di Cesare Sacchetti
Le reazioni degli uomini del mainstream mediatico americano e internazionale sono state un qualcosa di comico.
Dopo il dibattito, per così dire e tra un istante si capirà meglio perché, tra Joe Biden e Donald Trump nelle redazioni dei vari quotidiani dei media “dominanti” angloamericani si è diffuso il panico.
Joe Biden non è chiaramente in grado di parlare, e quando lo fa non si capisce nemmeno cosa dice.
Nel salottino della CNN, il sancta sanctorum della sinistra democratica americana, era in pratica una gara a chi snocciolava più motivazioni per suggerire a Biden di farsi da parte e di lasciare il posto a qualcun altro.
Alcuni suggeriscono l’ingresso nelle presidenziali di Gavin Newsom, governatore della California, altri invece evocano la moglie dell’ex presidente Barack Obama, caduto in disgrazia dopo il 2016 e secondo varie fonti in procinto di trasferirsi altrove, possibilmente nella sua terra natia, in Kenya, soprattutto dopo l’episodio che ha portato alla misteriosa morte del suo cuoco, ufficialmente annegato, nonostante avesse sul suo corpo dei lividi, segni evidenti di percosse precedenti inferte da qualcuno.
Nulla di tutto questo, a nostro parere, accadrà, per una semplice ragione. Il partito democratico americano non è più in controllo della partita da un pezzo e qui di seguito prenderemo in esame due scuole di pensiero, o meglio due letture per spiegare quello che sta davvero accadendo alla Casa Bianca da 3 anni a questa parte, e dimostreremo come soltanto una di queste due ipotesi sia quella che più aderisce ai fatti a differenza della seconda.
Joe Biden non controlla la presidenza degli Stati Uniti
Sembra esserci un generale accordo sul fatto che Joe Biden non è chiaramente l’uomo che è in controllo della presidenza degli Stati Uniti.
I suoi evidenti problemi di demenza senile, le sue innumerevoli gaffe, l’ultima di una lunghissima serie è quella dove dichiara di voler diventare presidente delle Hawaii, mostrano che alla Casa Bianca c’è un uomo che non sarebbe nemmeno in grado di svolgere un normale lavoro da impiegato, figuriamoci quello di presidente degli Stati Uniti, il leader del “mondo libero”, come viene chiamato dalla vulgata liberal-democratica.
La prima scuola di pensiero vuole sostanzialmente che Biden sia controllato dagli apparati del partito democratico.
Non è certamente lui a prendere le decisioni che contano nell’ufficio ovale, ma in realtà gli esponenti più noti dei democratici, quali il citato Barack Obama, vicinissimo a George Soros e quella parte del mondo ebraico più progressista che auspica il tanto agognato, da costoro, e famigerato Nuovo Ordine Mondiale.
Gli anni di Obama alla Casa Bianca sono stati perfettamente in linea con tale agenda, e sotto la sua amministrazione il mondo non è mai stato così vicino a precipitare sull’orlo di uno scontro totale con la Russia che ha fatto di tutto per impedire la caduta della Siria di Assad, e prevenire così lo smantellamento e l’annessione di questo Paese tra le braccia della Grande Israele, il “sogno” del sionismo messianico, filosofia imperialista strettamente connessa al mondialismo, in quanto questo, o almeno una parte di esso, si propone di assegnare lo scettro del supergoverno mondiale allo stato di Israele.
Obama però, come si accennava sopra, è alquanto decaduto e sembra molto lontano dall’influenzare alcunché, soprattutto dalle parti di Joe Biden.
Se si guarda più da vicino poi alle politiche perseguite dal presidente democratico, si vedrà che esse hanno poco o nulla a che fare con l’agenda dell’anglosfera legata alla supremazia dell’impero americano.
I media mainstream, Biden e la “missione” originaria degli Stati Uniti
A leggere i quotidiani del mainstream angloamericano, si resta basiti. C’è una lunga lista di lamentele, una sorta di cahier de doleances nei confronti di Biden da parte dei vari “giornalisti” portavoce del Council on Foreign Relations, del gruppo Bilderberg o del club di Roma, soltanto per citare alcuni degli istituti mondialisti più influenti degli Stati Uniti per larghissima parte del secolo scorso.
Washington in questo sistema di potere non era il luogo dove si decideva il destino dell’America. Washington era soltanto l’ultima destinazione di una cintura di trasmissione composta da un fitto reticolato di gruppi e lobby sioniste, tra le quali ci sono le potenti AIPAC e Chabad Lubavitch, che si servivano della presidenza degli Stati Uniti per far sì che questi assicurassero la supremazia di Israele e il raggiungimento della governance mondiale.
Gli Stati Uniti non sono stati soltanto a guardia della democrazia liberale, il sistema politico più venerato dai vari circoli massonici, ma sono stati soprattutto a guardia di una visione del mondo fondata sul totalitarismo sovranazionale a tutto discapito ovviamente degli Stati nazionali, ridotti nel XX secolo a comprimari svuotati della loro sovranità, trasferita dai vari governanti nelle mani di gruppi di pressione privati, di lobby israeliane, e, ovviamente, della immancabile finanza askenazita che altro non è che la stessa incarnazione vivente del capitalismo moderno, come spiegò bene Werner Sombart nel suo celebre saggio “Gli ebrei e la vita economica”.
A Joe Biden era affidata la “missione” di riportare in vita tutto questo “ordine”. Joe Biden avrebbe dovuto riportare in vita il precedente status quo interrotto da Donald Trump.
Il presidente dei democratici già coinvolto in diversi scandali di corruzione doveva riequilibrare l’equazione del mondialismo per partorire il risultato voluto da tali poteri.
Non può esistere difatti un Nuovo Ordine Mondiale senza la partecipazione degli Stati Uniti, e uno degli appartenenti a tale club, Henry Kissinger, era ben conscio di tale evidenza.
La frode elettorale nasce per questa ragione.
La frode elettorale aveva il preciso compito di riportare indietro le lancette dell’orologio della storia e riconsegnare l’America tra le braccia dei poteri che hanno governato questa nazione per larga parte dell’900, con la sola eccezione della presidenza Kennedy, terminata brutalmente il 23 novembre del 1963 a Dallas, con l’esecuzione del presidente degli Stati Uniti che aveva avuto già durissimi scontri con lo stato ebraico e i suoi propositi di nuclearizzazione.
Non si sono però manifestati i risultati tanto attesi nelle stanze del potere che conta.
Joe Biden non ha ripreso le redini della politica imperialista degli Stati Uniti. Ha invece, paradossalmente, proseguito le orme della politica estera di Donald Trump.
Ha portato a termine il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, suscitando le ire del citato Financial Times, e facendo in mondo così che i talebani ritornassero inevitabilmente al potere.
L’Afghanistan è stato un trauma dal quale l’atlantismo ancora non si è ripreso, poiché questo Paese oltre ad avere una importante valenza geopolitica ed economica per via delle sue numerose miniere naturali, era a tutti gli effetti il quartier generale della produzione di oppio mondiale.
L’Afghanistan era il posto che permetteva la produzione di eroina su scala mondiale, in quanto notoriamente senza l’oppio è impossibile produrre la droga che ha distrutto le menti e i corpi di molte generazioni dopo gli infausti anni’60 , la stagione nella quale venne concepita una rivoluzione “culturale” dai filosofi askenaziti della scuola di Francoforte, su tutti Adorno e Horkheimer, che avevano soltanto un obiettivo primario.
Quello di porre fine alla società cristiana. Quello di soffocare quelle tradizioni che avevano consentito all’Europa di essere un faro di civiltà nel mondo per diventare invece un pozzo di degenerazione morale e culturale sfociato nella presente guerra al patriarcato, nell’esaltazione del gender e nello sdoganamento della pedofilia iniziato dal padre del movimento LGBT in Italia, Mario Mieli.
La droga è in questo senso una perfetta arma di distruzione di massa e delle masse. La sua produzione è stata sin dal principio gestita dai vari gruppi di intelligence angloamericani, ai quali era stato affidato il compito di creare una generazione di giovani nichilisti, facili prede delle pulsioni più sfrenate e degli istinti più bestiali per separarli dalla verità, dall’amore, dalla carità e ridurli invece a mere monadi possedute dal folle istinto nietzscheano di elevarsi a superuomo e di sostituirsi a Dio.
L’Afghanistan serviva anche a questo. Serviva a proseguire il programma di devastazione delle masse attraverso le droghe e la sua perdita ha rappresentato un gravissimo colpo per i narcotrafficanti, che non sono certo soltanto le manovalanze mafiose, ma bensì il piano superiore, quello rappresentato dalla massoneria, dall’alta finanza e dalle banche.
All’inizio il piano era chiaramente quello di piazzare Biden alla Casa Bianca per poi sostituirlo già nel 2021 con Kamala Harris come scriveva in uno dei suoi articoli per Il Tempo, Luigi Bisignani, già membro della loggia massonica P2, che sembra assolvere alla funzione di postino di questi ambienti iniziatici e comunica le volontà prese nelle “segrete stanze”.
Nulla si è verificato di quanto annunciato da Bisignani poiché, e forse all’epoca non glielo avevano ancora detto, non sono evidentemente i democratici ad essere in controllo della Casa Bianca e qui veniamo alla seconda ipotesi citata al principio di questa analisi.
Lo stato profondo non controlla Joe Biden
Biden non solo costituisce una fonte di imbarazzo per lo stato profondo attraverso le sue continue gaffe, i suoi noti problemi di incontinenza intestinale, per così dire, ma anche un ostacolo politico perché, come detto, non ha mutato la mappa della politica estera di Trump, e ha deciso persino di proseguire le politiche protezionistiche di Trump, suscitando così, ancora una volta, le ire del Financial Times che non si dà pace per il fatto che l’uomo che avrebbe dovuto riportare in piedi il precedente status quo segue invece le orme del suo predecessore, così odiato dai vari ambienti del mondialismo americano ed europeo.
Sull’Ucraina il film è pressoché identico. Kiev si è più volte lamentata del fatto che Washington si è guardata bene dall’inviare i suoi pezzi migliori per ciò che riguarda gli armamenti, così come l’invio di truppe americane che molti si aspettavano non si è manifestato.
Washington si è separata dall’atlantismo e, per quanto paradossale possa sembrare soltanto ad una prima superficiale lettura, c’è una evidente continuità in questo tra Trump e Biden.
Se è pacifico dunque che il presidente democratico non risponde ai comandi di coloro che l’hanno messo dove si trova, allora occorre capire cosa è veramente accaduto dopo la frode elettorale del 2020.
In quegli istanti, tutti erano convinti che fosse finita. Tutti si schierarono contro Donald Trump accusandolo di aver “tradito” la causa, un esercizio molto praticato dai vari falsi controinformatori che ancora oggi si prodigano nel diffondere i vari depistaggi di Trump “massone” e Trump “sionista”, sempre nel tentativo di indebolire la base di consenso del presidente americano e portare così le persone nel territorio del nulla gnosticista del “ci salviamo da soli” ripetuto da personaggi quali David Icke, disinformatore principe delle varie massonerie che attraverso l’inganno degli “alieni”, ovvero entità demoniache, si propongono di allontanare le persone dalla fede cristiana.
Noi da parte nostra invece notammo che c’era qualcosa che non andava nella transizione tra Trump e Biden.
Notammo che mai si era visto un simile dispiegamento di truppe della guardia nazionale americana che circondava il Campidoglio nonostante non ci fosse nessuna apparente necessità di utilizzare tali forze per una inaugurazione, quella di Biden, disertata dagli elettori americani.
Appariva evidente che qualcos’altro stava accadendo dietro le quinte, e nei mesi successivi si ebbe la conferma che Trump non aveva ceduto e non aveva abbandonato la partita come invece continuavano a ripetere i vari depistatori.
Una volta che si vide che Biden non spostava il percorso tracciato da Trump, e una volta che si vide che i vari stati americani rimuovevano le varie restrizioni per il coronavirus, si ebbe già allora la certezza che i democratici non stavano conducendo la partita e andando nella direzione del Grande Reset di Davos come invece ci si attendeva da quell’amministrazione.
Il passaggio di consegne non sembra esserci mai realmente stato e una giornalista americana, Laurie Roth, già nel 2021 rivelò che ambienti militari le avevano riferito che Donald Trump aveva segretamente firmato l’atto contro le insurrezioni e impedito così che l’amministrazione Biden entrasse effettivamente in carica.
L’atto contro le insurrezioni è stato inserito nel quadro legislativo americano nel 1878 tramite il Posse Comitatus Act, e attraverso queste disposizioni il presidente può ricorrere all’uso delle forze armate per porre fine a delle situazioni che minacciano la stabilità e l’ordine del Paese.
Il potere, da allora, se tale lettura è corretta, sarebbe nelle mani dei militari e l’amministrazione presente non sarebbe altro che una mera farsa in quanto sono altri i personaggi che decidono la politica degli Stati Uniti, e non sono certo i democratici che non riescono nemmeno a impedire a Biden di ricandidarsi, a dimostrazione di come questi ormai siano del tutto impotenti in questa partita.
Difatti se fosse stato per loro, avrebbero rimosso Biden già 3 anni fa ma non potevano fare nulla allora come oggi per il semplice fatto che il potere non appare essere evidentemente nelle loro mani.
Se qualcuno nutre dubbi sulla legittimità giuridica di tale percorso, allora costui o costoro dovrebbero studiare con più attenzione la costituzione americana in quanto questa consente al comandante in capo di ricorrere a tali poteri senza nemmeno informare il Congresso.
E il potere del presidente degli Stati Uniti va anche al di là dell’atto contro le insurrezioni. Esistono anche i PEAD, un acronimo che sta per Presidential Emergency Action Documents, che consentono al presidente di estendere i suoi poteri attraverso ordini esecutivi molto al di là del perimetro assegnatogli dalla carta costituzionale.
Questi furono concepiti negli anni’50, ai tempi dell’amministrazione Eisenhower, saldamente nelle mani della lobby sionista, nell’ottica di un eventuale scontro nucleare tra Stati Uniti e URSS, ma restano ancora oggi validi.
Il presidente degli Stati Uniti ha ancora oggi la facoltà di attivarli in quelle situazioni di emergenza che richiedono appunto interventi straordinari, e non si più certo negare che la frode elettorale per la sua natura sia stata un atto eversivo che richiede un intervento al di fuori dell’ordinario da parte del comandante in capo.
I fatti sembrano chiaramente tutti pendere dalla parte di questo scenario, in quanto, ad oggi, non stiamo affatto assistendo ad un ritorno dell’ordine concepito ai tempi della seconda guerra mondiale con l’impero americano a garanzia di tale ordine.
Assistiamo invece allo scenario opposto. Assistiamo alla dissoluzione dell’anglosfera e i vari architetti del mondialismo e della massoneria che forse si illudevano di essere onnipotenti, si riscoprono invece impotenti e non possono fare nulla per togliere di mezzo un Biden ormai ridotto a fantoccio commissariato da altri poteri.
Siamo alla chiusura del cerchio di una operazione iniziata già nel 2016 quando Trump annunciò la sua discesa in campo.
Siamo all’atto finale dello smantellamento del Nuovo Ordine Mondiale, e per quanto le varie vedove inconsolabili del mondialismo si agitino, non c’è nulla che possa fermare questo meccanismo.
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