In una memoria depositata in commissione Finanze del Senato, l’Ufficio parlamentare di bilancio quantifica l’ammontare della spesa dei bonus edilizi e lancia il monito: meglio sostituirli con contributi diretti
Una pesante eredità sul futuro. Così l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) definisce l’impatto dei bonus edilizi sui conti pubblici nella memoria trasmessa alla commissione Finanze del Senato, impegnata nell’esame dell’ultimo decreto Superbonus.
Superbonus: una svista «senza precedenti»
Il fardello più gravoso, neanche a dirlo, è rappresentato proprio dal Superbonus, per il quale l’Upb quantifica al 1° marzo una spesa di 170 miliardi in relazione al quadriennio 2020-2023. Acquisito l’impatto sul deficit – schizzato nel 2023 dal 5,3% previsto in Nadef al 7,2% certificato da Istat – sul fronte debito, spiega l’Upb, l’effetto di Superbonus e bonus facciate è di cassa e si spalma dunque su più anni a partire da quello successivo a quello in cui l’obbligazione è sorta: gli effetti registrati sul disavanzo nel 2023, dunque, si vedranno sul debito nel triennio 2024-2026. Effetti che l’Ufficio parlamentare di bilancio quantifica in una media annua dell’1,8% sul pil, contro lo 0,5% registrato nel triennio 2021-2023. Stime che fanno dire all’Upb che «la differenza tra i risultati e le attese è stata macroscopica» e «senza precedenti».
Transizione 4.0: rischi crescenti e nuove prospettive dal 5.0
Tra le altre agevolazioni maggiormente onerose, il bonus facciate e gli incentivi legati al piano Transizione 4.0, i cui effetti finanziari «risultano a oggi superiori a quelli attesi nelle stime ufficiali per l’intero periodo di validità delle misure». Sulle agevolazioni di Transizione 4.0 – per le quali si evidenziano «rischi crescenti» di perdita del gettito, con compensazioni «sensibilmente maggiori rispetto ai valori stimati» nel 2023 e, in prospettiva, nel 2024 – l’Upb certifica un impatto sul disavanzo da 30 miliardi nel triennio 2021-2023.
Nella valutazione complessiva, sottolinea l’Upb, va comunque considerato che gli effetti tendenziali per il 2024 e 2025 potrebbero essere in parte sostituiti dai nuovi incentivi legati a Transizione 5.0. Nel frattempo, come annunciato dal ministro del made in Italy Adolfo Urso nel Question Time della Camera dello scorso 17 aprile – il Mimit si prepara a varare entro fine aprile il decreto che sbloccherà l’utilizzo in compensazione dei crediti d’imposta 4.0 relativi agli investimenti 2023 e 2024.
Stop ai crediti d’imposta: crediti diretti e monitoraggio permanente
In futuro, ammonisce l’Ufficio guidato da Lilia Cavallari, bisognerà evitare aliquote di agevolazioni che pongano l’onere della spesa a totale carico dello Stato. Le aliquote dovrebbero essere fissate a un livello tale, da incentivare comportamenti meritevoli da parte dei beneficiari, attraverso il meccanismo di compartecipazione alla spesa, tenendo anche conto del recupero del costo iniziale che sarà assicurato nel tempo dal risparmio energetico prodotto dall’efficientamento. Inoltre, l’agevolazione dovrebbe essere selettiva sia sul fronte delle attività incentivate sia dei beneficiari.
Necessario sarà poi sottoporre le agevolazioni ad autorizzazioni preventive, senza più i nefasti automatismi previsti per i bonus attuali che, suggerisce l’Upb, andrebbero sostituiti con prestiti agevolati o con contributi diretti sulla spesa modulati sulla condizione economica del nucleo familiare e sulla classe energetica dell’edificio. All’autorizzazione preventiva andrebbe da subito affiancato un doppio sistema di monitoraggio – in itinere ed ex post – così da valutare tempestivamente l’andamento della spesa e correggere eventualmente il tiro in corso d’opera.
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