Al centro commerciale. Entro in un negozio di scarpe e la commessa: “signora deve scansionare il green pass!”.
Apro sul mio telefono il mio super green pass e le dico gentilmente: ” questo è il mio green pass, se lei non è il titolare mi favorisca la sua autorizzazione al controllo”.
La commessa stizzita mi dice:”sono autorizzata dal titolare”
E io le rispondo:” bene, mi favorisca l’autorizzazione scritta per delega autorizzata ai fini legali al controllo dei green pass. Io sono in regola per entrare qui dentro, lei non è in regola con quello che sta facendo. Chiamiamo i carabinieri?”
Scatta il panico.
La commessa imbestialita chiama per telefono il titolare che, di fronte alla mia legittima richiesta di identificarsi, dice alla commessa di farmi entrare senza scansione.
La legge è legge per tutti.
Non possono controllarvi il green pass se non hanno delega scritta e autorizzata ai fini di legge per il controllo.
E nei negozi, bar, tavole calde non ce l’ha nessuno.
Prima di discriminare gli altri appellandosi alle leggi, devono essere per primi loro a rispettarle.
È l’avvocato Francesco Cinquemani a chiarire come sia illegale chiedere il green pass senza una specifica autorizzazione.
Molti baristi, ristoratori o titolari d’impresa, a causa d’una informazione fumosa, se non addirittura tendenziosa, sono convinti che i vari DCPM diano l’autorizzazione a chi abbia un’attività che preveda dei dipendenti, o una clientela, a verificare la validità del certificato vaccinale. Ma la realtà è ben diversa: senza una specifica autorizzazione, concessa dal Ministero della Salute, la richiesta di verifica del pass discriminatorio è illegale.
Di seguito la spiegazione del legale palermitano.
«Chi può controllare la Certificazione COVID-19 e il certificato di esonero o differimento?
Chiunque intenda procedere alla verifica del c.d. «green pass» (nonché dei certificati equipollenti ex art.3 comma VIII del Regolamento UE 953-2021, punto 3) deve rispettare, in quanto norma sovraordinata, la Costituzione e ogni regolamento UE, tra cui il regolamento generale sulla protezione dei dati numero 679 del 2016 (anche noto come GDPR).
Questi deve essere espressamente nominato dal Titolare del trattamento (Ministero della Salute) e deve osservare le seguenti disposizioni:
– art.29 GDPR (il responsabile del trattamento dei dati, o chiunque agisca sotto la sua autorità, e che abbia accesso ai dati personali, deve essere istruito dal titolare del trattamento);
– art.32 GDPR, paragrafo 4 (chiunque agisca sotto l’autorità del titolare e abbia accesso ai dati personali, non deve trattare tali dati se non è istruito in tal senso dal titolare del trattamento);
– art.39 GDPR (Il Data Protection Officer deve curare la sensibilizzazione e la formazione del personale che partecipa ai trattamenti e alle attività di controllo).
Quindi, il soggetto che intenda controllare la Certificazione COVID-19 deve:
– essere stato nominato Responsabile del trattamento dati dal Titolare del trattamento dati (Ministero della Salute);
– avere assolto all’obbligo di formarsi ex artt. 29, 32, 39 del GDPR.
– rilasciare l’informativa relativa al «quadro di fiducia» all’interno del quale si collocano le procedure per la verifica dei dati contenuti nel «green pass», indicando:
– i soggetti deputati al controllo delle certificazioni;
– le misure per assicurare la protezione dei dati personali sensibili contenuti nelle certificazioni (art.9 DL 52).
Ma secondo quanto stabilito dal DPCM firmato il 17 giugno 2021 dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, le figure autorizzate a controllare il certificato sono indicate all’art. 13 comma 2.”Alla verifica di cui al comma 1 sono deputati: a) i pubblici ufficiali nell’esercizio delle relative funzioni; b) il personale addetto ai servizi di controllo delle attività. di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi, iscritto nell’elenco di cui all’art. 3, comma 8, della legge 15 luglio 2009, n. 94; c) i soggetti titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi per l’accesso ai quali e’ prescritto il possesso di certificazione verde COVID-19, nonche’ i loro delegati; d) il proprietario o il legittimo detentore di luoghi o locali presso i quali si svolgono eventi e attivita’ per partecipare ai quali e’ prescritto il possesso di certificazione verde COVID-19, nonche’ i loro delegati; e) i vettori aerei, marittimi e terrestri, nonche’ i loro delegati; f) i gestori delle strutture che erogano prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali per l’accesso alle quali, in qualita’ di visitatori, sia prescritto il possesso di certificazione verde COVID-19, nonche’ i loro delegati. Al comma. 3. I soggetti delegati di cui alle lettere c), d), e) ed f) del comma 2 sono incaricati con atto formale recante le necessarie istruzioni sull’esercizio dell’attivita’ di verifica”.
Tale DPCM è stato modificato dal DPCM del 17 dicembre 2021 che sembra dettare condizioni ancora più stringenti, anche rispetto a quelle previste dal GDPR, in quanto l’art. 1, comma 7, lettera h) prevede che “Tutti i soggetti preposti alla verifica del possesso delle certificazioni verdi in corso di validità devono essere appositamente autorizzati dal titolare del trattamento, ai sensi degli articoli 29 e 32, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 2016/679 e 2-quaterdecies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e devono ricevere le necessarie istruzioni in merito al trattamento dei dati connesso all’attività di verifica”. Escludendo quindi qualunque possibilità che a emettere l’eventuale delega possa essere un Responsabile del trattamento dati anziché il Titolare stesso.
Alla luce dell’ultimo DPCM del 17 dicembre 2021 e della normativa nazionale (l’art. 9 comma 10 del D.L. 52 convertito in Legge 87/2021) ed europea vigente, la verifica del GP non è nelle competenze delle FdO (neanche dei NAS!), né delle ASL, né dei datori di lavoro e tanto meno dei ristoratori, trasportatori, medici, bidelli o altre figure!!
Pertanto, si invitano i titolari di attività commerciali, i datori di lavoro, nonché tutti coloro che sono stati indicati nel DPCM del 17 giugno 2021 a chiedere una formale autorizzazione al Ministero della Salute, al fine di non violare la legislazione vigente.
Scaricando l’allegato qui presente, questo potrà essere compilato e sottoscritto dall’interessato e inoltrato tramite PEC o raccomandata agli indirizzi indicati.
Nel tempo che intercorrerà dall’avvenuta notifica della richiesta, al rilascio della formale autorizzazione da parte del Ministero della salute, i soggetti in questione sono in regola con la normativa vigente e, non sono tenuti a chiedere l’esibizione del Green Pass.
La richiesta del green pass senza la suddetta autorizzazione rilasciata dal Ministero della Salute, pone il controllore ad essere segnalato dal cliente/dipendente al Garante Privacy, il quale emetterà una sanzione da 50 mila a 150 mila euro.
Avv. Francesco Cinquemani»
Fonte: lapekoranera
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