Siamo alle solite. Ogni qualvolta ci sono le elezioni in Venezuela, assistiamo alla solita isteria dei media mainstream che accendono la macchina del falso e puntualmente parlano di “frode elettorale”.
Non importa molto ai loro occhi se di prove di questa “frode” non ce ne siano e non ne siano state nemmeno mostrate dalla opposizione venezuelana guidata da un personaggio come Maria Corina Machado, sula quale diremo meglio più avanti.
Ai media interesse promuovere una certa narrazione, ed è quella che il Venezuela da 24 anni a questa parte sia diventato una sorta di feroce “dittatura” soltanto perché in questo Paese da quasi un quarto di secolo non c’è un governo che compiace le istanze della cosiddetta anglosfera.
Ora se ci soffermiamo un attimo a guardare i fatti e prendere in esame il sistema venezuelano, vediamo che esso è molto più serio e rigoroso di quello che c’è, ad esempio, in diversi Paesi europei o negli Stati Uniti e le frodi sono alquanto complesse a causa di un controllo incrociato tra voto cartaceo e voto elettronico e suggeriamo di dare uno sguardo alla ottima spiegazione del voto in Venezuela fatta dall’agenzia di stampa BreakThrough News.
Vogliamo ricordare qui, a titolo di esempio, che negli Stati Uniti sono andati a votare diversi immigrati irregolari oppure che hanno votato anche i morti nel 2020 attraverso la famigerata frode ai danni di Trump, ma qui ovviamente per i media Occidentali di frode non c’era l’ombra, nonostante le prove della truffa fossero evidenti e visibili a tutti.
Vogliamo anche ricordare quanto accaduto alle elezioni europee in Italia, nelle quali in diversi casi nei verbali c’erano delle firme di elettori che non erano ancora andati al seggio e non erano ancora andati a votare, e sarebbe alquanto interessante sapere chi sono quelle mani “fantasma” che hanno votato al posto dei loro legittimi proprietari.
In Venezuela questo non è accaduto e il voto è stato, fino a prova contraria, regolare e sancito anche da diversi osservatori internazionali che di certo non possono considerarsi amici di questo Paese.
Potremmo metterla in questi termini. Le elezioni degli “amici” sono sempre regolari, mentre quelle dei nemici sono sempre una “frode”, a dimostrazione dell’ipocrita doppio standard che governa le sempre più corrotte democrazie Occidentali.
A dare il via al fiume di menzogne anche in questa occasione è stato il Washington Post che ha proposto un suo exit poll nel quale affermava che l’opposizione in Venezuela avrebbe vinto con il 65% di voti, peccato però che non c’è traccia di questo 65% nei voti reali e a questo punto appare chiaro che i sondaggi dei vari istituti Occidentali sono come i numeri al lotto.
Ne puoi dare quanti ne vuoi, ma essi non esistono nella realtà.
Una volta compreso che in Venezuela non c’è stata frode e che le elezioni sono state regolari sarebbe il caso di soffermarsi ora sulla storia recente di questo Paese e sul perché ci sia una feroce battaglia su di esso da 25 anni a questa parte.
Il Venezuela: da colonia dell’anglosfera a Chavez
Il Venezuela fino alla fine degli anni 90 era sostanzialmente una periferia dell’anglosfera in America Latina.
Washington ha sempre messo in atto la dottrina Monroe per quello che riguarda l’intero continente americano, e tale dottrina si è tramutata semplicemente nel dominio dell’impero americano per tutto il Sudamerica.
Il Sudamerica è una zona di mondo che pullula di risorse naturali. Ci sono oro, petrolio, rame, zinco e altri metalli che sono strategici per la produzione di molti materiali e fanno gola alle potenti corporation angloamericane che vogliono avere il controllo di quelle risorse per dominare i mercati.
Un esempio dello scontro di interessi tra i Paesi dell’America Latina e il potere economico dell’anglosfera è quello al quale si assistette ai tempi della presidenza di Salvador Allende in Cile.
Il Cile è un Paese nel quale ci sono ricchissime miniere di rame e queste, come noto, rappresentano una risorsa strategica per la distribuzione dell’energia elettrica, in quanto i cavi usati per portare la corrente sono in rame, uno dei conduttori migliori e meno costosi tra le materie prime più pregiate.
In Cile, la compagnia che controllava la produzione nazionale di rame era la celebre Anaconda, e se guardiamo un po’ alla storia di questa società, vediamo che i nomi che la controllavano erano quelli delle onnipresenti famiglie della finanza askenazita, quali i Rothschild e i Rockefeller.
L’ascesa al potere di Allende dopo le elezioni del 1970 rappresenta un problema poiché il nuovo presidente decide di nazionalizzare le risorse di rame che passano sotto il controllo dello Stato.
Henry Kissinger decide così di risolvere il “problema” dei Rockefeller attraverso l’organizzazione di un colpo di Stato che depone Allende nel 1973 e mette al suo posto Pinochet, l’uomo “benedetto” da Washington e dall’anglosfera.
Quello che si è verificato in Cile è il conflitto che ha influenzato tutto il secolo scorso, ovvero quello tra gli Stati nazionali sempre più depotenziati progressivamente della loro sovranità dopo la fine della seconda guerra mondiale, e i vari potentati della finanza di New York e Londra, che sono stati, purtroppo, i veri detentori del potere nel secolo scorso.
Il processo al quale si assiste in Venezuela non è molto dissimile da quello che si è verificato in Cile.
Hugo Chavez e le nazionalizzazioni del Venezuela
Nel 1998 sale al potere un uomo che non è stato scelto in anticipo dai poteri dell’anglosfera e che decide di restituire le risorse petrolifere nazionali al Paese e al suo popolo.
Quell’uomo è l’ex ufficiale dell’esercito Hugo Chávez che si guadagna un trionfo elettorale in quell’anno tale da aggiudicarsi il 58% delle preferenze.
Chávez segue il percorso seguito e tracciato da Allende già nel 1971. Il presidente venezuelano attua una serie di nazionalizzazioni sotto la sua presidenza, che finirà soltanto con la sua precoce morte nel 2013, e che manda su tutte le furie quelli che erano i veri padroni del Paese fino al 1997.
Se si dà uno sguardo alle industrie nazionalizzate dallo statista venezuelano si vede che gli attori che hanno pagato lo scotto delle sue politiche economiche sono, ad esempio, la francese Total e le americane Exxon e ConocoPhillips, alla quali Chavez tolse i diritti di sfruttamento di progetti petroliferi nella regione dell’Orinoco nel 2007.
La consultazione dell’azionariato di queste corporation ci aiuta a comprendere quali interessi stava toccando il leader venezuelano.
La Exxon e la ConocoPhillips sono di proprietà degli ormai “leggendari” fondi di investimento BlackRock e Vanguard nei quali ci siamo imbattuti in svariate occasioni, poiché questi due fondi detengono il controllo dell’economia mondiale.
Chavez conduce una battaglia per la sovranità del suo Paese e tale battaglia non può non passare dalla riconquista delle risorse nazionali.
A Washington non sono affatto contenti del nuovo corso politico intrapreso dal Paese, e nel 2002, la lobby sionista neocon tenta di rovesciare il presidente in un golpe diretto dal famigerato John Bolton, politico americano di origini ebraiche, membro dell’amministrazione Bush, nonché architetto della guerra all’Iraq nel 2003, e vicinissimo alla potente lobby filo-israeliana dell’AIPAC che esercita un fortissimo ruolo di controllo sul Congresso americano.
Ora se alcuni lettori pensano di poter derubricare il presidente venezuelano nella categoria dei marxisti o dei comunisti, ci dispiace informarli che sono in errore a meno che questi non siano così superficiali come alcuni commentatori angloamericani che non appena sentono parlare di nazionalizzazioni gridano immediatamente al “comunismo”.
L’economia del Venezuela ha seguito un modello di economia mista dal 1998 in poi e, sotto molti aspetti, Chavez non ha fatto altro che ispirarsi al percorso seguito dall’Italia dagli anni’30 in avanti quando fu costituito l’IRI ai tempi del fascismo, e che fu poi anche il pilastro della riscossa della rinascita economica italiana nel dopoguerra.
La proprietà privata dei piccoli e medi imprenditori venezuelani non fu mai messa in discussione e anche per ciò che riguarda la filosofia morale del chavismo si può affermare che in esso c’è ben poco di comunista o marxista.
Non c’è stata traccia della secolarizzazione che i regimi comunisti hanno portato in altre parti del mondo dal momento che lo stesso Chávez affermava che non bisognava ispirarsi al leninismo e al trotzkismo ma piuttosto ai valori della fede cristiana.
Se proprio si volesse cercare di iscrivere il chavismo in una corrente politica, a nostro parere questo è molto più vicino alla impostazione del socialismo nazionale e invece molto lontano dal territorio del marxismo.
Maria Corina Machado: la donna dell’anglosfera
E questa impostazione sovranista del chavismo è rimasta immutata anche sotto il mandato di Maduro, a differenza di quello che vorrebbe fare invece l’attuale leader dell’opposizione della quale si accennava in precedenza, Maria Corina Machado, che ha un’agenda politica che potrebbe definirsi come una sintesi politica delle istanze liberali e marxiste.
La Machado vorrebbe infatti interrompere e rovesciare il percorso economico seguito dal Venezuela per riconsegnare le industrie petrolifere, quelle dell’energia elettrica e delle telecomunicazioni ai soliti fondi di BlackRock e Vanguard, e ciò significherebbe semplicemente che il Paese tornerebbe ad essere di proprietà dei Rothschild e dei Rockefeller.
Il Venezuela sotto l’opposizione verrebbe sottoposto ad una brutale ondata di privatizzazioni e le risorse strategiche del Paese passerebbero dalle mani dello Stato a quelle dei potentati stranieri che tornerebbero ad essere i dominus indiscussi del Paese.
La leader della opposizione venezuelana ha in mente anche quella che potrebbe essere definita una destrutturazione morale delle radici cristiane del Paese attraverso una vera e propria secolarizzazione del Venezuela.
La Machado propone infatti la legalizzazione dell’aborto, la distribuzione della cannabis, i matrimoni gay, e, come se già non fosse abbastanza, l’eutanasia.
Appare evidente che questa cosiddetta destra liberale venezuelana non è molto distante da una versione venezuelana del partito radicale italiano in quanto questi punti sono presi direttamente dall’agenda di quella famiglia di partiti liberali e progressisti che hanno trasformato diversi Paesi, ad esempio l’Olanda, in fetidi pozzi di corruzione morale senza più traccia alcuna delle precedenti radici cristiane.
La Machado ha chiaramente un solo scopo.
Quello di trasformare il Venezuela in una nuova colonia nelle mani dei signori dell’anglosfera e questo spiega anche come la politica venezuelana sia da tempo in stretto contatto con gli esponenti del mondo neocon americano, tanto che l’ex presidente Bush la ricevette alla Casa Bianca già nel 2005.
Voler quindi provare a definire il Venezuela come “comunista” o la leader della destra liberal-marxista come una “paladina della libertà” non sarebbe altro che un grave errore di analisi che finirebbe per ingannare il lettore e portarlo a sostenere paradossalmente gli interessi dell’alta finanza in Venezuela.
La battaglia per il Venezuela è quella che ogni Paese che una leadership non sottomessa ai voleri di BlackRock e Vanguard dovrebbe combattere.
Negli anni passati probabilmente molti lettori ricordano che questo Paese ha attraversato una dura crisi economica, e ovviamente se si sfogliano le pagine dei quotidiani Occidentali, si vedrà che ciò è stato il risultato delle sue presunte politiche marxiste, mai esistite in realtà, quando invece quanto accadeva in Venezuela era il diretto risultato di una feroce guerra economica che non si è mai interrotta da quando Chavez divenne presidente nel 1998.
E’ la guerra per conquistare questo Paese e farlo tornare parte del cortile dell’anglosfera sempre più piccolo e sempre più in crisi.
Il presidente Maduro ha fatto una riflessione molto intelligente in questi giorni quando si è soffermato a commentare i tentativi di rovesciare il suo governo tramite l’ennesima rivoluzione colorata.
Maduro ha affermato che coloro che stanno cercando di mettere fine alla sua presidenza sono gli stessi poteri che hanno cercato di uccidere Trump e che hanno ucciso JFK.
Il filo che lega questa sovversione internazionale è sempre quello della finanza askenazita e dei suoi signori quali i citati Rothschild, Rockefeller, DuPont e Morgan.
Sono loro che vogliono instaurare un governo fantoccio in Venezuela. Sono loro che da più di un secolo soffocano la libertà dei popoli e la sovranità delle nazioni.
Fonte: https://www.lacrunadellago.net/perche-blackrock-vuole-mettere-le-mani-sul-venezuela/
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