Già. Strano.
Molto strano che, dopo un’ecatombe che sarebbe stata evitabilissima con un minimo di accortezza, e che ciononostante ha visto sterminare oltre mezzo milione di ucraini (per restare stretti con le stime), ci sia chi esprime una qualche forma di empatia, di umana comprensione o di solidarietà nei confronti di un figuro che, in cambio di una continua fornitura di cocaina e un fiume ininterrotto di danaro, insiste nel mandare al massacro il suo popolo, peraltro in una assordante sospensione di elezioni che denuncia platealmente un’autentica situazione di dittatura conclamata.
Altrettanto strano che i medesimi commentatori spesso protagonisti della controinformazione più in auge, e quindi ospiti fissi nei salotti buoni di quest’ultima, trovino allo stesso tempo modi sempre nuovi per attaccare sullo specifico tentativo di pacificazione in atto quel Trump che sì, ci saranno mille e più motivi per detestarlo, ma finora, almeno in apparenza, si sta muovendo in direzione esattamente contraria alla precedente presidenza, e sta cercando una soluzione concreta per porre termine al conflitto in Ucraina.
Ancora più strano che nessuno sembri ricordare la sempre valida regola del drammaturgo Checov: “Se dici nel primo atto che c’è un fucile appeso al muro, nel secondo o terzo atto deve assolutamente sparare. Se non spara, allora non dev’essere appeso al muro”. E qui non abbiamo pistole, ma un riarmo in pieno stile guerra fredda, che ne preannuncia una calda come non si verificava dal 1945.
E invece no: da bravi intellettuali dotati di carisma e sintomatico mistero, quasi si va a convergere col mainstream in una cifra di compassione tributata a quel cocainomane da strapazzo, in quanto sarebbe stato prima sedotto e poi abbandonato al proprio destino dall’Amministrazione USA. Ma che, davvero?
I morti, per ora, sono centinaia di migliaia, e se si considera anche la parte russa i numeri diventano da capogiro. Ci si dimentica dunque che non è una guerra di aggressione, ma è nata per la palese violazione degli accordi di Minsk da parte occidentale e per il massacro perpetrato per 8 anni nel Donbass?
Per una volta lasciamo stare gli altri più elevati e complicati piani su cui può essere sviluppata l’analisi dei fatti, sulla recita in atto ai massimi livelli e sulle comunque concrete, drammatiche conseguenze di quello stesso teatrino in danno di popolazioni incolpevoli e inermi, sui giochi di potere in essere tra i componenti di una medesima piramide o di due piramidi contrapposte.
Sì, per questa volta rimaniamo sul semplice e fermiamoci su un punto: dalle centinaia di migliaia, vogliamo passare ai milioni di morti? E per che cosa? Perché povero Zelensky e Trump figlio dei poteri forti?
Non credo agli attentati contro Trump, per me puttanate da cinema a fini coreografici. Non credo neanche alla sua figura come salvatore, anzi tutt’altro. Nessun apprezzamento ho per le sue posizioni in merito a Gaza e Netanyahu. E nemmeno credo che sia capitato alla Casa Bianca per meriti personali: al contrario penso che, come chiunque prima di lui, pure il Tycoon stia con tutta probabilità recitando una parte assegnatali da qualcuno più in alto.
Tuttavia, in questo momento si sta muovendo per la pace in terra Ucraina, e questo dovrebbe essere visto non dico bene, ma benissimo, da tutti gli Europei. Figuriamoci dai vari esperti, analisti, articolisti di geopolitica.
E invece, poverino il capro espiatorio Zelensky?
MI chiedo come lo si possa pensare anche solo per un attimo. Perché se tra quei morti nel conflitto ucraino ci fossero un padre, una madre, una moglie, un figlio dei commentatori in questione, sarebbero in grado di esprimere la medesima solidarietà, empatia, comprensione o umana compassione che dir si voglia?
Sì. Strano davvero.
Il tutto suona molto come un paradosso.
Un paradosso nero.
Fonte: https://t.me/Lanonaelica