Da queste parti c’è ancora sconcerto misto a profonda amarezza. Il sistema politico italiano e i suoi saltimbanchi fino all’ultimo si sono illusi che ci potesse essere una qualche competizione, un qualche equilibrio nella sfida tra Donald Trump e Kamala Harris.
Stamattina devono aver fatto i conti con la dura realtà. Dopo aver divulgato i soliti sondaggi falsi, si è appreso della vittoria a valanga di Trump.
Non c’è stata semplicemente partita. E’ stata una vera e propria ondata rossa. Mentre scriviamo, persino il New York Times, uno dei principali organi di (dis) informazione dello stato profondo, ammette che Trump ha ormai il 95% di probabilità di vittoria e che si appresa a conquistare tutti gli stati chiave decisivi.
Il numero dei collegi elettorali che dovrebbe essere assegnato a Trump è pari a 306, ben oltre i 270 minimi, con la Harris ferma ad un misero 230.
Umiliata, la vice di Biden ha subito telefonato a Trump e ha riconosciuto la sua sconfitta. Prima delle elezioni da parte di qualcuno veniva detto che c’era un serio rischio di frode elettorale, di vedere una replica di quanto visto nel 2020.
La frode del 2020 non era ripetibile
Noi, da parte nostra, non ci abbiamo mai creduto semplicemente perché quanto visto 4 anni fa è stato, sotto certi aspetti, “permesso” dal campo di Trump, e se non si comprende cosa è successo veramente nel 2020, difficilmente si può comprendere quello che è accaduto ora.
Questa è la storia di un piano ben studiato da Donald Trump e dai suoi, che già nel 2018 aveva già firmato degli ordini esecutivi, si ricordi il celebre ordine 13848, nel quale era scritto chiaramente come gli Stati Uniti dovessero adottare delle misure emergenziali per contrastare tentativi stranieri di ingerenze nelle sue elezioni.
L’ordine esecutivo firmato da Trump nel 2018
Non ovviamente le bufale delle ingerenze russe diffuse dai media italiani e americani, ma quelle reali, quelle, ad esempio, della Germania, della Svizzera e soprattutto dell’Italia che già nel 2016 si diede da fare attraverso lo Spygate per spiare illegalmente Trump in una operazione congiunta che avrebbe visto la partecipazione dell’ex presidente Obama e di Renzi, che in quei giorni cercava un sostegno per far passare il suo referendum costituzionale, poi fragorosamente fallito.
Il capitolo successivo a questo primo tentativo di golpe ai danni di Trump è stato l’Italiagate nel quale ci sarebbe stata una massiccia partecipazione di tutto l’establishment italiano corso in soccorso di quello americano nel tentativo di ribaltare l’esito del voto e di ristabilire il precedente status quo alla Casa Bianca.
Ogni cosa dipendeva dalla sopravvivenza dell’impero americano. Era questo conglomerato governato da multinazionali, finanza ebraica, lobby sioniste quali Chabad, e industria militare che aveva scelto la superpotenza americana come garante e indispensabile esecutore del piano della governance globale, oppure nella sua accezione classica del Nuovo Ordine Mondiale.
Se questo conglomerato fosse passato nelle mani di un presidente che non era stato scelto da tali poteri, allora qualsiasi possibilità di costruire un impero mondiale si sarebbe sciolta come neve al sole.
La ragione per la quale è stata scatenata una guerra senza quartiere a Trump è solo e soltanto questa. Costoro non potevano permettersi di perdere l’America, il motore vitale del mondialismo e hanno cospirato sin dal primo istante contro Trump.
Lo hanno fatto con le tentate frodi elettorali, e lo hanno fatto anche con diversi tentativi di omicidio, di cui gli ultimi due soltanto quest’anno, e il più clamoroso, è stato quello di Butler, in Pennsylvania, nel quale sembrava esserci veramente stata la mano della Provvidenza che ha salvato Trump da morte certa.
Tutto è stato vano, e la frode elettorale di 4 anni fa non ha portato l’esito previsto. E’ del tutto evidente. Se Joe Biden avesse veramente eseguito le volontà dei democratici e dei signori del mondialismo, a quest’ora racconteremmo una storia molto diversa.
A quest’ora forse nemmeno saremmo qui a scrivere, poiché il mondo sarebbe in condizioni molto differenti con una farsa pandemica probabilmente riuscita e con l’avvento del Grande Reset di Davos.
Uno degli esponenti di questi ambienti, John Kerry, ex segretario di Stato USA e membro di Skulls & Bones, la famigerata società segreta massonica, affermò che con Biden alla Casa Bianca il Grande Reset avrebbe subito un’accelerazione impressionante.
Ed erano in molti a pensare che fosse finita, ma noi invece no, e lo dicemmo già tre anni orsono quando vedemmo un insolito dispiegamento di forze armate a Washington su diretto ordine di Trump che aveva deciso di far intervenire la Guardia Nazionale dopo la frode ai suoi danni e dopo i disordini del 6 gennaio, provocati in larga parte da infiltrati della CIA e dell’FBI.
Biden e il mancato ritorno dell’impero americano
Biden, per dirla ancora in termini più espliciti, non ha fatto il Biden.
Anziché spingere verso una prosecuzione della farsa pandemica e su un prolungamento delle restrizioni, ha lasciato che gli stati togliessero a poco a poco tutte le vessazioni delle direttive Covid, e non ha nemmeno invertito la rotta della politica estera di Trump, attraverso il ritiro delle truppe dall’Afghanistan e negando ai nazisti ucraini tutto il supporto che gli Stati Uniti avrebbero potuto dare.
L’impero ha continuato a sgretolarsi, ed è quindi evidente che la frode non è riuscita a raggiungere l’esito che si era preposta.
Non c’è stato il ritorno al vecchio status quo, ma piuttosto una continuazione delle precedenti politiche di Trump.
Gli osservatori del mainstream, tra i quali il Financial Times, reagivano furenti. Si chiedevano cosa mai stesse succedendo e perché Joe Biden non facesse ciò che avrebbe dovuto sulla carta fare, tanto che il presidente democratico nei mesi scorsi decise persino di imporre nuovi dazi esattamente come Trump.
Il Financial Times si lamenta della continuità tra Trump e Biden
La frode non ha avuto successo perché con ogni probabilità il passaggio di consegne da Trump a Biden non è mai stato reale e definitivo.
Non c’è stato un vero e proprio trasferimento di poteri, ma una sorta di commissariamento della cosiddetta amministrazione Biden che si è ritrovata ad essere irreggimentata e pilotata sin dal principio dagli alti vertici delle forze armate americane.
Diverse fonti militari rivelarono infatti come nel 2021, prima di lasciare la Casa Bianca, Trump firmò l’atto contro le insurrezioni, una legge speciale che consente al presidente di ricorrere all’uso delle forze armate qualora ci fosse il rischio di un colpo di Stato o disordini generalizzati che mettono a rischio la sicurezza pubblica, come si stava effettivamente verificando attraverso la massiccia frode elettorale ai danni del presidente.
Il presidente degli Stati Uniti non è nemmeno tenuto a rendere noto di aver preso questa decisione, e i suoi poteri possono estendersi anche molto oltre, attraverso i cosiddetti PEAD, acronimo che identifica i poteri presidenziali di emergenza, che estendono i poteri del presidente americano per gestire situazioni di crisi.
I PEAD furono concepiti al tempo della guerra fredda, ma fanno ancora parte a pieno titolo della legislazione americana e non sono mai stati abrogati.
Il presidente ha ancora oggi piena facoltà di invocare poteri straordinari per far fronte a situazioni di potenziale instabilità per la sicurezza nazionale.
Soltanto la storia darà un giorno la risposta definitiva a questo interrogativo, ovvero quello se Donald Trump ha effettivamente firmato la legge contro le insurrezioni oppure utilizzato i PEAD, ma, ad ogni modo, è del tutto evidente che il presidente non è mai uscito davvero di scena in questi ultimi 4 anni, e che la sua linea politica non è mai stata disapplicata da Biden, il quale attraverso una interminabile sequela di gaffe e strafalcioni non faceva altro che aumentare i consensi di Trump.
La frode, quindi, non è stata una sorpresa per il presidente americano che sembra aver giocato una tremenda beffa ai suoi avversari, che, vistisi perduti, hanno prima provato ad uccidere Trump a Mar-a-Lago nel gennaio del 2021 attraverso un drone che ha sparato contro la finestra della sua camera da letto, e poi ci hanno provato nelle due citate occasioni di quest’anno, senza contare gli altri eventuali tentativi di cui non abbiamo notizia.
E’ stata una guerra senza sosta a quest’uomo.
Il potere dell’alta finanza ha giocato tutte le sue carte e ha persino fatto una chiamata d’emergenza su Zoom, nella quale la vedova di Evelyn de Rothschild, Lynn, dava istruzioni ai vari membri delle più grosse corporation americane per impedire, senza successo, di cambiare le leggi sul voto postale che consentirono la frode nel 2020.
La famiglia Rothschild sapeva molto bene che Trump non gli avrebbe più concesso di fare quanto visto nel 2020.
Non ci sarebbe stata un’altra Dominion. Non ci sarebbe stato un altro Italiagate, e non ci sarebbe stato un altro diluvio di voti postali falsi attraverso i quali si ribalta l’esito elettorale già deciso.
E’ stata una trappola per topi quella che il presidente ha teso ai suoi nemici che si sono ritrovati disarmati negli ultimi 4 anni, privi del controllo della Casa Bianca, e che, oggi, vedono il ritorno ufficiale di Trump, in quello che potrebbe essere considerato un suo terzo mandato che chiude il cerchio di un piano iniziato almeno 8 anni prima.
Trump però non nasce per caso. Aveva già deciso qualche anno prima del 2016 che avrebbe dovuto scendere in campo e provare a fermare la corsa di quegli uomini che volevano distruggere la sovranità degli Stati Uniti per portarla in dote al moloch globale.
Adesso sono tutti spaesati, smarriti, terrorizzati. Non sanno cosa fare da questa parte dell’Europa perché è venuto meno definitivamente meno l’assetto stabilito a Yalta a Bretton Woods nel 1945, e l’anglosfera con tutto ciò che c’è dentro si avvia verso la sua definitiva liquidazione.
L’UE in tale inedita situazione si ritrova schiacciata da due lati.
A Ovest, non c’è più il vecchio garante dell’Unione che metteva fondi illimitati per creare il mostro di Maastricht nel 1992.
Ad Est, c’è la Russia di Putin e il mondo multipolare dei BRICS che oggi è la più vasta organizzazione geopolitica al mondo, con la partecipazione di larga parte dei Paesi africani, asiatici, e dell’America Latina.
Il futuro non è più globale, ma multipolare, e questo porta inevitabilmente alla certa fine dell’Unione europea che si ritrova priva del fondamentale appoggio dell’impero americano, e sempre più divisa al suo interno, con alcuni Paesi, tra i quali persino la multiculturale Svezia, che stanno già iniziando a rispedire indietro gli immigrati clandestini.
La storia, evidentemente, ha svoltato in una direzione imprevista per costoro. D’Alema in un momento di fredda lucidità, forse dettato dalla sua disperazione, lo ammise senza mezzi termini.
Non è più questo il tempo del Nuovo Ordine Mondiale. Non è più il tempo della fine delle sovranità nazionali, ma del loro ritorno.
Il cambiamento in questione è epocale e non potrà non toccare la piccola e misera classe politica della Seconda Repubblica che negli ultimi 30 anni ha assolto alla funzione di passacarte dell’impero americano e dello stato ebraico.
Adesso quel mondo sta tramontando e la piena della storia si sta portando via tutto quello che trova sulla sua strada.
I vari peones dello stato profondo italiano lo sanno molto bene. E’ per questo che stamane i loro volti sono terrei e cupi.
Sanno che è finita, e sanno che la piena si porterà via anche loro.
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