Nuove pronunce attestano la violazione da parte dell’obbligo vaccinale della Costituzione. È la Corte Costituzionale a dirlo.
Si torna a parlare di obbligo vaccinale, ma non ai fini di una sua reintroduzione bensì per aggiornare circa l’evolversi dei ricorsi presentati nel corso dei mesi. E ad essere stata più volta adita è stata anche la Corte Costituzionale, di cui si attende la pronuncia prevista per il 29 novembre 2022.
Giungono però nel frattempo altre due ordinanze di remissione in Consulta, in cui la stessa ha accolto il sollevamento delle questioni di legittimità costituzionale con riferimento all’imposizione dell’obbligo vaccinale al personale sanitario (che, ricordiamo, permarrà fino al 31 dicembre 2022). L’accoglimento assume, di riflesso, importanza anche nei confronti di tutti i ricorrenti insegnanti precedentemente sospesi e demansionati per non aver adempiuto al citato obbligo.
L’obbligo vaccinale ha violato la Costituzione
I giudici della Corte Costituzionale, come ha riportato il sindacato Anief, “si sono espressi sulla sospensione del personale sanitario che ha rifiutato l’obbligo vaccinale, confermato dalle sentenze n. 101 e 202 del Tribunale di Brescia, rilevando nella norma che ha imposto il vaccino la violazione degli articoli 1 e 2 della Costituzione.” Gli articoli in questione fanno leva rispettivamente sulla democrazia che caratterizza il nostro Stato e sul lavoro come fondamento della repubblica (art 1 Cost), oltre che sul rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo (art.2 Cost).
Va sottolineato tra l’altro inoltre come alcuni ordini professionali stiano procedendo alla revoca delle sospensioni, vista la moltitudine di ordinanze di remissione in Corte Costituzionale.
Oltre alla Corte Costituzionale non sono mancate decisioni da parte dei tribunali ordinari
Almeno da un anno a questa a parte si sta assistendo ad un proliferarsi di decisioni anche da parte dei tribunali ordinari, di cui ne riportiamo alcuni stralci.
Ricordiamo, ad esempio, quanto stabilito dal Tribunale del Lavoro di Siena: “l’assolvimento dell’obbligo vaccinale – non in generale, in base a non condivisibile pregiudizio, ma a fronte dei vaccini sino ad oggi impiegati e alla specifica problematica sanitaria – ai fini della tutela cautelare sommaria probabilmente non possa costituire ragionevole fattore di discriminazione nell’accesso a qualsiasi professione, essendo se non smentita, quantomeno tutt’altro che chiara l’efficacia del vaccino in ordine alla ulteriore trasmissione del virus” (ordinanza cautelare del 20.08.2022).
A questa possiamo aggiungere la pronuncia del Tribunale del Lavoro di Catania che ha affermato quanto segue ( decisione del 14.03.2022) : “sebbene non si ignori che l’impianto del D.L. 44/2021 sia ispirato alla finalità “di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza” (art. 4, co. 1, D.L. 44/2021), nell’ambito di una situazione emergenziale e del tutto straordinaria, le conseguenze che esso implica nella sfera del dipendente non vaccinato – e che si sono irrigidite a seguito delle modifiche apportate all’originaria formulazione del decreto – appaiono tuttavia eccessivamente sproporzionate e sbilanciate, nell’ottica della necessaria considerazione degli altri valori costituzionali coinvolti, tra cui, tra i primi, la dignità della persona, bene protetto da plurime previsioni della Carta: artt. 2, 3, 32, co. 2, 36, 41 Cost.”
E da ultimo possiamo citare l’ordinanza del 28 aprile 2022 del tribunale di Padova, che ha ravvisato una violazione dell’Art. 3 Cost “poiché, allo scopo di evitare la diffusione del virus, impone al lavoratore un obbligo inutile e gravemente pregiudizievole del suo diritto all’autodeterminazione terapeutica ex art. 32 Cost., nonché del suo diritto al lavoro ex artt. 4 e 35 Cost., prevedendo la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione in caso di inadempimento dell’obbligo vaccinale: obbligo che non si pone in necessaria correlazione con la finalità di evitare il contagio e di tutelare la salute dei terzi, vale a dire la salute pubblica. Sembra quindi doversi concludere che il bilanciamento tra i diritti costituzionali coinvolti, sia stato operato dal legislatore, che pure gode di ampia discrezionalità, in maniera irragionevole rispetto alla finalità perseguita.”
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