Una colossale truffa fiscale, economica e finanziaria, ai danni della Comunità Europea e della libera concorrenza nella vendita di benzina e gasolio, è stata sgominata dalla Guardia di Finanza di Parma che ha eseguito un sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di 149 milioni di euro. Attraverso gli ormai tristemente noti sistemi delle truffe carosello, delle false fatturazioni e delle società cartiere, introdotti in Emilia Romagna dalla ‘ndrangheta economica incastrata dall’inchiesta Aemilia, una associazione a delinquere con base a Parma acquistava ingentissimi quantitativi di benzina e gasolio rivendendoli a prezzi ribassati rispetto agli standard di mercato.
La richiesta di sequestro arriva dall’Eppo, la Procura Europea presieduta da Laura Kövesi che ha il compito di indagare sui reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione. Una Procura indipendente, che ha proseguito il lavoro istruito dalla Procura di Parma, nata nel 2019 su accordo di 22 paesi europei per contrastare truffe fiscali, corruzione e frodi Iva transfrontaliere che superino i 10 milioni d’euro. L’azienda attorno a cui ruota la truffa secondo la Procura è la Boschi Pietro e C. srl, denominata anche Boschi Petroli, alla quale sono state sequestrate 17 pompe di benzina tra Parma e Reggio Emilia, Brescia, Lodi e Verona. Compravano la materia prima in raffinerie della Slovenia e della Croazia rivendendola agli automobilisti nelle pompe bianche (senza insegna) di proprietà. Formalmente il carburante transitava per imprese del Regno Unito, della Romania e della Basilicata, poi attraverso 31 società cartiere, cioè inesistenti, prima di arrivare al deposito di Parma. L’associazione a delinquere che aveva pianificato la frode, secondo le ricostruzioni della Guardia di Finanza, era composta da tre soggetti italiani che operavano da centri diversi: Napoli, Dubai e Miami. Le società cartiere, utili solamente a far perdere le tracce del commercio, erano prive di depositi per lo stoccaggio dei prodotti petroliferi, di personale dipendente e di automezzi idonei al trasporto di carburante. Inoltre erano intestate a rappresentanti legali nullatenenti o pregiudicati, il che non impediva loro di registrare vertiginosi aumenti di fatturato assolutamente anomali nel mercato della distribuzione. In alcuni casi tra le società intermediarie si infilava una seconda impresa realmente esistente, con sede a Potenza, per confondere ulteriormente le acque. Solo per questo servizio la società della Basilicata avrebbe ottenuto un guadagno tra il 2016 e il 2018 quantificato in oltre 2 milioni di euro.
Obbiettivo finale di questa complessa triangolazione era evadere l’Iva a debito, con un danno per l’erario che è stato quantificato in oltre 92 milioni di euro. L’organizzazione otteneva così i prodotti petroliferi a prezzi ineguagliabili, riuscendo a sconfiggere la concorrenza con l’effetto di alterare il mercato. Nel corso delle indagini le Fiamme Gialle avevano perquisito nel 2019 la sede principale della Boschi a Parma, trovando 1,3 milioni di euro e circa 200mila dollari in contanti. Sono tutt’ora in corso altre perquisizioni, che interessano le province di Parma, Padova, Potenza, Napoli, Salerno, L’Aquila e Lucca, per completare le operazioni. Il deposito di Parma della Boschi è uno dei più grandi dell’Emilia Romagna, con una capacità di stoccaggio di carburanti per autotrazione pari a circa 1000 metri cubi.
Una curiosità per concludere: il 5 marzo del 2022 la Boschi Pietro e C. srl ha manifestato la volontà di cedere gratuitamente al Comune di Parma un’area in centro città, all’angolo tra via Boccherini e via Zarotto. Il consiglio comunale ha accettato la proposta con una apposita delibera votata il 12 dicembre dello scorso anno. Se e in cambio di che cosa, non è noto.
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