Erika Di Martino, pioniera dell’homeschooling in Italia, racconta ad HuffPost come funziona l’educazione parentale “a casa”: “Non siamo più quelli ‘alternativi’. La pandemia ha cambiato il volto della scuola e i genitori vogliono che sia garantita un’istruzione serena ai propri figli. Ecco perché sempre più persone abbracciano questa via”
“I genitori temono la scuola. Non solo per il virus, ma per le continue quarantene che potrebbero non assicurare la continuità della didattica. Per tutti loro il mio messaggio è: un altro tipo di istruzione è possibile, ed è la scuola ‘a casa’”. A parlare ad HuffPost è Erika Di Martino: quarant’anni, ex insegnante di lingue e consulente scolastica, è madre di cinque figli che non sono mai andati a scuola e pioniera in Italia dell’homeschooling, termine col quale si intende l’istruzione impartita dai genitori ai propri figli. Un metodo educativo al quale sempre più persone si stanno appassionando: “Se prima era una scelta da ‘alternativi’, o ‘di nicchia’, oggi sempre più mamme e papà la stanno prendendo in considerazione”, afferma Erika.
In Italia sono duemila le famiglie che praticano l’homeschooling. Ma il quadro potrebbe ben presto cambiare. Dal suo “osservatorio” personale, il network italiano dedicato all’Educazione Parentale, fondato proprio da lei, Erika vede un’impennata di interesse attorno a questo argomento: “Da marzo abbiamo notato un aumento di richieste di informazioni da parte dei genitori. ‘Voglio che mio figlio sia istruito a dovere’: è questo quello che chiedono – afferma -. La pandemia ha inevitabilmente cambiato il volto della scuola. Le mamme e i papà hanno paura che i figli possano avere delle lacune, sono spaventati da quella che potrebbe essere, tra assenze e quarantene, una ‘didattica a singhiozzo’. Anche gli insegnanti sono impauriti, così come gli alunni, provati da tutto questo periodo di isolamento. Noi siamo convinti che per imparare al meglio i giovani debbano essere inseriti in un contesto sereno. L’homeschooling garantisce un’istruzione serena”.
Cosa si intende per “homeschooling”
Ma cosa vuol dire educazione parentale? Nell’immaginario collettivo c’è l’immagine di una stanza della casa adibita a classe, con i bimbi seduti composti ai loro banchi. Ma l’homeschooling non è questo. “Molti vengono tratti in inganno dalla parola ‘home’ – spiega Erika – che fa presupporre che tutto avvenga a casa, ma non è così: una parte della didattica può essere seguita a casa, ma il resto avviene fuori. Si viaggia, si esplorano le bellezze del nostro Paese, si visitano i musei, si fanno attività all’aria aperta”. Alcune famiglie preferiscono seguire degli orari giornalieri, utilizzando i testi e programmi scolastici, altre desiderano affidarsi a un apprendimento più naturale e spontaneo dove si assecondano i bisogni, gli interessi e capacità dei figli in veste di aiutanti e guide. Negli Stati Uniti i ragazzi educati a casa sono all’incirca due milioni, in Inghilterra sono 70mila, 60mila in Canada, tremila in Francia e duemila in Spagna. In Italia il trend è in continua crescita, non soltanto nella fascia della scuola primaria, ma anche tra i ragazzi più grandi, delle scuole secondarie di I e II grado. L’Educazione Parentale può coprire tutti gli anni dell’obbligo scolastico, arrivando fino all’università. L’homeschooling, però, non è necessariamente una scelta che deve durare una vita: ogni anno si può scegliere di rientrare nel sistema scolastico tradizionale. Gli esami di idoneità e quelli di licenza vengono fatti per formalizzare la carriera scolastica dello studente homeschooler o per stabilire il livello dell’apprendimento dello studente nel momento in cui si desidera farlo rientrare nel percorso scolastico tradizionale. Basta presentarsi agli esami come privatisti.
Studiare a casa non significa rimanere indietro
Due delle grandi perplessità di chi si approccia a questo metodo educativo hanno a che fare con il bagaglio di competenze e con la socializzazione. “Mio figlio sarà sempre un passo indietro rispetto ai coetanei che hanno frequentato la scuola?”. E ancora: “sarà solo? Con chi potrà socializzare?”. Erika Di Martino giura che i suoi figli Thomas, di 13 anni, Olivia, di 11, Nicholas, di 9, Benjamin, di 5 e Viola, 2 anni (tutti bilingue dalla nascita), non hanno mai avuto problemi di alcun tipo. “Per quanto riguarda la didattica, il vantaggio dell’homeschooling è che il programma si può modellare sull’alunno, possono essere valorizzati i suoi talenti con un percorso di studi ad hoc. La scuola, insegnando ad un gruppo vastissimo di studenti, deve per forza omologare i programmi, nell’educazione parentale questo non avviene. Possiamo, ad esempio, dare la precedenza alle lingue, al digitale. Quindi sì, è possibile che si creino delle differenze con gli alunni usciti da una scuola ‘normale’. Ma non si tratta di restare indietro, quanto di guardare avanti. Questo perché gli homeschoolers avranno una preparazione diversa, a 360 gradi”.
Che dire, invece, della socializzazione? Anche su questo punto Erika è ferma: “Quest’anno non si può parlare di vera socializzazione neanche a scuola, dato che gli alunni saranno costretti a fare l’intervallo al banco, a non scambiarsi i giocattoli etc. A scuola, inoltre, c’è di base una socializzazione forzata. Nell’homeschooling si trascorre parte del tempo a casa, col proprio gruppo, il resto delle attività si possono svolgere all’aperto, dove si incontrano altri bambini e ragazzi. Esiste inoltre una rete solida di homeschoolers, che si incontra con cadenza regolare”.
Una scelta di vita (non per tutti)
Come possono due genitori che lavorano otto ore fuori casa intraprendere la strada dell’homeschooling? In questo caso, non è una scelta fattibile: lo stile di vita di entrambi deve essere compatibile con i ritmi dell’insegnamento ai figli. “Io e mio marito da dieci anni pratichiamo l’homeschooling pur lavorando – afferma Erika – ma abbiamo un tipo di lavoro che possiamo svolgere da remoto ed organizzare secondo le nostre esigenze. Di certo l’educazione parentale richiede un sacrificio di tempo”. Quanto tempo esattamente “porterebbe via”? “Ogni famiglia può organizzarsi come ritiene opportuno. Per quanto riguarda la nostra esperienza, per la didattica a casa bastano due ore ben concentrate e poi si possono svolgere le altre attività all’esterno”.
È bene tenere a mente che le mamme e i papà che vogliano seguire questa strada non devono avere competenze particolari. Legislativamente, la garanzia dell’assolvimento del dovere all’istruzione avviene attraverso l’autocertificazione dei genitori di avere la capacità tecniche e economiche per provvedere all’educazione dei propri figli. “Il consiglio che posso dare a chi è interessato è quello di informarsi da chi già da anni pratica questa scelta di vita, di ascoltare le loro storie, di prendere spunto dalla loro organizzazione”, spiega Erika.
Informarsi è il modo migliore per capire se l’homeschooling possa essere davvero un’ancora di salvezza anche nel periodo Covid: “In realtà – sottolinea – non è cambiato nulla: noi siamo sempre noi, quelli ‘strani e sopra le righe’, voi siete sempre voi: cioè dei genitori che vogliono il meglio per i propri figli, come noi! Anche il sistema scuola è sempre lo stesso sistema scuola: standardizzante e spesso insensibile ai bisogni dei bambini, solo che ora lo avete visto anche voi scolarizzati. Tutto qui. La paura e la rabbia donano una visione nuova della realtà, ringraziamole e facciamo tesoro di questo momento storico cambiando le nostre abitudini”.
Fonte: huffingtonpost.it
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