Questo l’articolo del 17// Aprile sul Il Sole 24 ore
L’economia ferma e il dubbio sui decessi in Italia di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi
(I commenti ospitati nella sezione Interventi non sono di giornalisti e commentatori de Il Sole 24 Ore e non impegnano la linea editoriale del giornale)
Il crollo del PIL atteso in Italia ora è dell’ordine del 20% nei prossimi mesi e anche assumendo una ripresa nella seconda parte dell’anno, molte proiezioni del PIL italiano lo riportano indietro rispetto al livello pre-crisi (2007) di quasi un 20%.
Una buona parte di questo disastro economico è autoinflitto perché l’Italia è il paese che ha adottato il “modello Wuhan” di chiusura totale (“total lockdown”), prima e più di qualunque altro, tanto è vero che oggi si parla di “lockdown” all’italiana.
Nessuno sa con esattezza quale fosse il numero di morti in Wuhan che aveva indotto il governo cinese a questa politica. Ci sono molti report che stimano 10 o anche 50 volte più decessi in quella zona e anche in Cina di quelli ufficiali. Nel resto dell’Asia lo si è evitato e anche in Australia ad esempio. Durante queste vacanze pasquali si potevano vedere folle in spiaggia o in viaggio o nei parchi divertimento in tutta l’Asia mentre da noi si inseguivano a uno a uno con droni chi usciva di casa.
In Italia si assume che questo “total lockdown” stile Wuhan sia giustificato data la mortalità triplicata o quadruplicata a Bergamo, Brescia, Piacenza, Pavia e altre province del Nord nel mese di marzo rispetto agli anni precedenti e si possono leggere articoli che citano “14mila morti in più” o anche, come fa “la Stampa”, ad es. “63 mila morti in più” (da quando è iniziato il conteggio del Covid).
In Italia siamo circa in 60 milioni, abbiamo 650 mila decessi l’anno e circa 230 mila decessi nel periodo gennaio-aprile e quest’anno, in base ai dati Istat, non si riscontra un aumento complessivo di mortalità rispetto agli anni precedenti. (sito italiaora.org)
LA PRECISAZIONE DELL’ISTAT – I DATI SUI DECESSI DEI PRIMI 4 MESI COPRONO SOLO PARTE DEI COMUNI
Nessuno ovviamente nega che in Lombardia, a Piacenza, in diverse province del Veneto e in Piemonte o persino a Genova si verifichi un picco drammatico di decessi rispetto agli anni precedenti, ma quando parliamo della mortalità complessiva nel nostro paese, le cause dei decessi sono diverse, le province afflitte dai casi di Covid hanno un 20% della popolazione e questo inverno, come hanno notato diversi report (ad es di Bloomberg il 6 aprile) c’erano meno morti del solito.
Se ci limitiamo a rilevare allora i dati dei decessi nazionali da inizio anno vediamo che, per gli anni precedenti, l’Istat fornisce un totale, dei primi 4 mesi dell’anno di 231 mila morti (arrotondando alle migliaia), parliamo di tutti i morti dal 1 gennaio al 30 aprile in tutta Italia (vedi https://www.istat.it/it/files//2020/03/Tavola-sintetica-decessi.xlsx).
Quest’anno, alla data dell’ultimo aggiornamento del 13 aprile, siamo arrivati a 191 mila decessi . Per fare un confronto dobbiamo allora stimare quanti saranno allora i decessi nell’aprile 2020 per il quale abbiamo i dati fino al 13 aprile.
Dato che ad esempio il 13 aprile ci sono stati 1,457 decessi, stimiamo il totale dei decessi per il resto del mese di aprile come 1,457 X 17 giorni = 25 mila decessi (arrotondando alle migliaia).
Se allora sommiamo ai 191mila decessi alla data del 13 aprile (partendo dal 1 gennaio), la stima di altri 25 mila decessi nel resto del mese di aprile, ottengo 216mila decessi nei primi 4 mesi del 2020 in Italia complessivamente. Dato che la media degli anni precedenti è di 231 mila decessi (sempre nei primi 4 mesi dell’anno), si avrebbe che nel 2020 si stanno verificando meno decessi (circa 15 o 16 mila in meno).
Nei primi quattro mesi del 2020 il totale nazionale che si può stimare intorno a 216 mila decessi sembra essere inferiore a quello dell’anno precedente (232 mila) e alla media degli ultimi cinque anni (231 mila).
In parole povere, in base ai dati pubblicati finora, non è morta più gente quest’anno rispetto agli anni precedenti in Italia nel suo complesso – fermo restando, ripetiamo, che in Lombardia, a Piacenza e altre province da fine febbraio c’è stata un mortalità tripla in media della media. Noi stessi siamo sorpresi di questo dato e siamo aperti a spiegazioni e correzioni che spieghino diversamente i dati che abbiamo rilevato dall’Istat. Insomma, si apra un dibattito libero, come avviene negli altri Paesi.
L’obiezione che il lockdown abbia ridotto la mortalità al punto di farla scendere persino sotto la media storica non sembra valida perché quella italiana è la seconda più alta del mondo per il Covid, con 338 morti per 1 milione di abitanti e tanti paesi che non hanno messo tutti agli “arresti domiciliari” come noi (Corea, Giappone, Taiwan, Hong Kong, Australia, Svezia) hanno mortalità inferiore a 90 morti per 1 milione. Anche paesi che hanno applicato una via di mezzo come l’Olanda e gli USA hanno mortalità dimezzata rispetto a noi. Sembra cioè poco plausibile che senza lockdown l’Italia avrebbe avuto una mortalità ancora più alta, visto che tanti altri paesi che lo applicano molto meno hanno anche molti meno morti. Del resto la Germania sta ottenendo ottimi risultati nel contenimento del virus con una politica che lascia molte libertà ai cittadini.
Lasciamo ad altri le spiegazioni nel merito. Ci limitiamo ad osservare che non è la mortalità eccessiva a livello nazionale che giustifica il blocco prolungato dei diritti e della vita degli italiani. Dal punto di vista dell’economia italiana c’è una distruzione di reddito enorme, dal punto di vista culturale – qui solo un accenno, si rinvia per un approfondimento all’appello firmato da Aurelio Tommasetti e Paolo Becchi – con la chiusura della Università, o meglio la sua trasformazione in università telematica prevista per il prossimo semestre autunnale, il Paese ha deciso di suicidarsi.
Paolo Becchi è professore ordinario di Filosofia del Diritto presso l’Università di Genova Giovanni Zibordi è trader e consulente manageriale e finanziario
COMUNICATO SINDACALE
Il comitato di redazione dei giornalisti del Sole 24 Ore prende con fermezza le distanze dai contenuti di questo intervento. Ogni forma di censura, anche delle opinioni più distanti, è lontana da noi: per questo non abbiamo chiesto che il contenuto fosse cancellato. La nostra testata si è, però, distinta negli anni per la qualità degli interventi che ogni giorno ospita. Troviamo, allora, sorprendente che un tema così delicato e triste come la morte di migliaia di italiani in queste settimane venga trattato sulla base di analisi che pochissimo hanno di scientifico. Nell’intervento lo leggiamo, testualmente, che “non è la mortalità eccessiva a livello nazionale che giustifica il blocco prolungato dei diritti e della vita degli italiani”. Sono parole che preferiamo non commentare in giornate nelle quali, purtroppo, i morti a causa del Covid-19 si contano nell’ordine di centinaia ogni giorno. Chiediamo, allora, alla direzione del Sole 24 Ore massima attenzione nella selezione dei contenuti che la testata ospita. Ci pare che stavolta ce ne sia stata molto poca. Questi commenti, come recita la nota in testa al pezzo, “non impegnano la linea editoriale del giornale”. Aggiungiamo che lasciano sgomenti i giornalisti del Sole 24 ore. Continueremo a vigilare affinché il lavoro della redazione non venga danneggiato da scelte discutibili.
Il Cdr
Dopo essere stato assalito da chi ha interesse a censurare tutto quello che va contro le istituzioni trasmettendo in TV che solo loro hanno la verità, il giornalista Paolo Becchi attraverso Byoblu registra un video intitolato DEMOCRAZIA INFETTATA
Paolo Becchi e Giovanni Zibordi pubblicano un articolo sul Sole24Ore online e si scatena l’inferno: i giornalisti del Sole si sentono in dovere non di replicare ai dati riportati nell’articolo con una lettura diversa o con altri dati, ma di fare un comunicato e prendere le distanze, scusandosi addirittura con i lettori. Becchi e Zibordi chiedevano “un dibattito libero come negli altri paesi”. Ma in questa Italia che assomiglia sempre di più ad un Tempio, dove si celebrano riti più che dibattiti, il pensiero critico è ostaggio di una mentalità fanatico-religiosa tipica dei periodi più bui della storia, dove la ragione soccombe a chi grida al sacrilegio.
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