Tornerà al lavoro dopo quasi un anno una donna, tecnico di laboratorio biomedico, sospesa dall’Asl ionica a ottobre 2021 perché non vaccinata contro il Covid19. Lo ha stabilito il tribunale del lavoro di Taranto che ha accolto l’istanza formulata dall’avvocato Fabrizio Del Vecchio, difensore della 54enne, a cui l’azienda sanitaria aveva comminato, oltre alla sospensione, anche il blocco degli stipendi. È stato il giudice Cosimo Magazzino a disporre l’immediato reintegro della donna e anche l’obbligo per l’ente pubblico di provvedere al pagamento di tutte le mensilità non versate in questi dodici mesi. Nella sua sentenza, però, il magistrato ha chiarito che, come previsto dalla legge, la donne deve essere reintegrata, ma fino alla sua vaccinazione dovrà essere riammessa in servizio anche con la possibilità di impiegarla in mansioni diverse, in modo da evitare comunque il rischio di diffusione del contagio.
I fatti, come detto, risalgono all’autunno 2021 quando l’Asl accerta che la sua dipendente non aveva ricevuto le dosi di vaccino che le norme avevano imposto come obbligatorie per militari e, appunto, personale sanitario. Il decreto emanato dal Governo ad aprile 2021, infatti, pur imponendo l’obbligo vaccinale “per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati, per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali” prevedeva come delle “specifiche cause di esonero”. Il testo normativo, infatti, affermava anche che “Solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione non è obbligatoria e può essere omessa o differita”. Non solo. Il decreto prevedeva che in attesa di vaccino, quel personale esonerato doveva “adibire” quelle unità lavorative a “mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione”.
Il giudice Magazzino ha spiegato che il provvedimento di sospensione disposto a ottobre 2021 in realtà non doveva essere adottato perché alcune settimane prima, la donna aveva inviato via pec la certificazione firmata dal medico di medicina generale che attestava l’esistenza di patologia che la esoneravano dalla vaccinazione. “La prova documentale della trasmissione della suddetta documentazione – si legge nella sentenza – non è stata oggetto di alcuna specifica contestazione e, quindi, ben può essere valutata come idonea a dimostrare l’adempimento da parte della lavoratrice dell’onere stabilito a suo carico”. La 54enne, quindi, come ha dimostrato il suo legale, aveva fatto quanto la legge le imponeva e quindi l’Asl non avrebbe dovuto sospenderla, ma al massimo destinarla ad altre mansioni. Atti che ora l’azienda sanitaria dovrà compiere per eseguire la sentenza del magistrato.
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