Sentenza della Corte di Assise di Trieste: 15 anni e 7 mesi per le iniezioni letali che il dottor Vincenzo Campanile. La procura aveva chiesto una condanna a 25 anni e mezzo di carcere
Ha ucciso nove anziani malati, con altrettante iniezioni letali. Un gesto – secondo i giudici – che è stato motivato dall’intenzione di alleviare le sofferenze dei pazienti accompagnandoli alla morte e per questo connotato da “valore morale e sociale”. Arriva da Trieste l’ultima, in ordine cronologico, delle storie destinate a fare discutere per le loro implicazioni etiche sul tema del fine vita. Riguarda Vincenzo Campanile, ex anestesista del 118 triestino, che si è visto infliggere dalla Corte d’Assise 15 anni e 7 mesi di carcere per omicidio plurimo. Una condanna di circa 10 anni inferiore alle richieste dell’accusa, con il pm Cristina Bacer che aveva proposto alla corte, composta sia da giudici togati che popolari, una condanna a 25 anni e mezzo di carcere.
Le accuse al medico
I fatti risalgono al periodo tra il novembre 2014 e il gennaio 2018. L’inchiesta era partita dopo la morte di un’ottantunenne – una delle nove morti sospette – soccorsa il 3 gennaio di cinque anni fa in una casa di riposo del centro cittadino. Campanile, medico monfalconese ed ex anestesista del 118 di Trieste, le aveva somministrato il Propofol, come testimoniato dal personale sanitario presente in quel momento e come riscontrato in autopsia. I colleghi dell’anestesista, poi, avevano segnalato il caso all’Azienda sanitaria. Ed è così che è scattata l’indagine della Procura.
I magistrati erano risaliti ad altri otto casi ed erano poi state riesumate cinque salme, rintracciando in tutte tracce di Propofol. Nella sua requisitoria, la pm Bacer ha ritenuto che il medico fosse stato spinto da “una scelta ideologica”, chiedendo una pena di 25 anni e 6 mesi di reclusione. Ma, di certo, la Procura non si aspettava una sentenza così lieve e non con quell’attenuante. “I giudici hanno lavorato davvero molto e con grande scrupolo a questo processo, dedicando numerose udienze”, ha osservato il procuratore capo di Trieste Antonio De Nicolo. “Sicuramente la sentenza è frutto di ponderazione. La Procura – aggiunge – è comunque rimasta sorpresa dal riconoscimento di quella particolare attenuante, meditiamo se proporre impugnazione”.
I motivi della sentenza
Tuttavia la Corte di Assise di Trieste, presieduta dal giudice Giorgio Nicoli, ha riconosciuto al medico del 118 non solamente le attenuanti generiche, bensì anche quelle previste dall’articolo 62 comma 1 del Codice penale: ovvero “l’aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale”.
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