A leggere l’ultimo articolo del Corriere sulla situazione al fronte ucraino, si trasecola.
Sì, perché dopo il famigerato articolo nel quale si narrava che i russi fossero a corto di calzini (sic), a via Solferino stavolta hanno deciso di andare ben oltre.
L’ultimo articolo sulla guerra in Ucraina è firmato da Lorenzo Cremonesi e narra la situazione che stanno vivendo i mercenari italiani che stanno combattendo contro la Russia.
L’articolo del Corriere sui mercenari italiani in Ucraina
L’house organ delle élite liberali italiane non si è posto nemmeno il problema che questi signori sono tutti in aperta violazione delle leggi penali italiane che spiegano alquanto esplicitamente come in nessun modo gli italiani non possano recarsi e partecipare in nessun fronte di guerra straniero senza una previa autorizzazione dell’esecutivo.
Se si legge l’articolo 244 del codice penale scritto nel 1930 si respira intanto una boccata di ossigeno perché si trova un lessico e una chiarezza di pensiero perduti oggi nei meandri delle bizantine leggi scritte nella storia più recente, da menti che non conoscono bene il diritto ma che soprattutto sono prive anche della necessaria logica per scriverle.
Non è questo il caso di questo articolo e di altri del codice penale scritto dal compianto giurista Alfredo Rocco, una delle tante raffinate menti di quegli anni assieme agli altri consiglieri giuridici ed economici dei quali si circondava Mussolini, ma ciò nell’odierna democrazia liberale non si può dire perché la verità sfocia nella cosiddetta “apologia del fascismo”.
Il testo è ad ogni modo il seguente e non lascia molto spazio agli equivoci.
“Chiunque, senza l’approvazione del Governo, fa arruolamenti o compie altri atti ostili contro uno Stato estero, in modo da esporre lo Stato italiano al pericolo di una guerra, è punito con la reclusione da sei a diciotto anni; se la guerra avviene, è punito con l’ergastolo.
Qualora gli atti ostili siano tali da turbare soltanto le relazioni con un Governo estero, ovvero da esporre lo Stato italiano o i suoi cittadini, ovunque residenti, al pericolo di rappresaglie o di ritorsioni, la pena è della reclusione da tre a dodici anni. Se segue la rottura delle relazioni diplomatiche, o se avvengono le rappresaglie o le ritorsioni, la pena è della reclusione da cinque a quindici anni”.
Semplice, chiaro e inequivocabile ed è quindi del tutto evidente che in tale caso i mercenari italiani sul fronte ucraino siano dei fuorilegge che si trovano lì per aiutare un regime di chiara ispirazione nazista che, tra l’altro, si è insediato illegalmente nel 2014 grazie ad un colpo di Stato, il famigerato Euromaidan, sovvenzionato dall’ineffabile George Soros, e che ha perduto anche l’ultima parvenza di legittimità che aveva in quanto il mandato presidenziale di Zelensky è terminato nel marzo di quest’anno, ma questo ovviamente non fa comodo ricordarlo ai liberal-democratici sempre pronti ad impartire lezioni sul culto dei diritti umani alla Russia e ai Paesi del mondo multipolare.
I mercenari di fronte al Corriere sembrano quasi stilare un cahier de doleances, e forse è questa la ragione per la quale il quotidiano ha pensato “bene” di lasciarli parlare.
Affermano che la situazione sarebbe disperata in quanto le milizie di mercenari e quelle regolari non disporrebbero nemmeno delle granate a mano, senza contare che molti soldati, militari e paramilitari, si trovano tra le mani dei veri e propri ferrivecchi, buoni per combattere la guerra forse una trentina di anni fa o anche prima.
C’è molto mito attorno alle armi che l’Occidente, Stati Uniti ed UE, hanno inviato a Kiev, ma la realtà dei fatti non è quella che alcuni credono.
Gli Stati Uniti si sono guardati bene dal mandare anche soltanto metà della metà del sostegno bellico che potevano offrire, e questo dall’altra parte del blocco Euro-Atlantico, a Bruxelles, ha suscitato più di qualche ira poiché la cosiddetta amministrazione Biden sembrava praticamente intenzionata a lasciare al suo destino Zelensky e i suoi.
Bruxelles da sola è in grado di fare ben poco, e Londra, l’altra stampella dell’anglosfera, non è certo in grado di sostituire il ruolo militare degli Stati Uniti, anche se si è data non poco da fare negli ultimi 2 anni e mezzo per provocare la Russia in ogni modo, ma il Cremlino non è stato certo a guardare e ha risposto duramente allo stato canaglia britannico.
Resta da capire però effettivamente quanto sia coinvolta l’Italia in questa guerra, e nessun giornalista del mainstream sta facendo, non sorprendentemente, le domande che andrebbero fatte al governo Meloni né tantomeno ci pensano le defunte false opposizioni della Lega, al governo, e del M5S, che dopo aver dato il suo pieno sostegno ai nazisti ucraini adesso prova a farsi passare come “messaggero di pace”.
L’ipocrisia non ha confini dalle parti dei penta stellati, ma ciò che è più interessante ora è risalire al coinvolgimento dell’Italia in tale situazione bellica.
Il coinvolgimento militare dell’Italia in Ucraina
Le prime notizie di una presenza italiana, illegale, si sono avute subito al principio della guerra, nell’aprile del 2022, quando i russi erano impegnati nella eliminazione del battaglione di criminali e tagliagole nazisti addestrato dalla CIA, il famigerato battaglione Azov.
Molti ricorderanno che nel corso dei combattimenti che stavano avendo luogo nell’acciaieria dell’Azovstaal, più di una fonte affermò che assieme ai nazisti dell’Azov erano presenti diversi consulenti della NATO, tra i quali sembravano esserci già allora ufficiali europei e anche italiani.
All’epoca era ancora in carica il governo Draghi che, nonostante la decisione già presa, e anticipata su questo blog, di lasciare palazzo Chigi a gennaio per la mancata ricompensa del Quirinale, non fece mancare il suo sostegno ai nazisti ucraini in tale fase, e la prima persona alla quale bisognerebbe chiedere conto della presenza, illegale e non autorizzata dal Parlamento, di militari italiani in Ucraina sarebbe proprio lui, l’uomo del Britannia.
Nulla è mutato apparentemente con l’attuale esecutivo di Giorgia Meloni e Guido Crosetto, perché, nei mesi scorsi, sono emerse due vicende molto controverse che riguardano il sostegno militare italiano a Kiev.
La prima riguarda il caso del tenente colonnello dei Bersaglieri, Claudio Castiglia, che, secondo un canale ucraino, The Militarist, avrebbe perso la vita in Ucraina dopo che i russi avevano effettuato un bombardamento contro un sito nel quale sarebbero stati presenti sia soldati ucraini sia diversi consulenti della NATO.
Claudio Castiglia impegnato in una esercitazione NATO in Germania nel dicembre del 2012
A rendere ancora più particolare l’indiscrezione è il fatto che questa sia trapelata da ambienti decisamente lontani dalla Russia, ed è quindi estremamente difficile per i vari propagandisti della NATO praticare il consueto esercizio che bolla tutto ciò che non piace come “propaganda russa”.
Castiglia poi non era un militare ordinario, per così dire. Era un ufficiale della NATO in servizio presso la base di Solbiate Olona, nel varesotto, e a questa struttura è stato assegnato un ruolo molto specifico.
La base fu infatti creata nel 2001 e al suo interno c’è oltre ad un contingente di militari italiani, che rappresenta il 75% del personale presente, un folto assembramento di soldati della NATO proveniente da vari Paesi, tra i quali Stati Uniti, Francia, Germania, Spagna e Turchia.
Solbiate Olona è stata pensata per uno scopo molto preciso e peculiare, quale quello di consentire un “rapido dispiegamento” delle forze del patto atlantico in previsione di missioni contro quei Paesi giudicati una “minaccia” dalla NATO, e negli ultimi 35 anni in particolare si sono avuti molteplici esempi della natura aggressiva e terroristica di questa organizzazione che non ha esitato a bombardare illegalmente Belgrado nel 1999, a invadere altrettanto illegalmente l’Afghanistan nel 2001 e a bombardare e uccidere Gheddafi nel 2011.
Castiglia era per tale struttura che lavorava ed è certamente singolare che un canale ucraino abbia scritto che proprio lui, un ufficiale addestrato dalla NATO, si trovasse lì, ma il ministero della Difesa di Crosetto all’epoca si lasciò andare al suo esercizio di indignazione a comando, stracciandosi le vesti contro i cosiddetti “seminatori di odio”, ma guardandosi bene dal fornire delle spiegazioni serie sulla presenza di consulenti del patto atlantico in Ucraina.
L’Italia ha assistito Zelensky nell’attacco alla Crimea?
Nei tempi più recenti, c’è stato un atto poi, se possibile, ancora più ostile da parte del governo italiano nei riguardi della Russia.
A spiegare come l’Italia abbia partecipato de facto ad un atto di guerra contro la Russia sono stati alcuni analisti militari interpellati dal sito GreatGameofIndia.
Lo scorso giugno infatti i lettori ricorderanno come l’Ucraina abbia lanciato contro le spiagge della Crimea ben 5 missili ATACM , abbattuti dalla contraerea russa degli S-500, anche se secondo alcuni esperti il vero obbiettivo non sarebbero stati tanto i bagnanti russi, ma la base di Sebastopoli lì vicino, una delle più importanti per tutte le operazioni di guerra che il Cremlino pianifica nell’Ucraina Orientale.
Questi missili però hanno una particolarità. Non possono giungere al loro bersaglio se non sono teleguidati da un sistema satellitare o da dei droni aerei che li aiutino a colpire l’obbiettivo prestabilito.
A Sigonella, un nome che un tempo evocava la spina dorsale della defunta classe politica della Prima Repubblica, si fanno proprio questo tipo di operazioni.
Nella base militare siciliana oltre ovviamente ai reparti dell’aereonautica militare italiana ci sono quelli delle forze armate americane e il comando AGS della NATO che si serve proprio di droni spia per quelle operazioni di ricognizione che precedono attacchi come quello avvenuto contro la Crimea.
A differenza di quello che qualcuno può pensare, nessuna operazione di questo tipo può avvenire senza l’esplicito consenso del Paese ospitante, in questo caso l’Italia, e se si sono levati dei droni in volo per assistere gli ATACM ucraini, il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il ministro della Difesa, Guido Crosetto, devono avere in qualche modo dato il loro consenso,
A rafforzare l’ipotesi che il governo italiano abbia dato tale autorizzazione è il fatto che prima dell’attacco contro la Crimea si è alzato da Sigonella un Global Hawk, un aereo spia, che ha sorvolato la zona del Mar Nero nel momento in cui è avvenuto l’attacco, per poi fare rientro alla base militare poche ore dopo.
L’aereo spia che si è levato in volo da Sigonella e che sorvolava il Mar Nero al momento dell’attacco contro la Russia
Il coinvolgimento dell’Italia sembra quindi avvenire a due livelli: li primo è quello nel quale l’Italia mette a disposizione i suoi consulenti e le sue strutture militari per attaccare la Russia; il secondo è quello nel quale arrivano dei mercenari sul posto che combattono proprio sul terreno forse diretti proprio, in segreto, dai consulenti italiani ed europei della NATO.
Nessuno dei due livelli rientra evidentemente nell’alveo della legalità. Si è in pieno territorio illegale sia nel primo caso, poiché ufficialmente non c’è stata nessuna autorizzazione parlamentare all’invio di consulenti militari italiani in Ucraina, né tantomeno risulta esserci per quella che riguarda i mercenari italiani schierati con ciò che è rimasto delle truppe naziste ucraine.
Il doppiopesismo della magistratura italiana
Nessuno sta dicendo nulla, né dentro il Parlamento né fuori, dove in teoria dovrebbe intervenire quell’oggetto misterioso che si chiama “magistratura”.
Eppure i togati e la polizia si mossero rapidamente quando si trattava di sanzionare gli italiani che erano andati a combattere nel Donbass, regione nella quale i nazisti ucraini hanno commesso indecenti crimini contro la popolazione locale, da ultimo la strage di Selidovo, un villaggio del Donbass dove i tagliagole di Zelensky hanno ucciso inermi civili prima di darsi alla fuga.
A intervenire all’epoca, nell’agosto del 2018, fu la procura di Genova che oggi, stranamente, non mostra lo stesso interesse nei confronti di quei mercenari italiani che sono andati tra le fila dei nazisti di Kiev a combattere illegalmente contro la Russia.
In questa piccola e variegata umanità, ci sarebbero sia militanti della cosiddetta “destra estrema” sia elementi della sinistra radicale, a dimostrazione che ognuna di queste ideologie è solo un orpello, perché ognuno di questi personaggi combatte per aiutare la NATO e per difendere l’ormai decaduto braccio militare del mondialismo.
Nessuno però continua a fare a Giorgia Meloni e Guido Crosetto la più ovvia delle domande: avete autorizzato l’invio di consulenti NATO dell’Italia e di mercenari italiani in Ucraina?
Il nemico in questa storia non è la Russia. E’ chi pur di provare a salvare l’ormai decaduto patto atlantico mette in pericolo la sicurezza di un intero Paese.
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