Lo spettacolo è a dir poco ripugnante, e per fortuna non manca molto alla sua conclusione.
Sul Quirinale, il palazzo che un tempo era la casa dei papi, svetta la bandiera della Union Jack britannica issata lì su ordine del presidente Mattarella in “omaggio” alla visita dei reali inglesi.
E’ un atto di sottomissione spudorata, una sorta di bacio della pantofola di un sistema politico che sin dalla seconda guerra mondiale è stata la diretta emanazione della cosiddetta anglosfera.
L’anglosfera è stata difatti quel blocco geopolitico che ha scritto in larga parte la storia del secolo scorso, e le pagine che ha lasciato sono probabilmente tra le peggiori che la storia moderna ricordi.
Il potere dell’impero britannico è stato quello che, ad esempio, decise di mettere a ferro e fuoco il Medio Oriente per compiacere la famiglia Rothschild, che aveva già deciso sul finire dell’1800 che la Palestina, all’epoca appartenente all’impero Ottomano, dovesse diventare la casa degli ebrei.
La diaspora iniziata ai tempi dell’imperatore Tito, odiato dal mondo ebraico, doveva finire per far sì che gli ebrei tornassero alla loro antica terra, anche se questa non era più loro da 2000 anni, e anche se gli ebrei contemporanei poco o nulla hanno che vedere con quelli dei tempi di Cristo, in quanto in larga parte originari del regno di Cazaria, territorio oggi in larga parte nelle mani dell’Ucraina.
Londra è stato un formidabile “agente” della sovversione internazionale.
Se i Rothschild disponevano, la corona britannica prontamente eseguiva e laddove magari c’era quiete e ordine, arrivano disordine e devastazione perché i banchieri che siedono su un impero fatto di guerre e sangue, non stanno cercando soltanto il potere finanziario, ma il dominio “spirituale” e assoluto del loro moschiach sull’umanità intera.
E’ il tema proibito dell’aspirazione del sionismo contemporaneo, taciuto dagli organi di stampa e invece rivendicato con pieno orgoglio dalla lobby ebraica più influente e importante del mondo, ovvero quella dei famigerati Chabad Lubavitch.
Londra e l’Unità d’Italia
Anche la storia stessa dell’Italia è stata scritta, suo malgrado, da Londra.
Verso la metà dell’1800, l’Italia si trovava ancora divisa negli Stati pre-unitari, ma proprio in Inghilterra si era deciso di avviare un processo di unificazione di questo Paese, nient’affatto per ragioni patriottiche, ma per semplice e viscerale odio alla Chiesa Apostolica Romana.
Il Risorgimento è intriso dello spirito massonico in ogni sua parte. I cosiddetti padri della patria che portarono all’unificazione dell’Italia non erano uomini di fede e veri patrioti.
Erano uomini iscritti alle massonerie come lo era Giuseppe Mazzini, membro della superloggia del rito palladiano assieme al suo sodale Albert Pike, e lo era Giuseppe Garibaldi, membro della loggia di Mizraim, la stessa alla quale si unì nei primi dell’900 il satanista Aleister Crowley.

Mazzini e Garibaldi
Il risorgimento voleva costruire una Italia massonica e liberale che nulla aveva a che vedere con l’Italia cattolica e latina dei secoli passati.
Era una operazione questa finanziata anch’essa dalla famiglia Rothschild che donò laute somme di denaro a Garibaldi, sempre per costruire questa falsa Italia che avesse in odio la Chiesa di Roma.
Soltanto il fascismo da quando ci fu l’unità d’Italia ha segnato di fatto la separazione di Roma dall’anglosfera e dalla massoneria, tanto che Mussolini stesso sin dai primi istanti della nascita del suo movimento politico dopo la prima guerra mondiale si trovò principalmente di fronte i due avversari che regnavano sull’Italia, ovvero la Gran Bretagna e la massoneria.
Londra non voleva che l’Italia diventasse un Paese realmente sovrano, e Mussolini, che ben conosceva la politica internazionale, sapeva che era la corona britannica la forza che aveva avuto in mano le chiavi della sovranità dell’Italia dal 1861 in poi.
La massoneria, seppur provando ad infiltrare il fascismo, ebbe un amaro risveglio nel 1925 quando il presidente del Consiglio decise di approvare la legge che scioglieva non soltanto le logge, ma anche quell’alleanza tra le massonerie e Londra che deteneva i destini dell’Italia fino a pochi anni prima.
La seconda guerra mondiale è stato purtroppo un ritorno al passato.
Roma cade di nuovo nelle mani dell’anglosfera e le massonerie che erano state messe al bando vengono ricostituite e divengono le protagoniste della scena politica, tanto da scrivere la Costituzione del’48 pochi anni dopo, fatto del quale ancora oggi i grembiulini si fregiano con orgoglio.
La storia d’Italia più recente è stata evidentemente quindi una storia di amara sottomissione a potenze straniere, a loro volta nelle mani di quel potere finanziario e bancario, vero protagonista in negativo del dopoguerra e vero padrone della politica internazionale attraverso la sua progressiva supremazia e affermazione sopra lo Stato nazionale, svuotato dal1945 in poi delle sue prerogative essenziali.
Lo scettro dell’anglosfera passa però da Londra a Washington, in quanto gli Stati Uniti sono la nazione “eletta” per presidiare l’impero per via della loro smisurata forza militare ed economica.
Lo status quo è rimasto così immutato per decenni.
Se c’era qualcosa che non era gradita alla Casa Bianca in Italia, allora si provvedeva a rimuoverla come accaduto ai tempi del rapimento di Aldo Moro, condannato a morte dal segretario di Stato americano, Henry Kissinger, amico intimo di Agnelli e eminenza grigia di tanti esclusivi circoli del mondialismo, quali il club di Roma, il gruppo Bilderberg e il Bohemian Grove, il luogo dove la cabala ama celebrare le sue cerimonie esoteriche in omaggio al dio Moloch.
Il 1992 è, per così dire, l’apoteosi del potere Washington ha su Roma, perché la prima decide di disfarsi di una intera classe politica, con la sola eccezione dei nuovi protetti americani del PDS, come una scarpa vecchia perché all’impero non servono politici veri, ma zerbini ai quali trasmettere ordini da eseguire pedissequamente.
Nasce così la infame Seconda Repubblica.
Sulla scena giungono i vari vincitori della rivoluzione colorata del 1992 come Prodi, Ciampi, D’Alema, Napolitano e lo stesso Mattarella.
Gli uomini di Washington fanno quello che vuole Washington.
Distruggono un Paese che era il giardino d’Europa per marchiarlo nell’infame definizione anglosassone dei PIGS, l’acronimo che in inglese significa “maiali” e racchiude i Paesi del Sud – Europa quali Portogallo, Italia, Grecia e Spagna.
Tale epiteto ben incarna tutto il disprezzo che il mondo protestante capitalista nutre nei confronti del mondo cattolico, così ostile invece alle logiche rothschildiane che assegnano al denaro un potere assoluto sopra le nazioni.
L’era di Trump e la fine dell’impero americano
Nulla per molti anni sembrava scalfire il piccolo orticello degli infami traditori dell’Italia fino a quando a Washington non è giunto Trump, il presidente che ha deciso di porre fine all’impero americano e la sottomissione all’America alle famiglie che hanno in mano la Federal Reserve Bank dal 1913.

Donald Trump
Lo sconcerto nei marci palazzi della politica italiana è massimo.
I vari passacarte dello stato profondo italiano si mettono subito a disposizione per rovesciare il presidente Trump in due occasioni, prima nello scandalo dello Spygate nel 2016 e in seguito attraverso l’Italiagate nel 2020, ma ogni tentativo è vano.
Il presidente Trump non esce di scena e torna protagonista più forte di prima.
Adesso si assiste ad un ennesimo ritorno al passato, o alle origini di questo Paese.
Gli orfani di Washington si guardano intorno smarriti e impauriti, non sanno a chi rivolgersi per poter preservare il loro declinante status quo, e allora tornano al loro primo amore.
Si tenta la carta di Londra e si cerca la protezione della corona britannica, ma l’idea stessa di mettersi sotto l’egida del Regno Unito dimostra tutta la disperazione del sistema politico italiano e del suo garante, Sergio Mattarella.
Il declino della Gran Bretagna e della dinastia dei Windsor
Londra non è certo l’impero che era ai tempi del Risorgimento, né tantomeno quello che era agli inizi del secolo scorso, quando strappò la Palestina agli ottomani per trasformarla nell’insediamento del sionismo voluto da uomini come Theodor Herzl.
Londra è ormai l’ombra di sé stessa.
E’ un Paese in preda, come gli altri Paesi dell’Europa Occidentale, al declino demografico, alle immigrazioni incontrollate e al cavallo di Troia dello ius soli che ha trasformato le città britanniche in enclavi dell’islamismo, così come voleva il conte Kalergi, gentilmente sovvenzionato dalla finanza ebraica.
La sua potenza militare non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella degli Stati Uniti e le sue continue provocazioni nei confronti di Mosca, appaiono ad ampi tratti come le velleità di chi vorrebbe riportare in vita un impero e un potere che non esistono più e che non possono più tornare.
La corona stessa non è mai stata così debole, e la sopravvivenza della dinastia dei Windsor non è mai stata così incerta proprio come in questo momento.
Il perno di questa dinastia, Elisabetta II, non c’è più e non è stato di certo sostituito degnamente da suo figlio Carlo.
Elisabetta era la figura chiave della monarchia.
Era lei il monarca che aveva un ruolo di assoluto piano nel comitato dei 300, uno dei circoli più esclusivi del mondialismo, ed era lei uno dei riferimenti più potenti della massoneria mondiale.
A Londra, c’è la famosa United Grand Lodge of England, presieduta proprio dal cugino di Elisabetta, Michael, sparito da un po’ di tempo dalla scene come altri personaggi della famiglia reale che nell’ultimo anno e mezzo sembrano aver lasciato la scena pubblica.
Carlo non è in grado di reggere sulle sue fragili spalle il peso della monarchia.
Non ha né il carisma, né le abilità politiche di sua madre, e la sua cagionevole salute indica che presto potrebbe lasciare il trono a suo figlio, William, anche se l’erede designato non si sa bene dove sia.

Il principe William
Lontano da Buckingham Palace, e visto spesso soltanto in eventi mondani o ludici, William non è dovrebbe essere.
Non è vicino a suo padre nel momento in cui la sua presenza sarebbe più necessaria, quando in questo momento l’ultima speranza della sua famiglia appare essere soltanto lui, perché Henry ormai vive da anni da esiliato proprio negli Stati Uniti di Trump.
Negli ultimi tempi ci sono stati poi anche degli oscuri “presagi” per la salute della corona.
Lo scorso aprile per le strade di Londra si videro infatti correre cavalli militari sporchi di sangue.
Soprattutto a colpire fu il cavallo bianco intriso di sangue che ad alcuni è sembrato un po’ troppo “teatrale”, quasi che quella corsa equina fosse stata voluta da qualcuno per mandare qualche messaggio sullo stato della corona.

Qualsiasi sia la verità su quel misterioso incidente, è ovvio che Londra non può tornare a vestire i panni del garante del vecchio ordine liberale costruito alla fine della seconda guerra mondiale.
Non c’è Yalta oggi. Non ci sono le grandi potenze al tavolo che si spartiscono le zone di influenza del pianeta, e inaugurano l’età degli imperi.
Non ci sono nemmeno più i Rothschild che mettevano il dito sul petto di Carlo, e che oggi si ritrovano privi dei loro due storici leader, Jacob ed Evelyn, senza dimenticare il fatto che la famiglia originaria di Francoforte ha deciso persino di mettere all’asta la sua storica collezione d’arte, segno che forse i forzieri non abbondano più come una volta.
Le grandi potenze oggi, quali Stati Uniti, Russia e Cina, non appartengono all’anglosfera e non hanno alcun interesse a far sorgere la governance mondiale che avrebbe dovuto sorgere dopo il mancato “successo” della farsa pandemica.
Queste tre potenze sono quelle che più di tutte hanno traghettato il mondo verso il ritorno degli Stati nazionali e la conseguente fine del potere delle forze sovranazionali.
A cercare di presidiare quello che nei fatti già non c’è più restano appunto la debole Londra di Starmer, assieme alla altrettanto debole Unione europea che proprio ieri ha messo in atto la peggiore mossa possibile che potesse fare in un’ottica di contenimento dei danni.
Bruxelles ha deciso infatti di rispondere ai dazi di Trump attraverso la mossa più folle possibile, ovvero con un 25% di rincari su diversi beni americani, nonostante il presidente americano avesse messo in guardia gli eurocrati.
Chi risponderà, verrà colpito duramente e se si è dalla parte attiva della bilancia dei pagamenti, come l’Unione europea, non è certamente una buona idea rispondere con i dazi ad altri dazi, a meno che non si voglia essere commercialmente annichiliti del tutto.
L’UE in pratica che basa la sua crescita economica sulle esportazioni sempre in omaggio alla massima mercantilista del “impoverisci il tuo vicino” si sta impiccando con la corda che Trump stesso gli ha dato, e in tal caso non bisogna fare altro che gli eurocrati continuino a fare quello che stanno facendo.
Se il presidente Trump è il martello, Bruxelles è l’incudine che colpisce sé stessa.
Cosa resta allora di questa umiliante e ridicola visita dei reali inglesi invitati da Mattarella a Roma?
Nulla in termini politici, se non appunto il ripugnante spettacolo di un sistema politico, quello partorito da Cassibile e da Mani Pulite, che per sopravvivere non sa fare altro che inginocchiarsi per restare al suo posto.
Stavolta però non è soltanto il servo ad essere finito in ginocchio.
E’ anche il suo padrone.