L’indagine sulle omissioni di Aifa e Speranza è al Tribunale dei ministri. Gli avvocati dei querelanti (Ascoltami e Osa) hanno depositato una memoria con ampia documentazione che prova la responsabilità dell’ex ministro e dei vertici Aifa nel sovrastimare i benefici e sottostimare i rischi dei vaccini.
«Non è andato tutto bene». Complici nuove emergenze vere o presunte – è di ieri un nuovo allarme per cardiopatie conseguenti al long-covid – ma soprattutto complice il cronico asservimento dei media mainstream, non si sente quasi più parlare degli errori fatti durante la campagna vaccinale del 2021 e 2022. Eppure, dovrebbe essere interesse di tutti, oltre che dei danneggiati, chiarire cosa sia successo nelle istituzioni sanitarie in quel periodo, se non altro perché la storia non si ripeta alla prossima e probabile emergenza sanitaria.
Una grande occasione per portare alla luce fatti e misfatti si presenta con il procedimento giudiziario a carico di Roberto Speranza e Nicola Magrini, al tempo direttore e factotum della Agenzia Italiana del Farmaco – Aifa. Il procedimento origina dalla querela sporta nel maggio 2023 dal Comitato Ascoltami, dall’Associazione Operatori di Sicurezza Associati (OSA) composta principalmente da membri delle Forze dell’Ordine, da un Sindacato dei Finanzieri e dalla già senatrice Bianca Laura Granato. Le accuse sono pesanti, andando dal commercio e somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute (art. 443 e 445 c.p.), al falso ideologico avendo omesso o alterato le comunicazioni al pubblico (art. 479 c.p.), alle lesioni personali e omicidio (art. 575 c.p.). Il nocciolo della questione riguarda le autorizzazioni al commercio dei cosiddetti “vaccini” anti-COVID-19 che sarebbero stati autorizzati e diffusi vantando delle proprietà che non avevano (quella di impedire i contagi) e nascondendone i rischi. Benché molte delle distorsioni e penose conseguenze della campagna vaccinale erano già note – la Bussola ne ha dato spesso conto – la decisione di sporgere querela è scattata dopo la trasmissione “Fuori dal Coro” che ha mostrato corrispondenze interne all’AIFA e tra AIFA e Ministero, da cui emergerebbe la volontà di nascondere i rischi dei prodotti farmaceutici in questione.
TRIBUNALE DEI MINISTRI
Al momento, gli atti sono stati trasmessi dal Pubblico Ministero di Roma al Tribunale dei Ministri, dove saranno all’attenzione del Collegio formato dalle tre giudici Cialoni, Cirulli e Casari. Il Pm ha chiesto già l’archiviazione, con una breve nota senza quasi entrare nel merito tecnico dei fatti contestati e delle prove presentate. Secondo il Pm gli atti dei querelati sarebbero stati compiuti di concerto con gli altri attori istituzionali italiani e internazionali, al solo fine di tutelare la salute pubblica a seguito della grave crisi sanitaria della COVID-19.
Il Pm sostiene che le reazioni avverse ai prodotti inoculati sarebbero un fenomeno fisiologico accettabile pur di contrastare la pandemia. Le decisioni di Speranza e Magrini sarebbero state prese nell’ambito della discrezionalità a loro concessa dalla legge e le mail esibite da Fuori dal Coro non permetterebbero di provare la volontà di sottacere al pubblico informazioni critiche verso la campagna vaccinale. La richiesta di archiviazione del Pm attribuisce le decisioni di Speranza e Magrini alla volontà di salvaguardare la salute collettiva, ma omette di discutere il punto-chiave, cioè che i cosiddetti vaccini non avevano tale capacità. In sintesi, il Pm non solo non riconosce gli errori denunciati e dimostrati, ma tralascia gli indizi di reato e persino esprime l’idea aprioristica che i due indagati avrebbero agito sempre per il nostro bene.
DANNEGGIATI AL CONTRATTACCO
Avendo saputo della richiesta di archiviazione, che significherebbe l’insabbiamento finale delle responsabilità della classe politica e dei suoi supporti tecnici che hanno gestito la pandemia, gli avvocati delle parti querelanti hanno presentato ricorso contro la richiesta di archiviazione, motivandola con ampia documentazione.
La giustificazione “emergenziale” delle azioni degli indagati nel corso della campagna vaccinale, fornita dal Pm nella richiesta di archiviazione, appare semplicistica e carente della prospettiva storica e politica in cui collocare tali atti, omissioni e false dichiarazioni. Infatti, le principali ondate di contagi si erano verificate prima dell’inizio della campagna di vaccinazione di massa e a quel tempo (primavera-estate-autunno 2021), non vi era più alcun segno di un rischio di sovraccarico delle terapie intensive del Servizio Sanitario Nazionale. Non è quindi corretto sostenere che le misure prese per incentivare le vaccinazioni (o obbligare ad esse) fossero giustificate dallo stato di emergenza. Il fatto che lo “stato di emergenza” sia stato prolungato fino al 31 marzo 2022 è una decisione del governo (in quanto tale non va discussa in questa causa di responsabilità personali), ma neppure può essere chiamata a giustificare o coprire eventuali errori o colpe dei decisori e degli organi tecnici e decisionali. Va aggiunto che eventuali errori o colpe di un ministro e dei collaboratori non sarebbero giustificabili neanche se compiuti in buona fede “per il bene della popolazione”, motivazione comunque tutta da dimostrare.
È necessario chiedersi, piuttosto, se conseguenze negative alla popolazione siano derivate dall’estrema e spesso proclamata fede “vaccinista” del ministro Speranza e dalla sua propensione a presentare la vaccinazione come unico obiettivo sin dall’inizio (oltretutto trascurando le terapie precoci), ostinandosi poi nonostante in crescere di evidenze scientifiche critiche e anzi, come sostiene la querela, occultando in concorso con Aifa le prove contrarie alla propria aprioristica decisione.
I CONTRATTI CON BIG PHARMA
Speranza era partito in largo anticipo, stilando contratti con le case farmaceutiche, contratti che poi lo stesso Draghi definì «leggeri»: il primo contratto stipulato fu con Astrazeneca, il 14 giugno 2020, come dichiarato dallo stesso ministro in quell’occasione: «Il vaccino è l’unica soluzione definitiva al Covid 19. Per me andrà sempre considerato un bene pubblico globale, diritto di tutti, non privilegio di pochi».
Tralasciando per il momento che da diritto il “vaccino” diventò presto un dovere, è evidente che una tale fede, categorica e assoluta, non aveva la minima parvenza di scientificità, visto che non si conoscevano neppure i risultati dei primi studi. Il “vaccino” in quanto «bene pubblico globale» dimostra l’adesione aprioristica all’ideologia progressista, “globalista” di cui la parte politica del ministro era portatrice.
È illuminante, a questo proposito, una recensione fatta al libro di Speranza “Perché guariremo. Dai giorni più duri a una nuova idea di salute” (poi ritirato) da cui trapela il suo programma politico. Il ministro lo mette nero su bianco: «Sono convinto che abbiamo un’opportunità unica per radicare una nuova idea della sinistra» e c’è bisogno di una «tutela sovraordinata dei diritti fondamentali che solo le istituzioni pubbliche possono garantire». Scrive Speranza che è grazie al dilagare del COVID-19 e alle misure imposte dal governo se «le persone lo hanno capito».
INTERESSI POLITICI
Su queste basi, non è difficile ipotizzare che le condotte del ministro della Salute e del direttore di Aifa siano parte attiva di un intreccio di interessi politici e farmaceutici, in parte sovranazionali, di cui i mezzi di informazione, in vario modo controllati e finanziati dal Governo, sono stati cassa di risonanza. Le scelte, a partire dalla stipula dei contratti con Big pharma per finire all’imposizione degli inoculi e al green pass, sarebbero state ispirate da un’ideologia collettivista e globalista in cui il vaccino è stato strumento principale, se non unico, di affronto della pandemia. Le scelte degli indagati sarebbero state tese a sovrastimare i benefici e sottostimare in molteplici modi i rischi dei prodotti acquistati, distribuiti e consigliati, tacendo sul punto fondamentale e rilevante per superare l’articolo 32 della Costituzione che i prodotti non erano in grado di immunizzare veramente le persone inoculate.
VACCINI INEFFICACI
L’opposizione alla richiesta di archiviazione porta una mole di prove dell’inefficacia dei prodotti farmaceutici sperimentali nel fermare i contagi del virus SARS-CoV-2 e del fatto che Speranza e Magrini non ne avrebbero tenuto conto, benché ne fossero al corrente, anzi avrebbero distorto le informazioni diffuse al pubblico. Chiede inoltre che siano continuate le indagini anche acquisendo ufficialmente le corrispondenze interne e esterne di Aifa, come prove documentali del falso ideologico (visto che la citazione della clamorosa trasmissione di Fuori dal Coro è stata “snobbata” dal Pm).
Che i cosiddetti “vaccini” avessero breve durata protettiva era stato notato già dopo pochi mesi del loro uso e che i vaccinati potessero trasmettere il virus come i non vaccinati era noto alla comunità scientifica già nel luglio del 2021 ed era stato già riportato da vari lavori.
La carica virale nelle narici era uguale nei vaccinati e non vaccinati sintomatici e, come riconosciuto anche dal prof. Giorgio Palù già nell’autunno del 2021 era chiaro che l’immunità di gruppo (o di gregge) non poteva realizzarsi. Ricordiamo che è solo quando si instaura l’immunità gregge che la vaccinazione del singolo contribuisce ad arrestare la diffusione dei microbi.
NESSUNA IMMUNITA’ DI GREGGE
Addirittura, con vaccini non immunizzanti che però riducono i sintomi, come gli anti-COVID-19, si possono indurre paradossalmente un maggior numero di persone a frequentare luoghi pubblici e quindi a diffondere il virus. Tutta la campagna promossa dal Ministero, rilanciata dai mass-media e persino da autorità religiose, fino all’imposizione del green pass si sarebbe basata sull’aver taciuto consapevolmente questo aspetto cruciale.
LE FALLE NELLA FARMACOVIGILANZA
Vi è poi l’ampio e drammatico argomento dei difetti della farmacovigilanza, di cui l’Aifa era responsabile. Il sistema è andato in panne già a fine febbraio 2021, ma Aifa attribuì il fenomeno al ritardo dell’inserimento delle segnalazioni nel sistema. Spiegazione la cui falsità si è presto dimostrata, visto che col tempo le segnalazioni anziché tornare al normale sono diminuite progressivamente. Come conseguenza di tale deficit di dati sulla farmacovigilanza, sono stati diffusi ai mass-media e alla popolazione rapporti falsamente tranquillizzanti.
Ad esempio, nel settimo rapporto si riporta un tasso di 16 eventi gravi ogni 100.000 dosi somministrate, mentre negli studi clinici randomizzati e nei (pochi) studi di farmacovigilanza attiva il tasso di eventi avversi gravi era tra 1 e 5 %, cioè tra 1000 e 5000 ogni 100.000 dosi. Qualcuno ricorderà che per aver denunciato questa distorsione della farmacovigilanza italiana in una trasmissione televisiva, lo scrivente fu espulso dall’Università.
Come conseguenza della sottostima delle segnalazioni, l’Italia non è stata in grado di rilevare alcun segnale di aumento di rischio della trombosi con trombocitopenia causata dal vaccino Astrazeneca e se ne è cominciato a parlare solo dopo che il fenomeno patologico era stato segnalato nel maggio del 2021 grazie alla rilevazione effettuata da altri database. Complessivamente, dagli stessi dati AIFA (verosimilmente sottostimati come si è detto), in Italia nel 2021 questa patologia ha causato la lesione grave di circa 100 persone e il decesso di 10 persone (6 femmine e 4 maschi), esiti sicuramente correlati alla vaccinazione (9 dopo Astrazeneca e 1 dopo Johnson & Johnson).
RISCHI SOTTOSTIMATI
L’età media delle persone morte era 45,3 anni. Un altro esempio di grossolana sottostima dei rischi si rileva leggendo il dodicesimo rapporto Aifa, secondo cui il tasso di miocardite dopo iniezione di vaccini a mRNA nei giovani maschi (12-29 anni) sarebbe ammontato a 2 casi per milione di dosi, laddove invece la più qualificata letteratura internazionale riportava un tasso tra 52,4 e 105,9 casi per milione (dati del Vaers americano che pure è basato su sorveglianza passiva). Non resta che domandarsi con quale coraggio siano stati diffusi alla popolazione dati che una minima conoscenza della materia avrebbe dimostrato che erano sottostimati di decine di volte rispetto alla realtà ben conosciuta utilizzando altri database meno viziati dall’underreporting e utilizzando metodi corretti come la vigilanza attiva (che in pratica non è stata fatta in Italia, nonostante sia citata nei primi rapporti AIFA, ma senza fornire i relativi dati).
NEGARE IL NESSO DI CAUSA
Un altro grave errore metodologico è stato fatto nella fase della valutazione del nesso di causa (o correlazione) tra eventi avversi gravissimi e vaccinazione. Al 26 marzo 2021 si trovavano registrati già 100 decessi avvenuti nei giorni successivi alla vaccinazione, una cifra preoccupante se si considera che si parla sempre di vigilanza passiva ed è stata raggiunta in tre mesi. Per confronto, i decessi segnalati dopo la vaccinazione antinfluenzale (fatta ad oltre la metà delle persone over 65) in un anno ammontano a 4 o 5 al massimo (nessuno causalmente correlato). All’apparire delle prime segnalazioni di decessi seguenti di meno di 15 giorni la vaccinazione, una speciale commissione dell’Aifa analizzava la causalità e stabiliva che quasi tutti i decessi erano dovuti ad altre cause.
Ciò apparve chiaro sin dal rapporto numero 3 (dati fino al 26 marzo 2021), ma si ripeté anche in tutti i successivi. Tale risultato, apparentemente tranquillizzante, si è basato su un utilizzo sbagliato e fuorviante del cosiddetto algoritmo proposto da OMS, usato in modo inappropriato al fine di scartare la possibilità che le morti siano attribuibili al vaccino.
Lo “sbaglio” è stato fatto considerando come possibile spiegazione alternativa alla morte qualsiasi condizione clinica concomitante che avesse il malcapitato o la malcapitata al momento della vaccinazione, mentre per i morti positivi al SARS-CoV-2 le malattie pregresse o concomitanti non contavano come possibili cause del decesso. Anche questo aspetto tecnico, di cui i vertici Aifa erano a conoscenza, è stato taciuto e ha contribuito a sbilanciare i giudizi sul rapporto “rischio-beneficio”. Si ricorderà che tutte le volte che si prospettava il rischio vaccinale, si concludeva che «comunque il rapporto rischio-beneficio rimane favorevole» e si inducevano le persone, di qualsiasi età, a farsi inoculare.
UNA PROSPETTIVA DI GIUSTIZIA
L’occasione del procedimento giudiziario verso Speranza e Magrini potrebbe essere l’inizio di una più ampia inchiesta sulla gestione della pandemia, di cui dovrebbe far parte anche la commissione prevista dalla politica. Per questo è auspicabile che, grazie alla Magistratura, si apra un primo squarcio di verità su un grave periodo della storia italiana e si dia almeno una prospettiva di giustizia alle vittime.
Nel confidare nell’indipendenza del Tribunale, è opportuno che i cittadini si mobilitino comunque per sostenerla, in modo che la decisione non sia influenzata da prevedibili pressioni politiche dei palazzi romani. Non è solo per giudicare il passato ma anche per vigilare sulla sanità pubblica del futuro.
Fonte: https://lanuovabq.it/it/tutti-i-motivi-per-non-archiviare-linchiesta-su-speranza-e-aifa
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