Ancora prima che le armi, per vincere una battaglia e una guerra, l’arma più importante di tutte è certamente quella della psiche.
La guerra psicologica è lo strumento supremo per avere la meglio sull’avversario, poiché, quando il nemico si trova in superiorità numerica e avvantaggiato sotto molti aspetti, allora occorre utilizzare altre armi che non siano quelle fatte di metallo e piombo, ma quelle che hanno a che fare con la mente.
Occorre irretire il nemico, fargli credere che una determinata situazione non corrisponda al vero o viceversa, per indurlo a commettere quegli errori fatali che possono costargli la definitiva sconfitta sul campo.
Ogni servizio segreto che si rispetti, ogni forza armata degna di questo nome studia meticolosamente la guerra psicologica e i suoi metodi di adozione.
La si studia a West Point come a Mosca e a Tel Aviv.
In Siria, prim’ancora che una guerra delle armi, è proprio questo tipo di guerra che si combatte, quella nella quale un nemico, in questo caso Israele assistito dai media Occidentali e da quelli cosiddetti “alternativi”, ormai protesi dei primi, si stanno prodigando per dipingere il Paese come in preda allo sbando più completo, e come caduto rapidamente nelle mani dei jihadisti.
Da queste parti tale narrazione non ha mai convinto molto sin dal principio, dal momento che si parla di rimasugli di tagliagole islamici che sarebbero passati principalmente dalla Turchia, a causa dei consueti doppio giochi di Erdogan, e che a fatica raggiungerebbero le 10-15mila unità.
Pare infatti che in queste ore siano stati tutti investiti da una sorta di amnesia collettiva o da una isteria senza freni che è esattamente quello che vogliono i gestori dei media mainstream e di quelli della falsa controinformazione.
Pare che nessuno ricordi più come la Russia, la Siria e l’Iran abbiano sconfitto dal 2012 al 2020 un’orda di tagliagole islamici che superava di gran lunga il numero di quelli attuali, e raggiungeva tranquillamente le 100mila unità soltanto in Siria.
Le varie potenze al servizio dell’anglosfera e dello stato ebraico quali l’Arabia Saudita e il Qatar avevano fatto affluire decine e decine di milioni di dollari per reclutare questo esercito di assassini che, se si vuole, aveva anche molto poco a che fare con i precetti dell’Islam, dato che il loro scopo non è mai stato quello di dichiarare alcuna guerra santa contro il sionismo ma di farne invece le sue volontà.
La Grande Israele: l’ossessione del sionismo messianico
L’ISIS, come detto in passato, è poco più che un brand, un marchio dietro il quale ci sono gli interessi di Israele che aspira a costruire il suo impero in Medio Oriente attraverso l’annessione e la conquista degli Stati vicini, in particolare la Siria di Assad, il Libano, e l’Iraq, poiché la Grande Israele si estenderebbe dal Nilo all’Eufrate sul solco dell’antica nazione israelitica.
Anni addietro , nel 2007, a rivelare come questo sarebbe stato il futuro del Medio Oriente e del mondo fu il generale Wesley Clark, un falco del Pentagono e dello stato profondo americano.
Il generale Clark spiega il piano di devastazione del Medio Oriente
Clark disse in quell’occasione come al Pentagono avessero già pronto un piano per fare guerra a sette Paesi quali Siria, Iraq, Afghanistan, Sudan, Somalia, Libia e Iran.
Ognuno di questi non rappresentava alcuna vera minaccia nei confronti della politica estera americana, che non ha mai avuto nessun vero tornaconto o vantaggio strategico dal restare impelagati nelle sabbie mobili del Medio Oriente, salvo quello di fare appunto gli interessi dello stato ebraico che voleva abbattere quei Paesi che si frapponevano tra esso e la strada che conduce alla Grande Israele.
Assad è uno di quei grandi nemici. Assad è uno di quei politici che non è a libro paga del sionismo e che non ha mai avuto alcuna intenzione di cedere o svendere la sovranità del proprio Paese, e allora per tale ragione andava severamente punito.
Occorreva fare di lui un esempio. Occorreva scatenare l’inferno contro di lui, in maniera non molto dissimile da quanto accaduto a Gheddafi, barbaramente ucciso nel 2011 dalla NATO, il braccio armato del mondialismo e della stessa Israele.
Nel 2014, la Siria era precipitata in tale inferno e si trovava accerchiata dai tagliagole islamici che agivano per smembrare il Paese e per portarlo in dote al vicino stato ebraico.
A capire immediatamente che il mondo era vicino all’abisso fu proprio Vladimir Putin.
Putin comprese che il sionismo voleva conquistare la Siria e per impedire che questa fosse smembrata e annessa a Israele, strinse un’alleanza militare con Assad per respingere l’ISIS e le mire imperialiste ebraiche.
Se oggi non c’è un impero sionista in Medio Oriente lo si deve a Vladimir Putin che ha dato il necessario sostegno militare alla Siria contro i terroristi islamisti, tra i quali non era infrequenti trovare proprio degli agenti del Mossad tra le fila dell’ISIS, come visto nel caso di Ephraim Benjamin e dello stesso al-Baghdadi, identificato da alcuni come Simon Eliot, agente della intelligence israeliana.
Se il Mossad però è avvezzo all’arte dell’inganno , gli altri servizi non sono certo degli sprovveduti e allora per provare ad analizzare con un minimo di logica la crisi siriana, non si può davvero credere che Putin e Assad siano d’un tratto divenuti due stolti alle prime armi, e che abbiano deciso di gettare alle ortiche tutto il paziente lavoro degli anni passati di fronte a delle sortite di gruppi di terroristi che non raggiungono nemmeno i 20mila uomini.
I terroristi islamici: il diversivo di Israele
Non ha alcun senso né logico né militare. L’esercito siriano ha ricevuto l’espresso ordine di ritirarsi non perché improvvisamente non sappia più combattere come affermano alcuni analisti della domenica, ma perché l’invasione degli jihadisti è soltanto un diversivo.
A confermarlo è stato anche uno dei capi di questi, che ha espressamente dichiarato che la loro azione è servita per preparare il terreno a quella dell’esercito israeliano che ora si attende che invada il Paese.
I terroristi islamici erano soltanto una cortina fumogena. La loro missione era quella di provocare uno scontro tra questi e le forze armate siriane che si sarebbero trovate invischiate in duri combattimenti attorno alla provincia di Homs, mentre nella parte Orientale della Siria, l’esercito israeliano sarebbe entrato indisturbato e avrebbe avuto gioco facile a occupare le parti del territorio siriano che il governo del Likud vuole conquistare e annettere a Israele.
La Russia, la Siria e l’Iran hanno messo in atto la mossa più intelligente possibile. Non sono caduti nel tranello.
Non hanno abboccato all’amo, si sono ritirati e hanno iniziato a bombardare le province occupate dai terroristi le cui fila si stanno già assottigliando per i numerosi bombardamenti.
Attraverso questa mossa, l’esercito siriano ha preservato le sue fila per il vero combattimento che si terrà contro l’esercito israeliano, una volta che questo deciderà di invadere il Paese, come sembra stia già facendo.
Adesso la palla si trova per l’appunto nel campo di Israele. La Russia e Assad hanno fatto credere che il presidente siriano che aveva così tenacemente resistito ad invasioni e scontri ben più feroci di questi, se ne sia andato con la coda tra le gambe in modo che così a Tel Aviv pensino che effettivamente Damasco sia ormai allo sbando.
Se lo stato ebraico ora vuole provare ad entrare nel Paese, l’esercito siriano, che ancora agisce in pieno coordinamento con quello russo, potrà lanciare la sua controffensiva assistito sia dall’aviazione russa sia dall’Iran che ancora ha i suoi consulenti sul terreno da quando è iniziata quella che impropriamente viene chiamata “guerra civile siriana”, quando essa è in realtà una guerra di Israele e dell’anglosfera contro Assad, giudicato un ostacolo da rimuovere ad ogni costo per estendere i confini dello stato ebraico.
Non va dimenticato infatti che la Russia non ha smobilitato nessuna delle sue basi in Siria, come avevano fatto falsamente credere i media Occidentali, ai quali prontamente ha fatto eco la solita falsa controinformazione.
Quella della guerra, come si diceva in principio, prim’ancora che una battaglia sul terreno è una battaglia delle menti, e si deve far credere all’avversario ciò che è o non è per indurlo all’errore e farlo cadere nella trappola.
Si fa purtroppo fatica a trovare lucidità in queste ore. Si fa fatica a trovare una qualche voce che faccia notare come è evidente che è stato un ordine preciso alle forze armate siriane di non attaccare subito, non perché Assad sia improvvisamente impazzito, ma perché è chiaro che il presidente siriano e Putin sanno bene in quale tipo di imboscata Israele voleva trascinare Assad.
I due presidenti si erano già visti a Mosca il 28 novembre ed erano perfettamente informati di questa “recrudescenza” degli islamisti spinti da Israele e Turchia ad entrare in Siria.
Non sono stati colti alla sprovvista come qualcuno vuole far credere.
Al Cremlino hanno già dato una prova della maskirovka, l’arte dell’inganno militare, quando nel 2023 si mise in scena un falso golpe per gettare fumo negli occhi dei media Occidentali che come tanti polli caddero nella rete, e iniziarono a scrivere che a Mosca ormai Putin era “indebolito”, quando l’anno dopo vinse con un’ondata oceanica di consensi, e dopo che attraverso quella operazione era riuscito a scovare tutti gli infiltrati annidati nelle stanze del Cremlino e in quelle del ministero della Difesa.
Si assistette in quell’occasione ad un capolavoro dell’arte della guerra, e qui, su questo blog, si rivelò in esclusiva come il falso golpe fu pensato proprio per questo, mentre, inutile dirlo, la falsa informazione alternativa praticamente era una eco dei media mainstream.
Accade anche in queste ore. Non si contano i canali della falsa informazione alternativa che parlano di “figuraccia” di Mosca e Damasco, e sono gli stessi che appunto seminarono la stessa disinformazione sul falso golpe del 2023, e sono gli stessi che a ogni piè sospinto fanno di tutto per dipingere Trump e Putin come “agenti segreti del mondialismo e del sionismo”.
La centrale della disinformazione dei servizi Occidentali e italiani ha deciso evidentemente di mutare strategia.
Perduta completamente la credibilità dei classici mezzi di comunicazione di massa, si è deciso di ricorrere ai canali dei falsi controinformatori e dei falsi oppositori sulle reti sociali che in queste ore sulle loro pagine scrivono le stesse identiche cose che scrive, ad esempio, la Reuters.
Sono due facce della stessa medaglia che hanno messo in moto il frullatore impazzito di immagini e video nei quali si vedono alcuni terroristi che scorazzano in giro con la moto a Damasco, e dalle immagini stesse che questi propongono si può capire che il numero degli jihadisti è ben lontano da quello di chi ha in mano il Paese.
A Tel Aviv forse probabilmente credono che sia già finita. Credono veramente che ormai possono entrare nel Paese e farne una sua provincia quando non sono nemmeno riusciti ad avere la meglio sul Libano, umiliati da Hezbollah che ha fatto andare nel panico i soldati israeliani che non sapevano come fare per combattere i militanti del partito armato, forse perché troppo abituati a vedersela soltanto con donne e bambini.
Se si guarda per un istante indietro alla storia del secolo XX, non si riuscirà comunque a non vedere una semplice evidenza.
Il sionismo ha governato e manipolato tutti gli eventi che hanno cambiato il corso della storia dell’epoca contemporanea.
La prima guerra mondiale è stata indispensabile per far salire al potere i bolscevichi finanziati dalla finanza askenazita e togliere di mezzo l’impero Ottomano per poter trasferire il mandato della Palestina nelle mani della Gran Bretagna, su espresso ordine della famiglia Rothschild.
La seconda è servita a costruire l’archetipo del governo mondiale, l’ONU, e a far nascere definitivamente lo stato di Israele.
Gli architetti del caos rincorrono ancora una volta le stesse crisi artificiali, quegli eventi catartici che consentono loro di raggiungere i loro scopi che stavolta appaiono sempre più lontani.
Ora, come si diceva in precedenza, la palla è nel campo israeliano. Se Tel Aviv vuole a tutti i costi inseguire il fallito e irraggiungibile proposito della Grande Israele, allora non deve fare altro che entrare in Siria, ma deve tenere a mente che dall’altra parte li stanno aspettando.
Non ci sono ovviamente nemmeno gli Stati Uniti a togliergli le castagne dal fuoco perché Trump, che da tempo aveva messo in conto di ritirarsi dalla Siria e di separare la politica estera americana da quella israeliana, ha preso prontamente la palla al balzo per annunciare che Washington deve togliere le tende dal Paese, anche se prima di farlo abbia deciso di lasciare un ricordino ai vari islamisti reclutati da Turchia e Israele.
Ieri notte infatti l’aviazione americana ha annunciato che sono partiti bombardamenti a tappeto contro i terroristi, e questa decisione pare difficile che possa venire da Joe Biden, a meno che non si pensi ancora dopo 3 anni e mezzo che la cosiddetta “amministrazione Biden” , dopo una interminabile sequela di gaffe e dopo una politica estera immutata rispetto a quella di Trump, abbia davvero il potere decisionale a Washington, nonostante tutte le evidenze del contrario.
A Israele comunque sembra non bastare. Israele sembra determinata a proseguire sulla via dell’autodistruzione, nonostante la sua crisi interna e nonostante una guerra civile strisciante che si combatte da alcuni mesi nelle fila della sua stessa intelligence.
A Tel Aviv forse coltivano l’illusione di trascinare il mondo intero giù con essa.
Se lo stato ebraico cerca davvero la guerra mondiale, allora deve stare molto attento perché l’armageddon se arriverà sarà proprio su di esso, e non sul resto del mondo.
Il Likud pare accecato dal sogno di costruire una nazione tra le nazioni e di incoronare il loro moschiach come re del mondo.
E’ un sogno di folle vanagloria privo di qualsiasi legame con la realtà e animato da un profondo odio contro il cristianesimo.
E come tutti i sogni folli sarà destinato a infrangersi rovinosamente contro la storia.
Fonte: https://www.lacrunadellago.net/la-maskirovka-di-assad-e-putin-e-la-guerra-psicologica-sulla-siria/
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