ANDREA COLOMBINI
Una persona speciale che ha, e continua tenere su il morale a migliaia di persone con la sua positività ogni sera da più di un anno con le sue dirette.
Avvolte ci capitano persone che ci chiedono “chi te lo fa fare” …
Rispondiamo con una frase di Ignazio Silone
La libertà è la possibilità di dubitare, la possibilità di sbagliare, la possibilità di cercare, di sperimentare, di dire no a una qualsiasi autorità, letteraria artistica filosofica religiosa sociale, e anche politica.
Questo è il nostro motto
LA LIBERTA’ E’ LA VITA APPARTENGONO A QUELLI CHE LE CONQUISTANO OGNI GIORNO
CHI E’ ANDREA COLOMBINI
LA SUA PASSIONE, UNA RAGIONE DI VITA
La grande passione per la musica ha radici lontane per Andrea Colombini. “Le arie di Giacomo Puccini – racconta – sono state ben presenti nella mia famiglia fin dalla mia più tenera età. È sempre stato un rapporto viscerale che mi ha portato a diventare organizzatore di concerti già dal 1991: a 23 anni il Maestro non era ancora il mio obiettivo di vita, ci sono arrivato dopo, quando mi sono chiesto perché nella sua città natale non ci fosse nessuna manifestazione dedicata a lui.
È vero, c’era il festival di Torre del Lago, ma ha sempre proposto poche date: noi invece siamo attivi tutto l’anno e tra l’altro non abbiamo un euro di contributi pubblici. Chi mi ha influenzato maggiormente? Senz’altro il grande Herbert Von Karajan: di recente la Fondazione a lui dedicata ha voluto intervistarmi e, quando ho incontrato sua figlia, mi ha detto una cosa che mi ha commosso: Hai gli stessi occhi di mio padre. A Lucca, inoltre, ho portato anche ad esibirsi i reggimenti britannici più importanti, a partire dalle Scots Guards, con oltre 90 tour in Italia”.
Andrea presenta:
INNO DI MAMELI
Il Canto degli Italiani, conosciuto anche come Fratelli d’Italia, Inno di Mameli, Canto nazionale o Inno d’Italia, è un canto risorgimentale scritto da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro nel 1847, inno nazionale della Repubblica Italiana. Il testo si compone di sei strofe e un ritornello, che si alterna alle stesse; ed è musicato in tempo di 4/4 nella tonalità di si bemolle maggiore. La sesta strofa riprende con poche variazioni il testo della prima.
Il canto fu molto popolare durante il Risorgimento e nei decenni seguenti, sebbene dopo l’unità d’Italia (1861) come inno del Regno d’Italia fosse stata scelta la Marcia Reale, che era il brano ufficiale di Casa Savoia. Il Canto degli Italiani era infatti considerato inadatto alla situazione politica dell’epoca: Fratelli d’Italia, di chiara connotazione repubblicana e giacobina, mal si conciliava con l’esito del Risorgimento, che fu di stampo monarchico.
Dopo la seconda guerra mondiale l’Italia diventò una repubblica e il Canto degli Italiani fu scelto, il 12 ottobre 1946, come inno nazionale provvisorio, ruolo che ha conservato anche in seguito rimanendo inno de facto della Repubblica Italiana. Nei decenni si sono susseguite varie iniziative parlamentari per renderlo inno nazionale ufficiale, fino a giungere alla legge nº 181 del 4 dicembre 2017, che ha dato al Canto degli Italiani lo status di inno nazionale de iure.
VA PENSIERO
Va pensiero (Va, pensiero, sull’ali dorate) è uno dei cori più noti della storia dell’opera, collocato nella parte terza del Nabucco di Giuseppe Verdi (1842), dove viene cantato dagli Ebrei prigionieri in Babilonia.
Il poeta Temistocle Solera scrisse i versi ispirandosi al salmo 137, Super flumina Babylonis (Sui fiumi di Babilonia). Il coro è nell’insolita tonalità di Fa diesis maggiore.
Nella breve introduzione orchestrale le sonorità iniziali, sommesse e misteriose, si alternano all’improvvisa violenza degli archi in tremolo e le ultime battute, con i ricami di flauto e clarinetto in pianissimo, sembrano voler evocare quei luoghi cari e lontani di cui parlano i versi.
La cantilena in 4/4, sommessa ed elegiaca, che si snoda sull’ampia onda del semplice accompagnamento a sestine, trova il momento di maggior vigore alle parole «Arpa d’or dei fatidici vati», prima di ripresentarsi un’ultima volta («O t’ispiri il Signore un concento») arricchita dalle fioriture dei legni. Una curiosità è che Rossini definì «una grande cavolata quella di unire contralti, tenori, bassi».
NESSUN DORMA
È intonata dal personaggio di Calaf all’inizio del terzo atto. Immerso nella notte di Pechino, in totale solitudine, il “Principe ignoto” attende il sorgere del giorno, quando potrà finalmente conquistare l’amore di Turandot, la principessa di ghiaccio.
Il primo tenore a cantarla è stato Miguel Fleta nel 1926
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