Un articolo del 2021, immaginiamoci cosa abbiamo ingerito da 3 anni e cosa ingeriamo tutt’oggi!
I dati dalla dottoressa Gentilini, che da anni segue il monitoraggio. E l’assessore Giulia Zanotelli risponde: «Non si metta in cattiva luce il Trentino»
TRENTO. Chiamateli fitofarmaci, chiamateli pesticidi, chiamateli prodotti di sintesi: il problema rimane. La Provincia autonoma di Trento è al secondo posto in Italia, dopo il Veneto, per l’utilizzo di prodotti fitosanitari, con 1.254 tonnellate, pari a 54 chili per ettaro. A dirlo recenti dati Ispra, citati da Patrizia Gentilini, medico chirurgo specialista in oncologia ed ematologia e rappresentante del Comitato scientifico dell’associazione Medici per l’Ambiente Isde Italia, intervenuta ieri ad una conferenza informativa organizzata dal Consiglio provinciale sul tema dell’uso dei fitofarmaci in natura.
“Esiste poi una diversa tossicità tra principio attivo e formulato commerciale. In quest’ultimo sono presenti decine di altre sostanza che rendono il prodotto finale molto più pericoloso del solo principio attivo. E questo è stato dimostrato per il glifosate”, ha spiegato Gentilini. “Queste sostanze immesse nel territorio e disperse nell’ambiente contaminano tutto il sistema circostante, senza che vi sia la possibilità di controllarne la diffusione”.
L’Ispra mostra che in Trentino sono state trovate 130 sostanze, sopra la media nazionale, nel 52% delle acque superficiali. Si tratta di sostanza altamente nocive come l’atrazina. Fortunatamente invece nelle acque sotterranee non sono stati trovati pesticidi. Ai fitosanitari – è stato ricordato – sono esposti innanzitutto gli stessi agricoltori che li utilizzano e le loro famiglie, ma anche i semplici passanti. L’esposizione residenziale ha indagato rischi per persone che abitano fino a 8 km di distanza. E ha rilevato un aumento della mortalità per morbo di Parkinson, abortività spontanea, malformazioni, tumori infantili, danni al neuro-sviluppo con calo del quoziente cognitivo e disturbi dello spettro autistico. In Val di Non su 34 individui sani è stata riscontrata nelle urine e nel sangue la presenza di 10 tra pesticidi e fungicidi in quantità diverse a seconda dei periodi in cui sono avvenuti i trattamenti. I fitosanitari nell’organismo – ha aggiunto la dottoressa – riducono la capacità di riparo enzimatico e quindi le difese nel nostro dna. Da un altro studio recente realizzato dall’università di Firenze è emerso che nelle persone residenti vicino ad aree coltivate con l’agricoltura intensiva i casi di Covid-19 sono stati 134 ogni 100 km2 mentre sono risultate affette dal Coronavirus, 49 persone nelle zone non coltivate con agricoltura intensiva. Dunque – ha sottolineato Gentilini – l’esposizione a queste sostanze altera i meccanismi di difesa dalle malattie, compreso il Covid-19. “L’uso sostenibile dei fitosanitari – ha concluso – è di farli diventare inutili, perché sempre anche una minima quantità di queste sostanze finisce nell’ambiente. Occorre quindi puntare all’agrobiologia, contemperando produzione agricola, salute delle persone e dell’ambiente. Questo è il momento in cui avere il coraggio di cambiare”.
Le affermazioni della studiosa hanno avuto immediata risposta dalla Provincia. Oggi i due terzi delle acque del Trentino si trova in uno stato ecologico buono e il 16% è in stato elevato buono, il che significa che anche la vegetazione e il fondo dei corsi d’acqua sono inalterati. La parte rimanente è invece in sofferenza. La mappa a livello provinciale racconta l’ottima qualità dei territori montani, mentre i territori come la Val di Non, la Valsugana, il Bleggio e l’Asta dell’Adige sono caratterizzati da agricoltura intensiva, che le acque registrano. Dove vi è un intenso sfruttamento della risorsa territoriale agricola, questo viene letto nella qualità delle acque. Questa la fotografia riportata dalla dott.ssa Raffaella Canepel, dirigente del Settore qualità ambientale della Provincia autonoma di Trento (Pat), che intervenendo al convegno informativo organizzato dal Consiglio provinciale ha analizzato l’impatto ambientale sui corpi idrici dei fitofarmaci utilizzati in agricoltura. Per governare dal punto di vista qualitativo le acque – ha ricordato – vi è un piano di tutela apposito, che è lo strumento con il quale la Pat organizza le attività conoscitive per imporre certe misure se determinati obiettivi di qualità non vengono raggiunti. Per questo avviene il monitoraggio delle acque. I corpi idrici nel Trentino sono 412 e a ciascuno è attribuito un giudizio di qualità per raggiungere uno stato qualitativo buono a seconda degli orizzonti temporali, l’ultimo dei quali è indicato per il 2027. Entro quell’anno si dovrebbe raggiungere uno stato di qualità buono, altrimenti occorrerà mettere in atto una serie di azioni. Ogni 6 anni il piano di tutela delle acque viene rinnovato. Dal 2015 il piano di tutela delle acque prevede misure e numerose azioni volte a migliorarne la qualità, ascrivibili al comparto agricolo. Molto importanti – è stato aggiunto – sono stati gli accordi di programma sottoscritti nel 2015 e nel 2017 con le associazioni di categoria – Apot, Consorzi Vini del Trentino e Fem – che hanno introdotto modalità operative tra gli agricoltori con cui sono stati raggiunti risultati interessanti. Ad esempio con l’eliminazione di alcuni insetticidi nel 2017 che non si trovano più nelle acque. Si sta lavorando anche per evitare la concentrazione di fitofarmaci migliorare il lavaggio di mezzi agricoli consortili. Otto corpi idrici che erano in un cattivo stato
Ai dati riportati dalla dottoressa, supportati da cifre e analisi, replica l’assessore all’agricoltura Giulia Zanotelli: “Non si metta in cattiva luce il grande lavoro svolto dalla Provincia e dagli agricoltori per la qualità della produzione e dell’ambiente” ha detto l’assessore, che ha anche chiesto chiarezza e una contestualizzazione dei dati forniti “per non confondere il Trentino con altri territori”.
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