Lo pneumologo Luca Richeldi ha chiesto di patteggiare una pena pecuniaria di 49mila euro nel processo per violenza sessuale ai danni di una paziente. Primario del policlinico Gemelli, professore di Malattie dell’apparato respiratorio dell’università Cattolica del Sacro Cuore, Richeldi è divenuto volto noto durante i momenti più critici della pandemia per la sua periodica presenza alle conferenze stampa della Protezione Civile. La notizia della richiesta di patteggiare è stata anticipata oggi dal Domani. La Procura ha dato parere favorevole e ora l’ultima parola spetta al gup. La parte offesa ha annunciato opposizione. Inizialmente si era parlato anche di una pena detentiva (sempre in fase di patteggiamento), ma la l’avvocata di Richeldi Ilaria Barsanti ha specificato che “la soluzione dell’accordo con il pubblico ministero prevede esclusivamente una pena pecuniaria peraltro sospesa”.
Come spiega il Domani, la vicenda risale a inizio 2022: la paziente ha denunciato che il professore la palpeggiò e la baciò sulla bocca nonostante i tentativi della donna di sottrarsi. Il medico allora, dice ancora la denuncia, l’ha “cinta alle spalle con le mani, appoggiandosi con il corpo contro di lei”. Tutto sarebbe avvenuto in una delle stanze dell’enorme complesso ospedaliero del Gemelli. Da parte sua Richeldi ha confermato di aver visitato la donna, ma ha respinto per intero tutta la ricostruzione. Oltre alla pena Richeldi ha proposto anche la partecipazione a un processo di risocializzazione nella stessa struttura per cui lavora, non convenzionato con il tribunale di Roma. Da qui l’opposizione dell’avvocata della parte offesa. Il primario, senza patteggiamento, secondo il codice penale, rischierebbe dai 6 ai 12 anni.
“Ciò che meraviglia del parere positivo espresso dal pm della Procura – dice la legale della presunta vittima, Ilenia Guerrieri – è il conflitto evidente tra l’impegno della società civile a sostenere le donne affinché trovino il coraggio di denunciare e una definizione del processo cosi premiale, che non rispetta le indicazioni legislative, quale quella per esempio, della sospensione della pena, solo all’esito di percorsi riabilitativi per sexual abuser, preferibilmente svolti tra i centri Cuav in convenzione con il Tribunale di Roma”. “Altro elemento – conclude – che di certo non invoglia le donne a denunciare i reati sessuali, è la previsione nel patteggiamento proposto, della sospensione della pena pecuniaria e della pena accessoria“, aggiunge la legale.
All’avvocata risponde la legale di Richeldi Barsanti che sottolinea come l’accordo con la Procura sia “una libertà processuale voluta dal legislatore per consentire all’indagato di non sottoporsi al processo per anni. Come dire, meglio una chiusura subito con un accordo che ottenere un’assoluzione in un tempo indefinito. Ogni speculazione che si sta facendo sulle scelte processuali dell’indagato e del suo difensore non solo è gravemente lesiva del diritto di difesa, ma determina un’indebita ingerenza anche rispetto all’operato della magistratura”.
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