Il Presidente del Consiglio italiano, al secolo Mario Draghi, ha partecipato ad un vertice dove non erano presenti i suoi diretti omologhi, bensì un consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti d’America. “Super Mario” conta ancora qualcosa al di fuori dell’Italia? I fatti sembrano dire di no.
La scorsa settimana, Palazzo Chigi ha diffuso una nota per informare la stampa e la cittadinanza sull’incontro tenutosi in sede tra il Premier italiano ed il consigliere statunitense Jake Sullivan, in merito agli sviluppi della guerra tra Russia e Ucraina. Soltanto il giorno prima il consigliere vede a Roma Yang Jiechi. un dirigente del Partito Comunista cinese, delegato dalla Repubblica popolare a trattare con il funzionario USA. La mattina successiva, Sullivan incontrerà pure il Luigi Mattiolo, il consigliere diplomatico di Draghi.
Una stortura di “forma”
Il comunicato di Palazzo Chigi viene accompagnato da una foto raffigurante il consigliere ed il Premier uno accanto all’altro in posa, come a voler sancire il concludersi di una grande occasione istituzionale. Peccato che, in realtà, le cose non stiano proprio così. È bene ricordare che, solitamente, in diplomazia gli incontri vengono fissati tra omologhi. Sarebbe quindi più che legittimo aspettarsi un incontro tra Sullivan e Mattiolo. Lo stesso, però, non può dirsi dell’avvenuto “vertice” romano, in quanto Draghi avrebbe dovuto rapportarsi con il suo omologo, appunto. Ovvero Joe Biden.
Draghi snobbato?
È chiaro come il Premier italiano sia stato snobbato dai tavoli veri, quella della diplomazia reale, quelli di Macron, Scholz e Putin per intenderci. Il maldestro tentativo di Palazzo Chigi di svincolarsi dall’immobilismo istituzionale in ambito diplomatico ha tentato di trasformare un visita di cortesia in un vertice istituzionale con tanto di fotografie e bandiere. Una fine indegna per l’immagine di un Paese che, almeno una volta, rappresentava la quarta potenzia mondiale.
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