Sabino Cassese, il più grande giurista italiano, giudice emerito della Corte Costituzionale, interviene con voce perentoria nel dibattito politico italiano sulla gestione della crisi dovuta alla pandemia di coronavirus. Le sue parole, di certo, non passeranno inosservate. Pesano come un macigno. Con garbo istituzionale e altissimo profilo, Cassese dà uno “schiaffone” al premier Conte. Nella sua intervista al Dubbio, a cura di Paolo Armaroli, Cassese spiega: “Nell’interpretazione della Costituzione non si può giocare con le parole. Una pandemia non è una guerra. Non si può quindi ricorrere all’articolo 78. La Costituzione è chiara. La profilassi internazionale spetta esclusivamente allo Stato ( art. 117, II comma, lettera q). Lo Stato agisce con leggi, che possono delegare al governo compiti e definirne i poteri. La Corte costituzionale, con un’abbondante giurisprudenza, ha definito i modi di esercizio del potere di ordinanza ‘contingibile e urgente’, cioè per eventi non prevedibili e che richiedono interventi immediati. Le definizioni della Corte sono state rispettate a metà”.
E dunque la bordata: “Il primo decreto legge era ‘fuori legge’. Poi è stato corretto il tiro, con il secondo decreto legge, che smentiva il primo, abrogandolo quasi interamente. Questa non è responsabilità della politica, ma di chi è incaricato degli affari giuridici e legislativi. C’è taluno che ha persino dubitato che abbiano fatto studi di giurisprudenza. Il primo decreto legge era illegittimo: non fissava un termine; non tipizzava poteri, perché conteneva una elencazione esemplificativa, così consentendo l’adozione di atti innominati; non stabiliva le modalità di esercizio dei poteri”. Poi l’altra stoccata a Conte: “A palazzo Chigi c’è un professore di diritto: avrebbe dovuto bocciare chi gli portava alla firma un provvedimento di quel tipo. Poi si è rimediato. Ma continua la serie di norme incomprensibili, scritte male, contraddittorie, piene di rinvii ad altre norme”.
E il capo dello Stato? “Mi chiedo: perché evocare il Consiglio supremo di difesa, se non c’è un evento bellico, e specialmente se c’è lo strumento per far intervenire uno dei tre organi di garanzia, il presidente della repubblica? Bastava, invece di abusare dei decreti del presidente del Consiglio dei ministri, ricorrere, almeno per quelli più importanti, a decreti presidenziali. Aggiungo che, per la legge del 1978 sul Servizio Sanitario Nazionale, competente a emanare più della metà di quegli atti era il ministro della Salute. Abbiamo, quindi, assistito, da un lato, alla centralizzazione di un potere che era del ministro, nelle mani del presidente del Consiglio. Dall’altro, a una sottrazione di un potere che sarebbe stato ben più autorevole, se esercitato con atti presidenziali. È forse eccessivo parlare di usurpazione dei poteri, ma ci si è avvicinati”.
Continua Cassese: “Gli organi di garanzia più diretti sono il presidente della Repubblica, il Parlamento e la Corte costituzionale. Quest’ultima, salvo casi eccezionali, interviene necessariamente ex post. Parlamento e Presidente della Repubblica, invece, collaborano nella funzione normativa, in modi diversi. Ma ne sono sembrati esclusi, per ragioni e con modalità diverse, senza neppure il motivo dell’urgenza, perché l’uno e l’altro organo hanno corsie preferenziali o di emergenza”.
Fonte: Il Paragone
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