il fatto che nessuno dei soggetti sia stato neppure visitato da un medico, e che la diagnosi si sia basata esclusivamente sull’esperimento dei tamponi.
SECONDO PRINCIPIO: chiunque privi di libertà un individuo, al di fuori della Costituzione e delle leggi, commette un reato.
È un principio cardine degli ordinamenti costituzionali moderni, portato di millenni di dispotismi monarchici, prima, e dittatoriali, poi: la libertà è il bene fondamentale che lo Stato debba garantire rispetto alle ingerenze. Del resto, lo Stato non nasce per guarire le persone: la sanità è uno dei servizi che la collettività mette a disposizione dei suoi membri, ma ciò che non può essere per definizione compresso è proprio la libertà, sì da distinguere lo stato di diritto da quello di dispotismo e dittatura.
“Qualsiasi persona o entità che emette un ordine, il cui contenuto porta alla privazione della libertà fisica, deambulatoria, della libertà degli altri (qualunque sia la nomenclatura che questo ordine assume: reclusione, isolamento, quarantena, protezione profilattica, sorveglianza sanitaria, ecc.), che non rientra nelle disposizioni di legge, ovvero nelle disposizioni dell’articolo 27 del CRP, effettuerà una detenzione illegale , perché disposta da un ente incompetente e perché motivata da un fatto per il quale la legge non lo consente”. […] “Di conseguenza, in mancanza di forza vincolante eteronoma per i singoli e imponendosi al giudice solo per il valore dottrinale che possono avere, le prescrizioni contenute nelle “circolari” non costituiscono norma ai fini del sistema di controllo costituzionale di competenza della Corte Costituzionale.
Quanto detto, permette di concludere che gli indirizzi amministrativi veicolati sotto forma di circolari normative, come nel caso di specie, non costituiscono disposizioni di valore legislativo suscettibili di essere oggetto di dichiarazione di incostituzionalità formale – si veda la sentenza della Corte suprema amministrativa 21/06/2017, disponibili per la consultazione in www.dgsi.pt .
E, questo per far capire che le norme invocate dall’Azienda Sanitaria Regionale che sostenevano la privazione della libertà imposta ai Ricorrenti attraverso la notifica dell’isolamento profilattico sono linee guida amministrative non vincolanti per i Ricorrenti”.
TERZO PRINCIPIO: il diritto deve guidare le scelte politiche e scientifiche anche e soprattutto nelle emergenze.
La Corte evidenzia un passaggio logico-fattuale elementare, ma che sembra sfuggire ai più: una volta aperta la porta alle violazioni delle libertà fondamentali, quale che sia il motivo, non si potrà più tornare indietro. Oggi si abdica al covid, e domani a cosa si abdicherà? Del resto la situazione attuale non è dissimile da quella che si verificò in USA all’indomani dell’11 settembre, con strascichi persistenti nell’attribuzione di poteri a entità governative, e l’imposizione di controlli, limitazioni di diritti individuali.
“In questo momento, le energie del Paese sono concentrate sull’emergenza. Ma per la necessità di tutelare i diritti fondamentali, anche e soprattutto in caso di emergenza, i tribunali sono tenuti a fare la loro parte. Perché, oltre alla medicina e alla scienza, il diritto – e il diritto dei diritti umani in primis – deve essere in prima linea: non per proibire e sanzionare – come si sottolinea troppo oggi – ma per garantire e proteggere tutti noi. Oggi l’emergenza si chiama coronavirus. Non sappiamo domani. E ciò che facciamo o non facciamo oggi, per mantenere la conformità ai principi fondamentali del sistema, può condizionare il nostro futuro“.
“Non sarà difficile ammettere e accettare che il tumulto legislativo generato intorno al contenimento della diffusione del COVID-19 aveva – e continuerà ad avere – nella sua ragion d’essere la protezione della salute pubblica, ma questo tumulto non potrà mai ledere il diritto a libertà e sicurezza e, in definitiva, il diritto assoluto alla dignità umana”.
QUARTO PRINCIPIO: l’efficacia diagnostica dei tamponi è indimostrata
La Corte non si limita a considerazioni di diritto, ma entra anche nel merito della diagnostica: dopo aver stigmatizzato il fatto che le diagnosi siano state fatte senza neppure coinvolgere alcun medico, i giudici sottolineano come non vi siano prove scientifiche di affidabilità dei tamponi, ma, anzi, tutto il contrario.
“iii. E il problema è che questa affidabilità è dimostrata, in termini di evidenze scientifiche (e in questo campo, il giudice dovrà fare affidamento sulla conoscenza di esperti del settore) più che discutibile.
Questo è il risultato, tra gli altri, del recentissimo e completo studio di correlazione tra 3790 campioni positivi qPCR e colture cellulari positive, inclusi 1941 isolati di SARS-CoV-2 , di Rita Jaafar, Sarah Aherfi, Nathalie Wurtz, Clio Grimaldier, Van Thuan Hoang, Philippe Colson, Didier Raoult, Bernard La Scola, malattie infettive cliniche, ciaa1491, https://doi.org/10.1093/cid/ciaa1491,em https://academic.oup.com/cid/advance-article/doi/10.1093 / cid / ciaa1491 / 5912603, pubblicato alla fine di settembre di quest’anno da Oxford Academic , realizzato da un gruppo che riunisce alcuni dei maggiori esperti europei e mondiali del settore.
Questo studio conclude [2], nella traduzione libera:
“Ad una soglia di ciclo (ct) di 25, circa il 70% dei campioni rimane positivo nella coltura cellulare (cioè erano infetti): in un ct di 30, il 20% dei campioni è rimasto positivo; in un ct di 35, il 3% dei campioni è rimasto positivo; e ad un ct superiore a 35, nessun campione è rimasto positivo (infettivo) in coltura cellulare (vedi diagramma).
Ciò significa che se una persona ha un test PCR positivo a una soglia del ciclo di 35 o superiore (come nella maggior parte dei laboratori negli Stati Uniti e in Europa), le probabilità che una persona venga infettata sono inferiori al 3%. La probabilità che una persona riceva un falso positivo è del 97% o superiore”.
iv. Quello che segue da questi studi è semplice: la possibile affidabilità dei test PCR effettuati dipende, sin dall’inizio, dalla soglia dei cicli di amplificazione che contengono, in modo tale che, fino al limite di 25 cicli, l’affidabilità del test sarà di circa il 70%; se vengono effettuati 30 cicli il grado di affidabilità scende al 20%; se si raggiungono i 35 cicli il grado di affidabilità sarà del 3%.
v. Tuttavia, nel caso in esame, il numero di cicli di amplificazione con cui vengono eseguiti i test PCR in Portogallo, comprese le Azzorre e Madeira, è sconosciuto, poiché non siamo stati in grado di trovare alcuna raccomandazione o limite al riguardo”.
Insomma, la reclusione (quarantena) è determinata sulla base di test che potrebbero avere il 97% di falsi positivi.
CONCLUSIONI
Come giurista di un paese europeo, non posso che condividere e sottoscrivere tutte le argomentazioni della Corte portoghese, che potrebbero essere applicate tal e quali in Italia, a fronte di norme e condotte del tutto analoghe.
Il mondo del diritto, almeno in Italia, è il grande assente in questa pantomima: show televisivi ammanniscono e dispensano reprimende morali e norme di condotta, politici affetti da deliri di onnipotenza vietano ai cittadini di incontrare “chiunque non convivente”, mentre il popolo è sedato dai teleimbonitori e dai quotidiani bollettini di guerra con numeri inverosimili che vedono attribuire a un virus qualunque tipo di morte. Basta esser positivi a un tampone… con il 97% di falsi positivi.
Fonte: eusebismo.org
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