Dopo la infausta rivoluzione liberal-marxista del 1968, in Italia hanno iniziato a moltiplicarsi tutta una serie di comuni e comunità ispirate molto alla filosofia dei cosiddetti hippie, i famosi “capelloni” che praticavano l”amore libero” negli anni’60 e ‘70.
Erano gli anni di Woodstock, e gli anni nei quali si stava affermando in tutto il mondo Occidentale uno stile di vita molto diverso dalle generazioni del passato.
Si credeva che la vita valesse la pena essere vissuta soltanto in nome delle passioni più sfrenate tanto è vero che in quel tempo a dominare la cosiddetta cultura della generazione beat era lo slogan “sesso, droga e rock & roll”.
Non era quella una sorta di moda passeggera dovuta ad uno spontaneo senso di ribellione delle giovani generazioni dell’epoca, ma il risultato di un qualcosa di molto più raffinato e sofisticato.
Era in realtà un processo di ingegneria sociale studiato da menti molto raffinate, per citare il compianto Giovanni Falcone, che voleva seminare il germe della rivolta nelle teste dei giovani e portarli a odiare tutta la civiltà tradizionale cristiana degli anni passati.
Era la guerra al patriarcato, la guerra alla famiglia, la guerra alla patria, e la guerra soprattutto a Dio poiché il pensiero primo di quei filosofi che hanno partorito questa impalcatura ribelle era dominato dall’odio verso la cristianità e la tradizione.
Sono gli uomini della scuola di Francoforte i veri padrini del 1968 e sono loro, filosofi tedeschi ebraici, nelle loro opere a scrivere che occorreva disfarsi di tutti i precedenti costumi e tradizioni di un tempo per far nascere una società nella quale la famiglia per come la si era conosciuta in passato non dovesse esistere più.
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Max Horkheimer, a sinistra, e Thedor Adorno, a destra, tra i fondatori della scuola di Francoforte
La famiglia è da sempre il grande spauracchio di tutti quegli ambienti massonici e talmudici che da lungo tempo ambiscono alla scristianizzazione della società, dato che essa è il caposaldo sul quale poggia il mondo cattolico e cristiano sul quale si fonda l’esistenza stessa dello Stato nazionale.
Una patria senza famiglia è un albero senza radici, ed è del tutto evidente che se si perdono le seconde nulla resterà del mondo di un tempo e la stessa identità nazionale, etnica e religiosa di una patria sarà destinata a soccombere nel mare della tanto esaltata diversità.
Il’68 è il padre delle comuni perché queste collettività sono il laboratorio di scomposizione della famiglia da sostituire invece con una società liquida, nella quale i bambini sono figli di tutti e di nessuno, e dove anche il tabù della pedofilia non solo viene rimosso, ma anzi praticato fino alle sue più estreme conseguenze perché il cosiddetto “amore” dev’essere “libero” e senza freni, anche se ciò significa consegnare il fanciullo agli orchi.
In fondo i filosofi marxisti e freudiani di Francoforte non sono altro che apologeti di un ritorno al paganesimo, forse ancora più perverso e malvagio di quello visto ai tempi delle antiche civiltà babilonesi e israelitiche che in nome del satanico dio Moloch non avevano alcuna difficoltà a sacrificare e uccidere innocenti bambini.
Il presente neopaganesimo è però, se possibile, ancora più corrotto perché esso non ha nemmeno l’attenuante, per così dire, di non aver conosciuto il messaggio evangelico cristiano a differenza dell’epoca pre-cristiana, ma anzi si fa fregio e vanto di ripudiare e oltraggiare qualsiasi retaggio cristiano.
La storia del Forteto e dei pedofili che lo fondarono
E’ così che iniziano a spuntare in tutta Europa e negli Stati Uniti queste comuni del sesso libero ed è così che nasce la storia del Forteto, questa piccola comunità che nasce nel lontano 1977, nel Mugello, tra le verdeggianti campagne toscane che sotto la loro innocente bellezza hanno spesso nascosto inquietanti segreti e tremendi omicidi rituali massonici quali quelli del mostro di Firenze.
A quel tempo, iniziano a sorgere queste comunità dove c’è un leader carismatico che altro non è che il guru di una setta che attraverso metodi repressivi e di lavaggio del cervello spinge gli iniziati ad eseguire tutto ciò che il “maestro” dice, compresi abusi sessuali e punizioni corporali.
Il Forteto si presenta come una cooperativa agricola di stampo cattolico e invece assomiglia più ad una setta satanica nella quale si praticano programmi di lavaggio del cervello e violenze che ricordano molto quelle dei famigerati programmi della CIA, Monarch e MK Ultra.
Nelle campagne fiorentine, il guru di questa comunità, Rodolfo Fiesoli, non è certo al cattolicesimo tradizionalista che si ispira, ma piuttosto a quello liberale e progressista che attinge molto dagli “insegnamenti” della citata scuola di Francoforte e del medico tedesco ebreo Magnus Hirschfeld, anch’egli famigerato pedofilo ai tempi della repubblica di Weimar in Germania negli anni’20.
Coloro che entravano nell’istituto di sessuologia di Hirschfeld venivano iniziati all’omosessualità e la stessa iniziazione avveniva nel Forteto, nel quale si veniva costretti al sesso gay.
Fiesoli faceva di tutto per scoraggiare le famiglie e gli adolescenti che venivano mandati da lui a essere normali.
La devianza era il caposaldo di tutta la comune.
Inizia una storia di abusi che attraversa i decenni e che vede Fiesoli difeso da un sistema giudiziario e politico.
Le denunce infatti non mancavano certo già all’epoca.
Sin da quando la comunità del guru pedofilo ha mosso i suoi primi passi, le autorità furono messe al corrente di quanto avveniva al Forteto.
A farlo, tra gli altri, è stato proprio uno dei primi ad essere finito in quel luogo di perversione, ovvero Edoardo Martinelli che nel 2014 raccontò così la sua esperienza iniziata nel 1977 e durata pochi mesi dopo la sua fuga dalla Toscana.
“Lo scontro con Rodolfo fu sulla sua idea di comunità rigida e sulla terapia selvaggia basata sulle confessioni pubbliche. Attuarono quella terapia selvaggia con una mia amica, disperata perché da bambina suo padre aveva abusato di lei. Cercarono di applicarla anche a me. Rodolfo mi guardava negli occhi, mi voleva far dire che ero un abusato, addirittura che anche Don Milani era un abusante, era come se mi volesse ipnotizzare. Erano pressioni disumane. Tutto un gruppo faceva coercizione. Siccome credo di non aver mai perso del tutto la lucidità, dissi a Rodolfo [Fiesoli]: “Si va io e te da Don Bensi, il mio confessore” (…) Non si fa a tempo a entrare che Rodolfo gli fa il suo sorriso e gli mette la mano sui genitali (era un suo vezzo). Don Bensi gli sferrò uno sganassone e lo cacciò a calci nel sedere. Poi mi disse: “Questo è pazzo, è uno psicotico attivo”. Quel giorno capii che ero finito in un bordello»”
La comune “cattolica” di Fiesoli era un luogo sorto non per aiutare famiglie e bambini in difficoltà, ma, come si vede, per disgregare le famiglie e darsi ai vari abusi pedofili e omosessuali.
Se c’era una qualche verità in quanto detto dal “profeta”, così si faceva chiamare Fiesoli, era proprio quella su don Milani, il sacerdote di origini ebraiche, che non nascondeva le sue inclinazioni pedofile e omosessuali persino nella sua corrispondenza, e questo aiuta a comprendere meglio perché questo prete fosse il “modello” del guru toscano.
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Don Milani
Le confessioni pubbliche sembrano comunque essere una pratica costante di queste sette, e se ne è già avuto un esempio quando si trattò il caso di un’altra setta, quella dei neocatecumenali, fondata da un altro guru, Kiko Arguello Wirtz, un pittore spagnolo che ha avuto tantissima fortuna dopo l’avvento del Concilio Vaticano II.
Il silenzio della Chiesa post-conciliare sulla rete pedofila
La nuova chiesa post-conciliare non ha certo alcuna intenzione di sbarrare le porte a quelle comunità o a quei movimenti che cercano di erodere dall’interno il cattolicesimo tradizionalista, ma si premura invece di dargli non pochi ringraziamenti e riconoscimenti pubblici come avvenuto proprio per i citati neocatecumenali.
Il Forteto nonostante le diverse denunce e condanne del suo guru, Fiesoli, non viene sfiorato a sua volta né dalla condanna della curia toscana né da quella della curia romana che non aprì nemmeno un’inchiesta per appurare quanto stava accadendo nella cooperativa toscana.
Il Tribunale dei Minori di Firenze presieduto allora da Giampaolo Meucci, amico proprio “casualmente” del pederasta don Milani, affidava a questa comunità pedofila bambini senza colpo ferire, e i vari sacerdoti del Mugello anziché denunciare quanto accadeva in quel posto, arrivavano a raccomandare gli affidi all’orco Fiesoli.
Nessun pontefice risulta che si interessò mai alla questione.
Né Giovanni Paolo II che è stato il papa nel periodo nel quale continuarono a verificarsi indisturbati gli abusi pedofili nella comunità né risulta che fecero alcunché i suoi successori, Benedetto XVI e Francesco, che anzi sembra avere una particolare predilezione per quei luoghi nei quali la pedofilia è di casa, e la famiglia invece è il “nemico” da sradicare.
Gli uomini di Chiesa che vanno in visita al Forteto sembrano invece esserne entusiasti come lo era, tra gli altri, padre Alex Zanotelli – il missionario comboniano che ama indossare più degli sgargianti abiti a fiori che l’abito talare – che si recò nel 2003 in quella comunità e disse che lì “più famiglie alla luce del Vangelo vivono controcorrente attraverso il lavoro di diverse cooperative e la comunione dei beni.”
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Don Milani
Le confessioni pubbliche sembrano comunque essere una pratica costante di queste sette, e se ne è già avuto un esempio quando si trattò il caso di un’altra setta, quella dei neocatecumenali, fondata da un altro guru, Kiko Arguello Wirtz, un pittore spagnolo che ha avuto tantissima fortuna dopo l’avvento del Concilio Vaticano II.
Il silenzio della Chiesa post-conciliare sulla rete pedofila
La nuova chiesa post-conciliare non ha certo alcuna intenzione di sbarrare le porte a quelle comunità o a quei movimenti che cercano di erodere dall’interno il cattolicesimo tradizionalista, ma si premura invece di dargli non pochi ringraziamenti e riconoscimenti pubblici come avvenuto proprio per i citati neocatecumenali.
Il Forteto nonostante le diverse denunce e condanne del suo guru, Fiesoli, non viene sfiorato a sua volta né dalla condanna della curia toscana né da quella della curia romana che non aprì nemmeno un’inchiesta per appurare quanto stava accadendo nella cooperativa toscana.
Il Tribunale dei Minori di Firenze presieduto allora da Giampaolo Meucci, amico proprio “casualmente” del pederasta don Milani, affidava a questa comunità pedofila bambini senza colpo ferire, e i vari sacerdoti del Mugello anziché denunciare quanto accadeva in quel posto, arrivavano a raccomandare gli affidi all’orco Fiesoli.
Nessun pontefice risulta che si interessò mai alla questione.
Né Giovanni Paolo II che è stato il papa nel periodo nel quale continuarono a verificarsi indisturbati gli abusi pedofili nella comunità né risulta che fecero alcunché i suoi successori, Benedetto XVI e Francesco, che anzi sembra avere una particolare predilezione per quei luoghi nei quali la pedofilia è di casa, e la famiglia invece è il “nemico” da sradicare.
Gli uomini di Chiesa che vanno in visita al Forteto sembrano invece esserne entusiasti come lo era, tra gli altri, padre Alex Zanotelli – il missionario comboniano che ama indossare più degli sgargianti abiti a fiori che l’abito talare – che si recò nel 2003 in quella comunità e disse che lì “più famiglie alla luce del Vangelo vivono controcorrente attraverso il lavoro di diverse cooperative e la comunione dei beni.”
Fonte: https://www.lacrunadellago.net/la-rivoluzione-sessuale-del68-e-lo-scandalo-pedofilo-del-forteto/
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