“[…] Se riesci a sopportare di sentire la verità che hai detto
Distorta da furfanti che ne fanno una trappola per ingenui,
O a vedere le cose per le quali hai dato la vita, distrutte,
E piegarti a ricostruirle con i tuoi logori arnesi. […]
Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
E — quel che più conta — sarai un Uomo, figlio mio!”
[“If” J. R. Kipling]
Non siamo fatti per muoverci al buio, è pericoloso, è frustrante, è inquietante. Nell’oscurità della confusione mentale ed emotiva nasce un panico invalidante, ci si sente impotenti e sofferenti, persi e disperati. Serve luce, serve chiarezza, serve lucidità.
Sabato 9 ottobre, a Sassari, gli studenti universitari sardi si sono ritrovati, insieme a un centinaio di persone, in Piazza d’Italia, proprio per rendere manifesti i loro intenti di rispetto e collaborazione per la costruzione di una società basata sulla consapevolezza e sulla comprensione.
L’Università è il punto d’incontro di tutta la conoscenza.
In greco l’università è chiamata “panepistímio”, l’insieme di tutte le conoscenze, appunto, ed è solo la conoscenza che può rendere davvero liberi.
L’università, perciò, detiene una chiave importante per la libertà, diritto di tutti, in teoria, ma prerogativa di pochi, in pratica.
Una delle leggi della psicologia enuncia che “non siamo liberi”, perché siamo condizionati da fattori genetici, ambientali, sociali ecc. La libertà è una meravigliosa conquista quotidiana, da quando iniziamo a muovere i primi passi, a quando prendiamo la patente e sentiamo quel brivido che si avvicina all’onnipotenza.
Ora la libertà di tutti è minacciata dal risvegliarsi di una paura insista in ogni essere umano dal primo respiro: la paura di morire. La manipolazione di questa, da parte di mezzi di comunicazione e politici, ha creato un panico bloccante e una rabbia distruttiva che hanno diviso la società, anche nel suo nucleo più forte, saldo e basilare: la famiglia. Siamo arrivati al famoso e sempre attuale “dividi et impera”, accettato in nome di una salute fittizia, di una sopravvivenza che ha sapore di morte.
A Sassari, sabato mattina, le persone si sono unite per praticare la libertà, per tenere acceso il fuoco della vita, perché la vita di ognuno di noi finirà ma rimarrà il segno di quanto abbiamo fatto, delle nostre azioni e anche delle nostre mancanze. Siamo responsabili della realtà odierna e di quella che lasciamo ai nostri figli, ai bambini che ogni giorno sono costretti a vivere in prigione uccidendo la loro infanzia e il loro diritto alla gioia.
La paura della morte non deve fermare la vita.
La prudenza aiuta, il panico uccide.
Il 9 ottobre siamo scesi in Piazza per fare chiarezza, per illuminare la realtà di tutti con la conoscenza, perché si è liberi solo quando si può davvero scegliere, e si può davvero scegliere quando si conosce. Nessuna condizione può essere posta al diritto naturale dell’Uomo di essere, di esistere e di vivere. Se non si guarda la realtà con obiettività si rischia la cattività accettando misure liberticide non più basate sulla prevenzione o sulla tutela della salute ma palesemente grottesche e umilianti per chiunque abbia ancora un po’ di senno.
Ecco il perché e il come si scende in piazza, per praticare una libertà che si sta perdendo per volontà dei più, per volontà della popolazione stessa, perché la maggioranza vince sempre, perché qualsiasi tiranno soccombe di fronte a persone che, unite e mosse dal rispetto e dall’amore per la vita, fanno crollare ogni maschera e ogni restrizione.
L’invito lanciato in Piazza è un invito a tornare all’equilibrio e all’obiettività, è una richiesta di unione per costruire attivamente la società che vogliamo vedere.
Uniamoci dunque, in nome della vita, perché fino ad oggi ci siamo chiusi in casa in nome della morte.
Tagliamo i fili di paura giostrati dai burattinai.
Articolo di Simona Decortis