Alcuni ancora sono sgomenti, e non si fa fatica a capire le loro ragioni.
L’ultima uscita di Benigni sulla TV pubblica (?) è stata un vero e proprio monumento al servilismo nei riguardi di tutti quei poteri e istituzioni che hanno ridotto in tali pietose condizioni l’Italia e l’Europa.
Si è iniziato, ovviamente, con il bacio della pantofola nei riguardi di Sergio Mattarella, l’inquilino del Quirinale così amante dei circoli del mondialismo come la Trilaterale, e del suo fraterno amico di Santa Marta, papa Francesco, il pontefice dei migranti, dei massoni, delle femministe, dei trans ma non certamente dei cattolici da lui profondamente disprezzati.
Il comico che aveva iniziato la sua carriera molti anni addietro cercando di scoprire le sottane di Raffaella Carrà è oggi ridotto a portavoce dell’establishment liberale, tanto da spingersi persino nel campo del ridicolo quando è arrivato a dire che l’Unione europea sarebbe la massima (sic) espressione culturale partorita nella storia dell’uomo da 5000 anni a questa parte.
Si è nel paradosso, nel lazzo, nello scherzo o forse nella parossistica difesa di un marcio apparato dal quale dipende l’esistenza in vita di tutta una triste e trista umanità che senza questo status quo difficilmente avrebbe fatto mai carriera, considerata la sua mediocrità umana e intellettuale.
Sabato scorso c’era stato già un anticipo di questa difesa del fortino quando una piazza semi-vuota, quella del Popolo a Roma, era stata riempita, si fa per dire, da alcuni pullman di malcapitati anziani che sembrano essere stati presi direttamente dalle fila del pubblico di Forum, perché ormai l’Euroregime non riesce a fare di meglio che chiamare a raccolta comparse e figuranti prelevati direttamente dal teatro 5 di Cinecittà.
Anche lì c’era stata un’altra esibizione di servilismo, quando si sono visti personaggi come Jovanotti, che da giovane vestiva i panni del pacifista con la camicia a fiori, Carlo Calenda, il sommo vuoto cosmico, Claudio Amendola, e Antonio Albanese, soltanto per citarne alcuni.
La piazza che vuole difendere l’Unione europea è stata “popolata” e benedetta da personaggi che appartengono più che altro allo show business, a dimostrazione di come ormai il cosiddetto mondo dello spettacolo non sia altro che una protesi dei vari potentati finanziari e circoli transnazionali che mettono su piazza le loro cosiddette “doti artistiche” nel tentativo di preservare lo status quo di questi apparati in cambio ovviamente della solita mancia sotto forma di conduzione di programmi televisivi, di una parte in una qualche scadente fiction oppure una qualche pubblicità.
Gli uomini del mondo dello spettacolo sono semplicemente perfetti per le massonerie perché la loro assoluta mancanza di valori e il loro narcisismo patologico li portano a servire qualsiasi causa, anche la più abietta, pur di rimpinguare il loro ego e ovviamente il loro conto in banca.
Hollywood è forse la prova più lampante della amoralità che abita in questo mondo, e le succursali italiane di questo ambiente non ne sono altro che il piccolo e squallido riflesso.
Sta però tornando di attualità un vecchio cavallo di battaglia di queste élite che non possono fare proprio a meno periodicamente di evocarlo forse per provare a convincere le masse, ormai sature, che le loro pene non sono state in vano.
La “santificazione” di Spinelli e del manifesto di Ventotene
Il giullare toscano stesso l’altra sera lo ha nuovamente evocato nel corso del suo comizio, e non si tratta altro che del cosiddetto manifesto di Ventotene, che ormai è diventato una sorta di “bibbia” laica di tutti i vari massoni, europeisti e tecnocrati che ogni qual volta che c’è da rispolverare il cosiddetto “sogno europeo” ritirano fuori dal cassetto appunto l’impolverato manifesto.
Iniziò tutto al principio della seconda guerra mondiale, nel 1941, quando sull’isola di Ventotene, Altiero Spinelli redige assieme agli altri due compagni di confino, il giornalista Ernesto Rossi, e il filosofo Eugenio Colorni, il documento che viene considerato alla base della moderna Unione europea.
Erano gli ultimi anni del fascismo, che spesso mandava i dissidenti o in prigione o al confino, e Spinelli, già giovane militante del partito comunista, aveva fatto entrambe le esperienze, poiché prima di approdare nell’isola al largo delle coste laziali, era stato in diverse carceri italiane, quali quelle di Lucca, Viterbo e Civitavecchia.

Spinelli durante il suo periodo al confino a Ventotene
Spinelli si avvicina nei suoi anni giovanili alla filosofia marxista con dispiacere del padre che avrebbe invece voluto che seguisse i passi paterni con l’appartenenza al partito socialista, anche se sul finire degli anni’30, l’attivista inizia anche a manifestare una certa eterodossia dal comunismo, tanto da arrivare a dire che il partito ormai più che esprimere la volontà di una dittatura del proletariato esprimeva più che altro quella della dittatura del partito.
Altiero così si guadagna l’etichetta di “trotzkista” e viene espulso dal PCI che ormai lo considerava un reietto, troppo distante dalla “purezza” marxista, ma questo suo allontanamento lo porta, se possibile, ad assumere una posizione negli anni a seguire ancora più ipocrita di quella dello stesso partito da lui fustigato per la sua troppo vicinanza al liberalismo.
Spinelli infatti nel suo manifesto parte dalle premesse, errate, che gli Stati “totalitari” del’900, su tutti ovviamente il tanto vituperato fascismo, avessero scavato un profondo solco tra le istanze del proletariato e quelle del capitalismo che, a suo dire, era divenuta la vera forza dominante del ventennio fascista.
Il dissidente comunista si esprime così al riguardo.
“Si è così assicurata l’esistenza del ceto assolutamente parassitario dei proprietari terrieri assenteisti, e dei redditieri che contribuiscono alla produzione sociale solo col tagliare le cedole dei loro titoli, dei ceti monopolistici e delle società a catena che sfruttano i consumatori e fanno volatilizzare i denari dei piccoli risparmiatori, dei plutocrati, che, nascosti dietro le quinte, tirano i fili degli uomini politici, per dirigere tutta la macchina dello stato a proprio esclusivo vantaggio, sotto l’apparenza del perseguimento dei superiori interessi nazionali. Sono conservate le colossali fortune di pochi e la miseria delle grandi masse, escluse dalle possibilità di godere i frutti delle moderna cultura.”
E’ una sorta di inversione delle cause e degli effetti.
Qualsiasi storico ed economista degno di tale nome non può non riconoscere che era nell’Italia liberale pre-fascista di inizio 900 che vigeva la situazione descritta da Spinelli, ovvero quella nella quale una oligarchia locale, composta in larga parte da adepti delle logge, deteneva in larga parte le redini dell’economia nazionale e aveva persino rimesso a essa stessa il potere di creare moneta, all’epoca nelle mani delle banche private e non della banca d’Italia.
Il fascismo mette fine a tale paradigma e consegna lo scettro del potere economico e la facoltà di creare moneta solo e soltanto allo Stato attraverso la nazionalizzazione della banca d’Italia.
Le distanze socio-economiche si riducono, lo Stato da passivo spettatore dei processi economici diviene attivo attore e nasce così lo Stato imprenditore, vera e propria base del futuro miracolo economico del dopoguerra e imprescindibile baluardo della esplosione industriale dell’Italia, divenuta quarta potenza mondiale in tale settore.
Spinelli però vedeva la realtà con l’ideologia deformata di un marxismo internazionalista tanto che questa sua falsa premessa lo porta ad una conclusione persino più falsa, quella di individuare il nemico da abbattere negli Stati nazionali, nella loro cultura, nella loro identità etnica e soprattutto nella loro sovranità.
L’ideologo di Ventotene che demonizza il fascismo definendolo un totalitarismo arriva così a scrivere l’apologia di un altro vero totalitarismo, quello mondialista, nel quale la sovranità passa dalle mani dello Stato a quella di un’entità sovranazionale che di certo non migliora le condizioni delle masse, ma le aggrava enormemente.
A distanza di 84 anni, chi può dire infatti in tutta sincerità che il mondialismo è un fenomeno che ha giovato agli operai e alle classi sociali meno abbienti?
Chi può dire, sempre in tutta sincerità, che tale disegno di spoliazione della sovranità nazionale non abbia finito invece per soddisfare i desideri e le aspirazioni di quelle strutture di potere transnazionale rappresentate della finanza askenazita angloamericana che hanno concentrato nelle loro mani un’abnorme quantità di potere da quando lo Stato nazionale è stato messo al bando?
Le oligarchie odiano lo Stato nazionale perché esso è una vera propria diga che impedisce la concentrazione del potere nelle loro mani e impedisce al capitale di fare il bello e il cattivo tempo perché, a guardia dei processi economici, c’è una entità giuridica e politica che difende gli interessi economici e politici della nazione.
Spinelli fa il favore più grande che si potesse fare a coloro che aspiravano e aspirano a costruire una entità globale mondiale perorando la causa che il nemico del proletariato fosse la patria, quando il nemico più grande delle masse erano e sono invece proprio uomini come l’antifascista di Ventotene, ormai divenuto santo laico dei vari europeisti di questa ultima disgraziata generazione.
Considerate le premesse, l’Unione europea non poteva pertanto nascere come una organizzazione ispirata alla vere radici cristiane dell’Europa e come un’organizzazione che volesse comunque salvaguardare le prerogative degli Stati nazionali, dato che il suo scopo era quello di distruggere sia le prime che le seconde.
Il movimento federalista europeo finanziato dalla fondazione Rockefeller
Spinelli finita la guerra prosegue la sua guerra alla vera Europa cristiana, dopo aver fondato nel 1943 il suo Movimento Federalista europeo, al quale, come hanno rivelato documenti declassificati del dipartimento di Stato americano, arrivavano ingenti fondi da parte dell’ACUE, acronimo che identifica quell’organismo chiamato comitato americano per una Europa unita.
Dopo la seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti diventano a tutti gli effetti i garanti della governance mondiale che uomini come Spinelli vogliono costruire, e allora si premurano di creare comitati e organismi di vario tipo per far arrivare larghe quantità di fondi tutti a favore del progetto di integrazione europeo, che aveva e ha come scopo quello di mettere fine alle sovranità nazionali e favorire la nascita di un superstato europeo, parte integrante del governo unico mondiale che tali poteri vorrebbero creare.
A dirigere l’ACUE c’erano personaggi come il generale William Donovan, direttore dell’OSS, il precursore della CIA, che sin dai primi istanti si incarica di supervisionare e incoraggiare tutti quei movimenti dall’altra parte dell’Atlantico che si propongono di mettere fine alle sovranità degli Stati europei.
A sua volta questo comitato diretto dagli ambienti dell’intelligence americana riceveva i suoi fondi in larga parte dalla fondazione Rockefeller, massima espressione della finanza anglosionista americana, e quindi l’uomo che dichiarava di voler riscattare le sorti della masse attraverso la fine degli Stati era lo stesso che riceveva i fondi da quei poteri che per primi sfruttavano e sfruttano gli operai e la classe lavoratrice e che erano ovviamente i primi beneficiari della liquidazione delle nazioni.

La famiglia Rockefeller, finanziatrice del federalismo europeo di Spinelli
La donna che probabilmente ha introdotto il dissidente antifascista a questi potenti ambienti è stata con ogni probabilità sua moglie Ursula Hirschmann, un personaggio del quale si parla poco nelle varie agiografie spinelliane nonostante abbia avuto un ruolo chiave nella concezione del manifesto di Ventotene.
Ursula veniva infatti da una importante famiglia ebraica molto vicina proprio ai citati Rockefeller.

Ursula Hirschmann
Suo fratello, Albert, è stato membro della Rockefeller Foundation dal 1941 al 1943, per poi passare ai servizi segreti americani dell’OSS, il quale, come si è visto, aveva la funzione di favorire la nascita dell’Unione europea.
La Hirschmann è stata sposata poi anche con l’altro estensore del manifesto di Ventotene, Eugenio Colorni, ed è stata sempre lei a diffondere il documento una volta tornata dall’isola laziale.
Sin dai suoi primi vagiti, si può vedere chiaramente come l’infante europeista sia stato cullato e allattato dagli ambienti sionisti ed ebraici che avevano tutto l’interesse a costruire una falsa Europa liberal-progressista, multiculturale e multietnica per cancellare qualsiasi traccia dell’altra Europa, quella vera, quella cristiana e romana.
Non poteva mancare poi nel percorso del federalista europeo l’iniziazione alla massoneria, anche se non è esattamente chiaro in quale anno Spinelli sia entrato nella libera muratoria, forse già prima della seconda guerra mondiale, a giudicare dalle sue entrature, ma sembra pacificamente riconosciuto il fatto che il politico comunista fosse un massone.
La parabola di Ventotene sbocca dritta, come si può vedere, nel cuore della finanza ebraica mondiale di New York e in quello delle logge massoniche, ben lontano dal proletariato del quale Spinelli cianciava.
Il massone Spinelli non ha fatto altro quindi che prendere sulle sue spalle l’eredità di altri personaggi che avevano già iniziato l’opera prima di lui come il conte Kalergi, anch’egli massone e anch’egli finanziato dai potenti banchieri askenaziti, come i Rothschild e i Warburg che gli avevano chiesto di perorare la causa degli Stati Uniti d’Europa per poter cancellare le nazioni, la loro eredità storica e culturale, e assicurare così il dominio della finanza mondiale che ripudia le patrie e soprattutto il loro retaggio cristiano.
Il politico un tempo finito al confino diventa così un altro dei vari agenti di questa falsa Europa e la sua successiva carriera a Bruxelles assieme a Robert Schuman, altro massone di alto rango, e la fondazione dell’Istituto Affari Internazionali (IAI) nel 1965 a Roma sotto il patrocinio di Gianni Agnelli, membro del gruppo Bilderberg, come Spinelli, e del Club di Roma, sono il diretto risultato di un percorso al servizio del gotha del mondialismo che voleva disfarsi ad ogni costo delle sovranità nazionali.
Lo IAI in particolar modo può considerarsi una diretta emanazione del think tank britannico Royal Institute of International Affairs, RIIA, a sua volta un derivato della Round Table governata dalla famiglia Rothschild.
I vari satelliti del RIIA, come il CFR negli Stati Uniti e lo IAI in Italia hanno la funzione di eseguire le direttive che vengono trasmesse da Londra e ognuno di questi istituti si fa, ovviamente, portavoce della causa della difesa dell’ordine Euro-Atlantico e dell’anglosfera che ha esautorato dei suoi poteri lo Stato-nazione.
Tali gruppi si possono considerare come delle quinte colonne attive nei vari Paesi per erodere dall’interno la sovranità nazionale e consegnarla nelle mani dei soliti finanzieri e massoni internazionali di alto rango.
Nel cammino di Spinelli e della falsa Europa si incontrano costantemente quindi tutti gli elementi nemici della società cristiana.
Ci sono le massonerie, la finanza ebraica, i vari istituti etero diretti dai Rockefeller e dai Rothschild e sotto di essi un magma di politici agenti della sovversione che si adoperano per distruggere le entità nazionali in attesa del dio-uno del quale parla il massone di Bernardo, una sorta di tiranno molto simile all’Anticristo delle Sacre Scritture.
E’ per tale ragione che oggi si fa i conti con i disgraziatissimi figli di questa filosofia.
Il deserto globalizzato del mondo spinelliano
Sono i campioni del cosiddetto meticciato, della società aperta che vuole disfarsi del patriarcato e della famiglia naturale, per poter così lasciare spazio ad una società liquida, simile ad una comune nella quale tutto è collettivo, e i figli non appartengono più ai loro genitori, ma ai vari pederasti di turno che vogliono abusarli, e su questo basti vedere l’esperienza del Forteto così tanto esaltata dall’Ulivo e dal suo succedaneo del partito democratico.
Spinelli affermava che la fine dello Stato nazionale e l’avvento dell’internazionalismo avrebbero aperto la porta ad ogni sorta di dottrina politica, e che la democrazia sarebbe stata la vera bussola politica di tale sistema politico, ma ci si chiede, in tutta onestà, se davvero le masse ne hanno tratto qualche beneficio.
I popoli si sono visti travolti dalle immigrazioni incontrollate, buttati fuori dal mercato del lavoro, e sostituiti da questa manodopera di semi-schiavi a buon mercato, per la gioia di organizzazioni come Confindustria.
La perdita della sovranità monetaria ha trasformato lo Stato in un mendicante della finanza, costretto a bussare alle porte delle banche private e dei prestiti truffa del PNRR, che altro non sono che i contributi versati dall’Italia a Bruxelles e rigirati in prestito dall’UE a Roma per costruire cantieri fermi e inutili.
Nemmeno la salute è più assicurata ai cittadini del decadente mondo globalizzato spinelliano, perché la classe politica è in pratica il venditore porta a porta delle case farmaceutiche che ha obbligato le masse a sottoporsi ad un letale siero sperimentale che sta mietendo migliaia di vittime.
Il passaggio dallo Stato nazionale fascista a quello liberal-progressista internazionale si comprende ancora meglio in tale passaggio.
Non c’è più una classe dirigente che abbia a cuore gli interessi del Paese, ma ce n’è una composta da una spelonca di inguaribili banditi pronti a spolpare le viscere della nazione pur di compiacere il padrone che abita al di fuori dei confini nazionali.
La democrazia liberale ha schiavizzato l’Italia e l’Europa perché essa non è stata fatta certo per la gioia delle masse, ma per quella di coloro che custodiscono i cordoni della borsa, aperti soltanto per quei “politici” che eseguono le direttive che piovono da Londra e Bruxelles.
Alla fine, il “paradiso” democratico ha portato alla vera dittatura di una parassitaria élite mentre invece il tanto vilipeso fascismo aveva consentito, almeno fino alla sciagurata decisione di allearsi con il nazismo, ad un operaio o ad un panettiere di sfamare da solo famiglie di sette o otto persone.
Ecco la “lezione” del federalismo europeo.
Laddove è passata Ventotene non è più cresciuta l’erba e sarebbe ora di mettere definitivamente al bando la figura di Spinelli, che altro non era che un agente della libera muratoria e della famiglia Rockefeller che in nome di una falsa pace ha portato nel cuore dei Paesi europei dove c’era vera prosperità e crescita soltanto fame, miseria, malattia e disperazione.
Il manifesto di Ventotene non appartiene alla storia d’Italia e dei suoi valori cristiani.
Il tentativo di rievocarlo da parte della classe politica italiana dà soltanto la misura di quanto sia attaccata alla greppia questo spregevole ammasso di ladri e traditori.
Ventotene appartiene alla massoneria e al suo satanico progetto di distruggere le patrie per instaurare la sua dittatura.
L’Europa del futuro non è quella di Spinelli.
E’ quella di San Tommaso, Dante, Giulio Cesare e Sant’Agostino.
E’ quella delle radici greco – latine e cristiane dell’Italia.
Fonte: https://www.lacrunadellago.net/26587/
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