In Europa si parla sempre più di guerra, e allora per evitare un impatto troppo spiacevole verso l’opinione pubblica – che in gran parte la Guerra non la vuole fare – si prova a cambiare nome alle cose.
Il piano di difesa europeo infatti potrebbe cambiare nome, da ReArm a Prontezza2030. Lo ha detto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen rispondendo a una domanda sulla possibilità che il nome ReArm Europe venga modificato come chiedono Spagna e Italia.
Il nome addolcito non cambia la sostanza: si tratta di una misura da oltre 800miliardi di euro da spendere in armamenti e strutture militari. I 27 Paesi sembrano tutti concordi sulla necessità di aumentare la difesa europea nei prossimi 5 anni.
Tra le misure anche l’aumento della spesa militare per nazione, da alzare fino al 3% del Pil.
Il punto su cui c’è più divisione è sul dove acquistare le armi: la Francia ha suggerito che le si acquisti solo in Europa, ovvero prodotte da aziende europee, ma non tutti i Paesi la pensano in questo modo, c’è infatti chi vorrebbe coinvolgere anche gli Stati Uniti, dopo aver avuto accesso al fondo da 150 miliardi – battezzato Safe – ideato per incoraggiare gli appalti congiunti.
Viktor Orban ha criticato la strategia dell’UE, affermando che “l’Europa è un leone sdentato, ancora aggrappato a un’avventura irresponsabile“. Anche il primo ministro slovacco Robert Fico ha espresso dubbi, dichiarando che “solo i paesi europei continuano a parlare di armi” e ha minacciato di bloccare nuove sanzioni a Mosca.
Il summit europeo ha confermato il solido sostegno dell’UE all’Ucraina, con la sola eccezione dell’Ungheria, ma ha anche evidenziato le divisioni interne sulla strategia di difesa e sul finanziamento del riarmo.
Mentre la Polonia e gli Stati baltici stanno spingendo per un rafforzamento militare, altri stati rimangono cauti. Il prossimo summit di giugno sarà cruciale per definire i dettagli operativi di queste decisioni.
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